Estratto dell'articolo di Liana Milella per “la Repubblica”
Sul fine vita la storia si ripete. Protagonista, ancora una volta, la Corte costituzionale. A fronte di un Parlamento silente dal 2018. E di un governo che fa dire all’Avvocatura dello Stato “giù le mani, è materia nostra”. La Corte invece “parla” con una decisione destinata a lasciare di nuovo una traccia decisiva nel cammino sofferto dei diritti. […]
A breve potremo leggerla tutti. Tecnicamente è una sentenza “interpretativa di rigetto”, nel senso che precisa l’ampiezza della stessa decisione della Corte sui “trattamenti vitali di sostegno”. […] Qui s’innesta il passo avanti della Corte. Che interpreta le famose quattro condizioni fissate nel 2019 che hanno reso possibile il suicidio assistito. La terza stabiliva che a rivendicare questo diritto poteva essere chi è “tenuto in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale”. Ed era capace, recitava la quarta, “di prendere decisioni libere e consapevoli”.
Ora la Consulta allarga il riferimento ai “trattamenti di sostegno vitale”. Solo una macchina in caso di paralisi totale, come per chi è tetraplegico? Oppure anche l’indispensabile “sostegno” di un’assistenza continua per ogni minuscolo gesto quotidiano? Qui sta la svolta della Corte che affida alla figura del giudice il potere di stabilire il margine di sofferenza per quel “trattamento di sostegno vitale”, al punto da aprire la porta alla possibilità di mettere fine alla vita con un “io lo voglio”.
Decisione difficilissima. Che leggeremo nelle pagine dei due giudici - il costituzionalista Franco Modugno e il penalista Francesco Viganò - che hanno firmato la sentenza. E per comprenderne al contempo valore e peso conviene citare le parole dello stesso Viganò contenute in un podcast edito dalla Consulta del dicembre 2020 che ripropongono Giuliano Amato e Donatella Stasio nel volume Storie di diritti e di democrazia […] “Si dice spesso che le decisioni della Corte possono cambiare la vita delle persone. Forse questo non è mai stato così vero come rispetto a quelle che riguardano il momento drammatico in cui la vita si conclude”.
Un peso enorme. Come quando Dj Fabo in Svizzera aveva spinto, con l’unico dito che poteva muovere, il farmaco letale nel suo corpo. E aveva a fianco Marco Cappato. E ancora i casi di Mario che nelle Marche riesce a chiudere la sua vita il 17 giugno 2022. E Gloria che raggiunge lo stesso obiettivo il 24 luglio 2023.
E siamo a oggi, all’aiuto che lo stesso Cappato, con Felicetta Maltese e Chiara Lalli, tutti dell’Associazione soccorso civile, hanno dato a Massimiliano, accompagnato in Svizzera a morire perché affetto da sclerosi multipla. Cappato, segretario dell’Associazione Luca Coscioni, si autodenuncia. Rischia 12 anni di carcere per aver violato l’articolo 580 del codice Rocco che punisce “l’istigazione o l’aiuto al suicidio”.
Non è la prima volta, tant’è che è indagato per altri casi dalle procure di Bologna, Milano e Roma. Ma qui cambia tutto dopo il ricorso alla Consulta del giudice di Firenze sul caso di Massimiliano. Ne fa un altro un giudice di Milano. Ma ce ne sono altri dieci che premono, seguiti dal team dalla Coscioni con la segretaria Filomena Gallo.
[…] Ora la Consulta apre una nuova porta. Affida ai giudici, tanto contestati dal governo, di stabilire i margini di un “trattamento di sostegno vitale”. Caso per caso sarà una toga a decidere il via libera dalla vita stessa. E chi lo accompagnerà in questo percorso non commetterà reati.