Alessandra Coppola per il “Corriere della Sera”
Sarebbe la storia di un presunto stupro in una camera d' albergo sugli Champs-Elysées di Parigi, se i comunicati che arrivano da Rabat non segnalassero qualcosa di insolito. Quanto meno un' attenzione speciale: il ministro marocchino della Cultura, Mohamed Amine Sbihi, segue «con grande interesse», l' ambasciata è in allerta, e come se non bastasse, notizia di ieri, il re in persona, Mohammed VI, pagherà le spese legali, assoldando sul suolo francese uno dei penalisti migliori.
L' accusato di stupro aggravato, dunque, non è un uomo qualunque, ma «una grande figura della musica marocchina» - ancora il ministro della Cultura - sorta di gloria nazionale da milioni di fan e di condivisioni online: il cantante pop Saad Lamjarred. La famiglia ha chiesto l' intervento del re «nel rispetto della presunzione d' innocenza», e il re, davanti a un simile cognome, ha risposto.
Nato nel 1985 a Rabat, due volte figlio d' arte, padre cantante classico, madre attrice, ha studiato musica e teatro, ha recitato e suonato, infine è diventato famoso, ma tanto. Per cominciare con la trasmissione libanese Super Star, poi col brano Mal Habibi Malou . Nel 2015 è entrato nel Guinness dei primati per aver realizzato 100 milioni di visualizzazioni su YouTube con il video LM3ALLEM in tre mesi dalla pubblicazione. Ad oggi, l'hanno visto in 400 milioni, e a un brano di pop arabo non era mai successo. Il suo ritmo è questo: l'ultimo videoclip, Ghaltana, a settembre ha fatto il giro di 16 milioni di fan in una settimana.
Sarebbe proprio questa esorbitante fama ad averlo messo nei guai, è la sua versione. A febbraio 2010, allora negli Stati Uniti, Saad aveva già dovuto rispondere dell' accusa di aggressione sessuale: era stato arrestato, quindi scarcerato su cauzione. Infine aveva lasciato il Paese evitando il processo a New York.
«Invitato» nuovamente dalla Corte suprema Usa a presentarsi davanti alla giustizia, lo scorso maggio (col rischio di una condanna a 25 anni) Lamjarred era rimasto a Rabat, convocando una conferenza stampa: «È la contropartita di tutte le grandi star subire tali pettegolezzi. La causa di tutto questo non è altro che il mio successo, grazie a Dio!».
Sarà la linea difensiva anche per quest'ultimo guaio: di nuovo una ventenne (francese e non americana) che fugge gridando dalla stanza, si rifugia alla reception, chiama la polizia, un'altra fan scatenata e «mitomane». Saad è in stato di fermo da mercoledì 26 ottobre, e in Marocco c'è grande agitazione.
Forse anche perché sono giorni inquieti nel Regno. Le manifestazioni per la morte violenta e inspiegabile del pescatore del Rif, Mouhcine Fikri, stritolato da un camion dei rifiuti il 30 ottobre nel tentativo di fermare la distruzione della sua merce da parte della polizia, non si sono fermate. In una suggestione che ricorda l'innesco delle Primavere arabe quasi cinque anni fa (allora fu un ambulante tunisino).
La preoccupazione del governo e del regnante è che, contrariamente alle previsioni, le proteste in questo caso non si sono limitate al villaggio dei pescatori, Al-Hoceima, nel Nord del Paese, ma si sono propagate alle principali città, Casablanca, Marrakech, Rabat, con migliaia di persone in strada, soprattutto giovani, dietro lo slogan: «Siamo tutti Mouhcine!». Non solo il giorno dopo, ma ancora l'altro ieri, una lunga fiaccolata davanti all' abitazione del pescatore, e una tensione che resta nell' aria. Tutt'altro tono ha la musica leggera di Lamjarred, ma l'accusa è molto pesante, i tempi sono turbolenti e nemmeno il re non può permettersi crisi di popolarità.