DROGA A ROMA - COCA BRUCIATA NEI BRACIERI E VEDETTE CHE FERMANO I POLIZIOTTI
Antonio Crispino per www.corriere.it
droga a roma vedette e coca bruciata a san basilio 8
«Consigliami un posto tranquillo dove andare quando avrò finito tutto questo» chiede Andrea a Nicolò che è seduto al suo fianco, al volante di una Renault Megan. I vetri sono appannati, l’auto è parcheggiata sul ciglio di una strada circondata dalla campagna. «Me ne andrei all’Aquila , i miei genitori sono di lì. Grossi reati non ce ne sono, un po’ di pentiti a cui fare la guardia ma niente di più”» risponde ad Andrea che ha gli occhi bassi su una chat di Whatsapp dalla quale ogni tanto escono messaggi vocali registrati da un filo di voce romanesca.
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Si premura che il collega divaghi per stemperare la tensione ma l’orecchio è teso ai messaggi. L’ultimo è questo: «Si stanno a move’, hanno posato la roba e ora hanno acceso il braciere». Andrea sorride compiaciuto mentre Nicolò continua a parlare del terremoto che ha colpito il suo paese, la gavetta a Milano e poi il ritorno nella capitale.
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Andrea è Proietti, il vice questore aggiunto dei «Falchi» della Polizia. Sono quasi due ore che siamo in appostamento in incognito con i suoi uomini nel quartiere di San Basilio, una roccaforte della droga unica nel suo genere. Uno dei poliziotti ha una telecamera montata addosso e la terrà con sé per una settimana. Proietti ha dato l’ordine a tutte le pattuglie «in colore» (cioè quelle brandizzate Polizia) di restare lontane per non destare sospetti. Chi gli manda i messaggi è Peppe, un agente in borghese. Era il suo giorno di riposo ma da due ore è acquattato sul tetto di un palazzo insieme a un collega. Ci sono sei gradi e tanta umidità.
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fermo dei due sospettati per l'omicidio di luca sacchi 2
Appena qualche giorno prima era tra quelli che hanno partecipato alla cattura di Paolo Pirino, uno dei due fermati (l’altro è Valerio Del Grosso) responsabili dell’omicidio di Luca Sacchi dopo aver tentato uno scambio soldi/droga. E quella droga veniva da queste strade, quelle che una volta erano il regno dell’ «Accattone», l’Antonio Mancini della Banda della Magliana.
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L’organizzazione della piazza di spaccio a San Basilio è più raffinata rispetto a quella pur celebre di Tor Bella Monaca. I pusher sui marciapiedi hanno edificato delle baracche munite di bracieri: sono dei grandi bidoni che ardono costantemente legna. Servono per incenerire la droga in caso di blitz della polizia. È talmente alto il guadagno della piazza che le bande criminali preferiscono perdere il carico di stupefacente piuttosto che rischiare che un loro pusher venga arrestato.
san basilio roma paolo pirino su facebook
Durante l’appostamento succede però che una pattuglia dei carabinieri passi con i lampeggianti accesi. Ferma un’auto per controlli. In macchina si mastica amaro perché allerta gli spacciatori che erano sotto osservazione. Ma, al tempo stesso, ci consente di assistere alla trasformazione della piazza. I pusher si disfano della droga e danno l’alleata alle altre piazze, i clienti vengono rimbalzati da un posto all’altro, i portoni di alcune palazzine diventano punto di transito frenetico, per la strada iniziano a circolare le loro auto per il contropattugliamento: affiancano e sbirciano dai finestrini chiunque non abbia una faccia conosciuta. Identificano persino il poliziotto in borghese sceso a piedi in avvistamento.
ROMA, PUSHER ARRESTATO DALLA POLIZIA A SAN BASILIO
«Chi sei? Uno delle nuove leve?» gli chiedono. Si decide di annullare l’operazione. Recuperiamo i due poliziotti di vedetta su una palazzina di quattro piani poco distante. La rampa di scale è fatiscente, i portoncini di ingresso in legno hanno i segni di un recente sfondamento. Quelli al primo piano sono stati entrambi sigillati dai carabinieri, erano un deposito di droga. Al centro del pianerottolo ci sono le cassette della posta. Si sofferma a osservarle uno dei poliziotti, c’è qualcosa di strano, da un lato sporge troppo. Inizia a tastare, tirare, spingere e magicamente si apre a libro dalla parete; dietro nasconde degli alloggiamenti in ferro: ci sono i pallini di cocaina. A quel punto si monitorano anche le piastrelle a terra. Viene fuori che anche nel corrimano - di forma tubolare - è stoccata droga. Dal lato basso c’è una specie di tappo a vite, lo possono aprire solo gli spacciatori con una chiave che hanno fatto fabbricare su misura.
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Occorre una settimana per rimettere in piedi tutto il sistema di osservazione. Il punto di riferimento del quartiere è un bar, lo chiamano «La Coltellata». Qui si regolavano i conti tra le bande di narcotraffico. Sarebbe in via Corinaldo ma ormai più nessuno la chiama così. Una delle poche edicole del rione è ricoperta da un enorme graffito di Diabolik, il fumetto, ma per tutti è il simbolo di Fabrizio Piscitelli, l’ultrà della Lazio ucciso il 7 agosto scorso e vero riferimento per i trafficanti. L’altro lo chiamano «il Calabrese», per le sue origini.
E dice molto sulla provenienza della droga. Nei giorni successivi i «falchi» della polizia ripetono il blitz. Si controllano le auto e i motorini nei paraggi. Trovano etti di droga negli appartamenti, tra le piante dei giardini pubblici, nelle auto parcheggiate, calamitata in scatole di latta dietro le inferriate dei palazzi, addirittura custodita nel baule di uno scooter all’interno di una piccola cassaforte; ben 407 dosi di cocaina purissima nascoste nel cruscotto di un’auto. Se tagliate bene sul mercato valgono anche 80 euro l’uno: l’equivalente di quasi due anni di stipendio del poliziotto che le ha scovate. Un business su cui pare reggersi l’intera borgata.
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Basti pensare che in questo primo mese del 2020 la sola squadra dei Falchi ha arrestato diciotto persone per droga. Nel 2019 ne sono state 180, fermate mentre cercavano di trafficare un totale di 36 chili di cocaina, 80 di hashish e 90 di marijuana. E per quello che si vede in strada sembrano anche poche. Insomma, il giorno per raggiungere un «posto tranquillo» per Andrea e i suoi uomini è ancora lontano.