Guido Santevecchi per il Corriere della Sera
Ci sono più miliardari in Cina che negli Stati Uniti: 594 a 535. Miracolo dell' economia di mercato «con caratteristiche cinesi», vale a dire più o meno un capitalismo di Stato sostenuto da investimenti immensi e protezionismo ammantati di comunismo.
Ma queste «caratteristiche» comportano rischi aggiuntivi, come ricorda il caso del compagno Xiao Jianhua, finanziere da sei miliardi di dollari di fortuna personale e affari che lo hanno legato al vertice del potere, scomparso a Hong Kong: rapito dalla polizia di Pechino e portato in un luogo segreto in Cina «per collaborare».
Tra arrestati, auto-esiliati, rapiti e giustiziati dal plotone d' esecuzione si contano almeno sette grossi casi dal 2012, quando Xi Jinping ha lanciato la sua campagna anticorruzione, apprezzata dalle masse. Una storia che ricorda quella degli oligarchi russi.
Il mese scorso è stato condannato a 5 anni di carcere Xu Xiang, che a 39 anni aveva guadagnato 2 miliardi di dollari almeno con il suo hedge fund.
Lo chiamavano con ammirazione «il comandante della gan si dui », la squadra che sfida la morte (giocando in Borsa). Poi, a novembre 2015 lo arrestarono con l' accusa di aver troppo speculato: a Pechino cercavano i responsabili del crollo dei titoli a Shanghai, dell' esplosione della bolla che pure il partito aveva contribuito a gonfiare.
Nel dicembre 2015 scomparve Guo Guangchang, numero 17 tra i miliardari cinesi, il capo di Fosun che controlla il Club Med e tra l' altro ha comprato Palazzo Broggi a Milano per 345 milioni di euro. Choc in Borsa fino a quando Guo non fece sapere che era impegnato a «collaborare con la polizia in un' inchiesta delicata». Lo rilasciarono dopo qualche giorno, senza ulteriori spiegazioni.
È andata molto peggio a Liu Han, che aveva un impero minerario dalla Cina all' Australia. Nel 2014 gli imputarono di usare sistemi da gangster: faceva finire i concorrenti in una colata di cemento. Processo lampo ed esecuzione della sentenza capitale. Si disse che Liu era stato protetto dal vecchio Zhou Yongkang, ex membro del Politburo e capo dei servizi segreti, finito all' ergastolo dopo aver meditato un golpe contro Xi nel 2012.
Carcere a vita per Lai Changxing, che all' inizio dell' apertura al mercato (sempre con caratteristiche cinesi) negli anni 90 si arricchì prima di essere accusato di contrabbando.
Era fuggito in Canada ma lo hanno estradato dopo 12 anni. Il miliardario Xu Ming fu condannato a 4 anni nel 2012 per aver corrotto Bo Xilai, l' emergente segretario del partito di Chongqing, finito all' ergastolo dopo un processo spettacolare. Xu è morto d' infarto in cella due mesi prima della fine della pena, a 44 anni.
Si è rifugiato in America Guo Wengui, grande investitore di Pechino: e il giorno prima della scomparsa di Xiao a Hong Kong si è fatto vivo per accusare il viceministro della sicurezza di abuso di potere.
Tutti questi capitalisti e finanzieri erano censiti nella Hurun List, equivalente in salsa mandarina della classifica Forbes dei più ricchi. A Pechino si dice che porti sventura, perché «quando il padrone vede che il maiale è ingrassato molto lo macella». Meglio non mettersi in mostra. Xiao Jianhua è al numero 32, ma Hurun List valutava che meritasse di più: lui fece di tutto per negare di avere più di 6 miliardi di dollari in portafoglio.
Ci è riuscito, ma non è bastato.
Gli analisti di Hong Kong e dintorni sono convinti che la vicenda del finanziere dei potenti Xiao sia anche un segnale agli altri miliardari della Repubblica popolare e alle grandi aziende private: le regole si fanno a Pechino e possono cambiare in ogni momento. Dicono che Xi Jinping sia un ammiratore di Vladimir Putin e abbia studiato il crollo dell' Urss e l' avvento della democrazia con caratteristiche russe: furono gli oligarchi emersi dalle privatizzazioni pilotate all' epoca ad approfittare della situazione e a sostenere l' ascesa del nuovo zar.
Poi, quando hanno cominciato a pensare in proprio e magari ad occuparsi di politica, la magistratura ispirata dal Cremlino ha indagato sui loro affari. Nella caccia agli oligarchi gente come il petroliere Mikhail Khodorkovsky ha subito l' esproprio e la condanna ai lavori forzati; molti sono fuggiti e qualcuno è morto in circostanze strane, come Boris Berezovsky nella sua villa blindata vicino Londra.
La caccia continua: è di questi giorni l' arresto per tangenti di Aleksei Uljukaev, ministro dello sviluppo coinvolto nella vendita di Bashneft, società petrolifera. Era stata nazionalizzata nel 2014 e il proprietario-oligarca, Vladimir Yevtushenkov, messo agli arresti per mesi.