Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
OSAMA BIN LADEN E AYMAN AL ZAWAHIRI
Dal Pakistan rilanciano una notizia già circolata. Ayman al Zawahiri, leader di Al Qaeda, sarebbe spirato a causa di una crisi d' asma nei pressi di Ghazni, in Afghanistan. Una crisi respiratoria che non è stato possibile curare in modo adeguato.
Il sito Arab News - che cita come fonti una persona vicina alla fazione e ambienti dell' intelligence - sostiene che un nucleo ristretto di militanti avrebbe celebrato il funerale evitando però di dare qualsiasi annuncio. Le prime informazioni erano state diffuse una decina di giorni fa ed erano state attribuite alla fazione qaedista in Siria, Hurras al Din. I militanti del gruppo hanno perso i contatti con il capo storico da un paio di mesi, silenzio accompagnato da voci non buone sulla sorte del medico egiziano diventato uno degli architetti della guerra santa in chiave internazionalista.
La mancanza di conferme o comunicazioni ufficiali potrebbe essere legata alla necessità di nominare un successore. Meccanismo che può richiedere tempo in una fase dove la gerarchia è stata decimata dai raid statunitensi e afghani. A questo proposito si cita un' altra fine misteriosa, quella di Abdullah Abdullah freddato in una via di Teheran il 7 agosto ma la cui morte è stata svelata solo una settimana fa.
Un agguato attribuito ad un' azione congiunta Mossad-Cia, anche se non mancano gli interrogativi su chi lo abbia tradito, sulla dinamica dell' attacco e su cosa stesse facendo in Iran. In giro c' è ancora Seif al Adel, uno dei dirigenti della vecchia generazione, pare ospitato dagli iraniani, anche se non è chiaro quale sia il suo margine di manovra operativo.
Le rivelazioni mettono fine al giallo sulla sorte di Al Zawahiri? Non completamente. La storia del decesso è plausibile, coincide con alcuni indizi e lo strano ultimo messaggio, diffuso via web, di Zawahiri con riferimenti a fatti molto datati. Inoltre erano note le sue precarie condizioni di salute.
Qualche esperto, però, non esclude sorprese. Dubbi inevitabili in una realtà avvolta dalla nebbia della clandestinità, prudenze legate a comportamenti operativi. Forse il numero uno potrebbe essere stato costretto a immergersi da altre motivazioni. Perché costretto dai talebani, suoi protettori, oggi impegnati nel negoziato con gli Usa e dunque interessati ad un profilo basso. Oppure si è nascosto per ragioni di sicurezza, temendo di far la fine di molti mujaheddin. È comunque opinione comune che il movimento proseguirà sulla linea che concede ampia autonomia ai fronti locali, dal Sahel allo Yemen.