Rory Cappelli per repubblica.it
Neanche un mese fa la sesta sezione penale della corte di Cassazione aveva stabilito che Mafia Capitale non era mafia, capovolgendo la sentenza d’appello sull'inchiesta Mondo di mezzo che aveva stabilito l'associazione mafiosa per Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.
Buzzi era stato condannato in secondo grado a 18 anni e 4 mesi. Dopo la decisione della Cassazione per l'altro condannato eccellente nell'inchiesta Mondo di Mezzo, l'ex Nar Massimo Carminati, era stato revocato il 41 bis, il regime di carcere duro. E oggi la corte d'appello, dopo cinque anni di carcere, ha deciso che proprio Buzzi, una delle figure chiave dell'indagine, possa andare agli arresti domiciliari.
La Corte di appello di Roma ha scritto cinque pagine di motivazioni per la decisione: "Ritenuto - si legge - che il lungo periodo di custodia inframuraria consente di poter ragionevolmente di ritenere in qualche misura attenuate le originarie esigenze cautelari, stante l'intervenuto ridimensionamento di taluni profili di particolare gravità delle originarie contestazioni, fermo restandone comunque l'intrinseco disvalore notevolmente elevato dei fatti; ritenuto che in tale situazione può ritenersi adeguata la meno gravosa misura degli arresti domiciliari presso la residenza familiare in Roma", ecco accolta l'istanza presentata dai difensori di Buzzi, gli avvocati Pier Gerardo Santoro e Alessandro Diddi.
Che ha detto: "È il giusto epilogo di un lungo calvario: mai tanto carcere preventivo per un reato di corruzione. Finalmente è stata riconosciuta l'effettiva entità dei fatti contestati a Buzzi e quindi oggi è giusto che la carcerazione sia revocata. Adesso finalmente possiamo guardare con serenità all'ultimo pezzo del processo che ci attende in appello. Spero" aggiunge "che si possa mettere fine a questa strana e forse distorta pagina della giustizia italiana".
Il carcere era iniziato il 2 dicembre del 2014, dopo un’indagine della procura guidata da Giuseppe Pignatone che aveva portato in carcere decine di persone, mentre altre centinaie finivano indagate. Secondo l'ipotesi accusatoria c'era un netto e pesantissimo coinvolgimento della politica, oltre a una figura centrale come Massimo Carminati, "il Nero" del Romanzo Criminale di Giancarlo De Cataldo, legato a movimenti di estrema destra, ai servizi segreti, alla borghesia nera, e a episodi anche tragici della storia di Roma e di Italia degli ultimi 40 anni.
L'indagine era stata chiamata Mondo di mezzo da un'intercettazione a Carminati: "È la teoria del mondo di mezzo compà. ....ci stanno... come si dice... i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo... e allora... e allora vuol dire che ci sta un mondo... un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici cazzo come è possibile che quello... come è possibile che ne so che un domani io posso stare a cena con Berlusconi. ...
Cazzo è impossibile... capito come idea?... è quella che il mondo di mezzo è quello invece dove tutto si incontra... cioè... hai capito?... allora le persone... le persone di un certo tipo... di qualunque... di qualunque cosa... si incontrano tutti là... Bravo... si incontrano tutti là no?... Tu stai lì... ma non per una questione di ceto... per una questione di merito, no?... Allora nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non le può fare nessuno".
La serie di condotte illegali inanellate nell'ordinanza di arresto erano per la maggior parte promosse, secondo l'impianto accusatorio, da Carminati e Salvatore Buzzi. Buzzi era un ex detenuto che si era laureato in carcere, da lì aveva fatto sentire la sua voce per i diritti dei detenuti e poi una volta fuori aveva fondato la cooperativa 29 Giugno, impegnata ad aiutare chi usciva dagli istituti penitenziari.
Gli affari su cui si concentrava l'ordinanza riguardavano le emergenze sociali - i campi rom, i detenuti, la cura del verde, eccetera - che venivano direttamente affidati alla 29 Giugno, senza gare d’appalto. Mentre la forza intimidatoria di Carminati e i suoi sodali diventava il motivo dell'attribuzione di associazione mafiosa. Riconosciuta in primo grado. Mentre gli Ermellini hanno ritenuto che si trattasse di due associazioni a delinquere diverse tra loro ma spesso convergenti nei loro affari fuorilegge e non di 416bis, il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Dopo questa sentenza è stato chiesto dagli avvocati un nuovo giudizio di appello che oggi ha appunto stabilito, per Buzzi, il carcere ai domiciliari.
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