Pietro De Leo per “Libero Quotidiano”
Nella storia così "liquida" nulla è definitivo. E forse ora tornerà un incubo che pareva sopito. No, non il nucleare o l'imperialismo russo. Peggio, lo scontro sull'olio di palma. Un lungo articolo pubblicato su Politico.eu, testata online sempre informatissima di questioni europee, ha spiegato i termini della questione. E si preventiva già uno sturbo ai massimi livelli per gli ambientalisti.
Russia e Ucraina sono tra i principali produttori mondiali di olio di girasole, ingrediente utilizzato in molti prodotti alimentari. Da alcuni tipi di dolci agli snack, senza dimenticare la maionese. Ora, però, l'invasione di Putin in Ucraina ha fatto crollare le esportazioni.
Dunque, osserva Politico, «alcune aziende alimentari stanno pensando di tornare all'olio di palma e all'olio di soia (un'altra bestia nera per gli ambientalisti)». Dunque, in barba al gretinismo fondamentalista di questi ultimi due anni, occorre cambiare componente nella trasformazione alimentare.
ADDIO GRETINISMO
C'è già chi, come il caso della catena britannica "Iceland", marchio che da più di cinquant'anni si occupa di prodotti surgelati, ha annunciato il suo sì all'olio di palma. L'alternativa, ha detto l'amministratore delegato della catena, sarebbe togliere dal mercato alcuni prodotti.
Tuttavia, secondo Politico anche in Unione Europea alcune aziende starebbero già mettendo in atto una riconversione delle ricette. Per quanto non sia facile. Il portavoce di una multinazionale alimentare, che ha parlato in anonimato, ha affermato che questo passaggio non è facile: «Dobbiamo capire quale è l'impatto», e il riferimento è sia all'ambiente sia sui valori nutrizionali dei preparati. Di certo, però, guardando in casa nostra, una certezza ce l'ha la Barilla: non tornerà all'olio di palma, assicura, ingrediente abbandonato nel 2016.
Tuttavia, chi l'olio di palma lo mette in commercio, che negli ultimi anni aveva visto ridursi le sue quote di mercato europeo, ora si frega le mani e non vede l'ora di tornare a vendere nel vecchio continente.
Lo si ricava da un paper pubblicato sul sito del "Consiglio dei Paesi produttori di Olio di Palma", un'associazione di categoria che mette insieme aziende di Malesia e Indonesia, e rappresenta circa l'85% della produzione totale.
In questo documento, l'associazione sostiene che l'impatto della guerra russo-ucraina ha reso economicamente insostenibile l'utilizzo dell'olio di girasole come materia prima. E quindi per molte aziende tornare all'olio di palma potrebbe essere l'unica soluzione.
Per quanto ci sia piena consapevolezza sulle campagne degli anni scorsi contrarie a questa componente e del fatto che molti marchi hanno apposto sulle loro confezioni la scritta "senza olio di palma" per tranquillizzare un consumatore sottoposto a un vero e proprio bombardamento mediatico. «Siamo pronti ad assistere queste aziende», sostiene il Consiglio nel paper, così come confutare con prove scientifiche i detrattori dell'ingrediente.
SCONTRO MANICHEO
Se i produttori sono pronti ad aggredire il mercato, però, dall'altra parte c'è chi paventa tutti i rischi del caso. Così, Politico riporta le parole di Kiki Taufik, un attivista indonesiano di Greenpeace che vede in tutto questo «una cattiva notizia per le persone, le foreste e la fauna selvatica».
Insomma, ci sono i presupposti per il ritorno a un vecchio scontro manicheo per quanto, c'è da credere, con intensità minore rispetto al triennio 2014-2016. Oggi abbiamo altri problemi e ben altre minacce.
Ma allora la crociata assunse i connotati di una vera e propria psicosi collettiva, in cui si intrecciavano, anche qui, vari ingredienti. Piuttosto tossici. Dal complottiamo internettiano all'ambientalismo para-religioso e il terzomondismo ideologico. Un racconto su cui vippame di vario tipo si gettò a capofitto.
Nel 2016 la star Leonardo DiCaprio, che si era scagliato contro lo sfruttamento del suolo da coltivazione della palma da olio, sfiorò l'espulsione dall'Indonesia. L'anno prima, il ministro dell'Ambiente francese Ségolène Royal ebbe a scagliarsi contro la nostra Nutella per via dell'ingrediente della discordia, invitando a non consumarla. Questo, sì, un vero sacrilegio.