Luca Monticelli per “la Stampa”
«Il nostro asilo è chiuso dal 5 marzo, ma temo che a settembre quando riapriranno le scuole, i genitori questa struttura non la troveranno più. Stiamo ragionando su cosa fare: tra gli stipendi delle educatrici, l' affitto e tutte le altre spese non so se riusciremo ad arrivare oltre giugno». Veronica gestisce un nido convenzionato a Roma, un' attività sana e proficua messa in ginocchio dall' emergenza Covid-19. Una sorte comune per chi lavora nel campo dei servizi per l' infanzia. Assonidi Confcommercio conta in tutta Italia 5.300 asili nido privati che accolgono quasi centomila bimbi da zero a tre anni e danno lavoro a più di 21 mila maestre.
Da quando sono entrate in vigore le misure di contenimento per scongiurare il contagio queste strutture non hanno entrate perché le famiglie non sono più tenute a pagare le rette, però i costi fissi sono rimasti. Gli stipendi e l' affitto dei locali incidono pesantemente sui bilanci, il fallimento è dietro l' angolo. Si tratta di un tema di grande impatto sociale perché molte famiglie dopo l' estate rischiano di scoprire che i posti per iscrivere i figli al nido saranno migliaia in meno, sia nelle scuole convenzionate, che sono parificati al pubblico, sia in quelle private che ormai da tanti anni suppliscono alle scarse risorse e agli orari poco flessibili degli asili comunali.
Nella Capitale l' apporto delle strutture convenzionate è molto importante, i nidi sono più o meno 160 e ospitano quasi 5 mila bambini. I convenzionati stipulano un contratto con l' amministrazione per fornire il servizio e come tutti i privati possono essere "accreditati" con la Regione se garantiscono determinati standard di qualità.
Nel Lazio, complessivamente, i privati accreditati sono 227 e offrono 7 mila posti. La Regione è intervenuta ieri e ha stanziato 6 milioni di euro per sostenere proprio gli asili convenzionati e i privati accreditati. I gestori delle strutture restano scettici: i convenzionati vogliono vedere quale sarà realmente l' entità dell' aiuto mentre i privati coinvolti lamentano che il rimborso sia solo di 100 euro al mese a bambino. Per Nicola Zingaretti, invece, «con la decisione della Giunta gli asili potranno riprendere più agevolmente il lavoro senza il peso di bollette e affitti arretrati».
In Lombardia il governatore Fontana ha scritto una lettera alla ministra dell' Istruzione, perché la situazione è esplosiva. Il direttore di Assonidi, Paolo Uniti, spiega: «A Milano ci sono 300 asili nidi privati e andrà bene se alla fine del lockdown un terzo di questi riuscirà a riaprire». L' associazione chiede un credito di imposta al 60% sugli affitti per tutto il periodo di chiusura e un fondo nel quale far confluire i soldi non spesi per il bonus baby sitter. Per gli asili privati il governo non ha previsto misure specifiche, se non il differimento delle tasse e la possibilità di accedere a prestiti garantiti al 100 per cento fino a 25 mila euro.
In realtà, una norma per i nidi convenzionati ci sarebbe ed è contenuta nell' articolo 48 del decreto "Cura Italia". Gli asili possono accettare il contributo dell' amministrazione comunale, che sarebbe comunque inferiore rispetto alla convenzione stipulata, però devono rinunciare alla cassa integrazione. Da Assonidi il giudizio su queste misure è tranchant: «A Roma la Regione ha fatto una scelta, legittima ma non risolutiva: lasciare fuori i privati non accreditati. A Milano, il Comune ha offerto ai convenzionati una cifra molto inferiore rispetto al contratto.
Chi aveva attivato la cassa integrazione sta pensando di far rientrare il personale, conscio però che la rinuncia agli ammortizzatori comporta un probabile default economico».