Antonio Borrelli per “il Giornale”
Prima la gelosia e i litigi, poi le botte, il sequestro e la violenza, fisica e psicologica, per punire la convivente di averlo lasciato. Una penitenza bestiale: quella di camminare nuda tra i boschi.
È una storia che mette i brividi quella che arriva dalla Bassa bresciana. Il drammatico epilogo di una relazione malata comincia da un urlo: «Adesso basta, ti ammazzo». Una voce inferocita risuona nel mezzo di un silenzioso pomeriggio di fine marzo a Pompiano. In strada qualcuno vede una coppia discutere animatamente. Troppo animatamente, tanto che vengono allertati i carabinieri.
Quando i militari arrivano non c' è più nessuno, ma le immagini del circuito di videosorveglianza rivelano una sequenza di fotogrammi orribile: una ragazza colpita con violenza al volto da un giovane e caricata su un furgone bianco mentre implorava «aiuto». Erano i due che poco prima stavano discutendo davanti agli sguardi attoniti dei vicini.
Sono attimi concitati: nessuno sa chi sia la coppia.
I carabinieri riescono a risalire ai loro nomi grazie alla targa del furgone, che lui aveva noleggiato per prendere le valigie e trasferirsi - dopo l' ennesima violenza. Entrambi operai nella Bassa, si erano conosciuti nel febbraio di un anno fa e avevano iniziato a convivere.
All' inizio tutto fila liscio, ma col trascorrere dei mesi lui si fa sempre più geloso. L' accusa di avere un' altra relazione, alcuni amici comuni gli instillano il dubbio e lui comincia a marcarla stretta: prima l' accompagna sempre in fabbrica, poi le controlla il cellulare e inizia a seguirla ovunque. Litigano sempre più spesso. La goccia che fa traboccare il vaso è l' ennesima lite, stavolta sfociata in violenza, proprio la sera prima della scomparsa della ragazza.
Lei non ne può più e pretende che se ne vada da casa sua. Ma lui il giorno torna a farsi vedere: ha le valigie pronte ma la va a prendere al lavoro. Ed è proprio durante l' ennesimo confronto che i passanti li vedono discutere.
Le ricerche sono massicce: le celle telefoniche localizzano quel furgone bianco addirittura a 70 chilometri di distanza, tra le campagne di Vestone, comune della Val Sabbia, quasi al polo opposto della provincia bresciana. Lì, lo scenario dell' orrore: lungo alcuni sentieri tra i boschi la ragazza viene costretta a camminare nuda e a chiedere perdono per aver detto di voler mettere fine alla loro storia. «Chiedimi perdono perché volevi lasciarmi.
E confessa il tradimento», ripete il 25enne tra i boschi mentre lei è vestita di sole scarpe tra piante e rovi. All' improvviso squilla il telefono della donna: è sua madre, che la contatta con una scusa su indicazione dei carabinieri. Lei risponde, in viva voce. «Qui ci sono i carabinieri - dice la madre - vi stanno cercando per qualche chiarimento sull' incidente in auto che avete fatto nei giorni scorsi».
L' idea è dei carabinieri di Verolanuova e Gardone Val Trompia, che nel frattempo hanno raggiunto la famiglia della donna a Lumezzane e provano ad attirare il 25enne con una scusa. Lui ascolta la conversazione e dopo qualche tentennamento decide di far rivestire la donna e di mettersi in viaggio verso la caserma dei carabinieri di Lumezzane. Il tranello funziona: il furgone viene agganciato e pedinato dai militari in borghese fino alla caserma.
Una volta lì, non appena varcata la soglia, il 25enne viene bloccato e arrestato, mentre la donna liberata viene portata all' ospedale di Manerbio. Ora l' operaio si trova nel carcere di Canton Mombello.