Francesco Pacifico per “il Messaggero”
Le mascherine ben 5 milioni di pezzi dovevano essere consegnate il 30 marzo. Invece a quella data alla Protezione civile del Lazio che aveva già versato un anticipo di circa 11 milioni di euro non soltanto non sono arrivati i dispositivi di sicurezza, ma l'azienda si è anche dimenticata di annunciare che non avrebbe recapitato quanto pattuito. Nei giorni precedenti aveva soltanto avvertito che quei Dpi erano difficili da importare dalla Cina, ma che il problema sarebbe stato risolto.
Doppia beffa per la Protezione civile, che si è ritrovata senza il materiale richiesto e ora rischia anche di perdere l'acconto già riconosciuto. Senza contare la gravità dell'accaduto, se si pensa alla richiesta di mascherine in questo periodo soprattutto dagli operatori sanitari e la difficoltà di trovarle in giro, anche pagandole a peso d'oro.
Per la cronaca, la Protezione civile regionale ha già revocato i contratti di fornitura all'azienda ed è pronta a sporgere denuncia alla magistratura, se entro 24 ore non vedrà restituito l'anticipo. Intanto è stata presentata un'interrogazione alla giunta Zingaretti da Fratelli d'Italia, nella quale la consigliera Chiara Colosimo segnala non pochi dubbi sulla solidità della ditta romana scelta come fornitrice. «Una società a responsabilità limitata», e da una visura catastale «si evince che l'attività esercitata risulta essere commercio all'ingrosso di materiale elettrico. Cioè produce e commercializza lampade led». Quindi, non materiale sanitario.
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Lo scorso 16 marzo la Protezione civile del Lazio, nel pieno dell'emergenza Covid-19, approva due determine relative ad altrettanti contratti con questa ditta romana per farsi consegnare entro il 30 dello stesso mese più di cinque milioni tra mascherine FFP2 (al costo di 3,60 euro l'una iva esclusa), FFP3 (3.90 euro l'una) e quelle a triplo strato (0,58 euro ognuna). Costo totale, oltre 22 milioni di euro.
Tra le clausole inserite, c'è «il pagamento in acconto, all'atto dell'ordine, di una quota pari al 50 per cento del valore della fornitura», ma anche una penale di 10mila euro per ogni giornata di ritardo nella consegna. Il 20 marzo, sempre la Protezione Civile fa un ulteriore ordine alla stessa azienda di quasi 14 milioni per ulteriori 3 milioni di mascherine FFP2 e FFP3, che andavano recapitate ieri e che non si sono viste ancora.
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LA REVOCA
Il primo sollecito alla ditta fornitrice scatta lo scorso 27 marzo. Poi giovedì scorso, il 2 aprile, arrivano le determine della Protezione civile per revocare gli ordini e per minacciare di aderire alle vie legali se non avverrà «il recupero dell'acconto versato» e la richiesta dei danni legati alla necessità di trovare un altro venditore. In questi atti si denuncia che dalla ditta romana si è ottenuto soltanto «un continuo susseguirsi di rinvii della consegna, sino a comunicare il numero di un volo aereo con il quale la merce sarebbe dovuta arrivare ma che, invece, non era in alcun modo presente sul volo indicato». Detto questo, se entro 24 ore non arriverà alla Protezione civile un bonifico di 10 milioni, partiranno le denunce penali e ulteriori richieste di risarcimento.
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Dalla Protezione civile spiegano che questo non è il primo caso di ordine di mascherine, finito con una mancata consegna: ce ne sono stati altri quattro, con tre ditte coinvolte, dove «non si è finiti in tribunale soltanto perché le aziende hanno restituito l'acconto». Sempre dall'ente raccontano che è molto facile cadere in queste disguidi, visto che «non soltanto le mascherine si trovano sempre più difficilmente, e a prezzi fuori mercato, ma anche perché è difficile trovare aerei disponibili per portarle in Italia. Ormai firmiamo prima i contratti con le compagnie di cargo, poi facciamo gli ordini. Detto questo, le mascherine necessarie le abbiamo recuperate, ne abbiamo inviate anche 10mila in Emilia-Romagna».