Alberto Mattioli per “La Stampa”
Dopo quelli del pubblico, 13 minuti di applausi, e del botteghino, due milioni e mezzo di incasso, nel day after della prima della Scala arriva anche il verdetto degli ascolti. In diretta su Rail, il Boris Godunov di Musorgskij è stato visto da un milione e 495 mila spettatori, share del 9.1%.
La Rai canta vittoria, la Scala anche, dati le smentiscono, ma forse in effetti hanno ragione. Vediamo perché. I tre primi precedenti andarono indubbiamente meglio. Il Macbeth del '21 "fece" più di due milioni con uno share del 10,5%; la Tosca del '19 (nel '20, causa Covid, l'opera non ci fu, sostituita da una serata-evento), due milioni e 800 mila spettatori, share del 15; l'Attila del'18 poco meno di due milioni, share del 10,7.
Il Boris è andato peggio. Però gli altri tre titoli erano un Puccini celeberrimo (non a caso quello visto di più) e due Verdi benché non dei più pop: tutte però opere italiane. Il Boris è senz'altro un capolavorone ed è continuamente in cartellone in tutti i teatri del mondo, ma non è esattamente popolare e la sua musica, pur non difficile, non ha l'appeal cantabile del nostro melodramma.
E poi Musorgskij racconta delle intricate vicende della Russia del XVI secolo e soprattutto lo fa in russo. Per il pubblico di Rai1, che secondo la vulgata tradizionale è il più anziano e meno istruito, un boccone effettivamente non facile da mandare giù. Che un milione e mezzo di italiani siano rimasti davanti allo schermo ad assistere all'ascesa e caduta di questo Macbeth moscovita è davvero un successo e, da voci raccolte nelle segrete stanze di Scala e Rai, anche abbastanza insperato.
boris godunov prima della scala 2022 1
Ha quindi ragione Carlo Fuortes, amministratore delegato della tivù di Stato, a parlare di «grande successo», «scelta vincente per la missione di servizio pubblico» e "contributo fondamentale alla diffusione della grande musica", che peraltro Fuortes conosce perché è stato il primo sovrintendente capace di trasformare l'Opera di Roma in un teatro vero.
Tanto che, dicono i rumors, finita la sua missione impossibile alla Rai in un teatro d'opera potrebbe o vorrebbe tornare, magari proprio alla Scala. Intanto, sui social i melomani hanno il dente avvelenato sulla coppia di fatto formata da Milly Carlucci e Bruno Vespa, cui anche quest'anno è toccato il compito di rendere digeribile il boccone. Premesso che il soprascritto ha partecipato agli ultimissimi minuti della diretta come sedicente esperto, quindi, il conflitto d'interesse è dichiarato (e anche innocuo: ospite sì, ma gratis), i melomani hanno il solito torto di pensare che tutti siano come loro.
boris godunov prima della scala 2022.
È chiaro che chi conosce già l'opera in generale e il Boris in particolare vorrebbe ascoltare spiegazioni o commenti più specializzati o almeno qualificati. Ma affidarli a due volti notissimi di mamma Rai serve ad attrarre un pubblico che invece il Boris non sa neanche cosa sia.
Vespa, che peraltro di musica ne sa, è un grande professionista della Rai sì bella e perduta di una volta, quella con uso di congiuntivo, autorevole, rassicurante e educativa come una maestra deamicisiana, e Carlucci un volto popolarissimo dell'entertainment: se l'opera ha fatto questi numeri è grazie a loro, non nonostante loro. Infatti, per Aspettando
boris godunov prima della scala 2022
Boris Godunov, cioè il quarto d'ora di chiacchiera che ha preceduto la musica, i numeri di spettatori e la percentuale di share sono risultati più alti: rispettivamente un milione e 870 mila e il 17,4%. Resta, certo, il problema di inventare un modo nuovo di presentare il teatro musicale in tv, che sia divulgativo ma non banalizzante per convincere il pubblico che la cultura è un piacere e non un dovere, e non gli si chiede di interessarsi a un reperto del passato, ma a ciò che spiega il presente.
Francamente però è improbabile che la soluzione possa trovarla Rai1, dove trionfa l'usato sicuro. Alla fine, si può serenamente archiviare questo Boris nella cartella dei successi scaligeri. Merito soprattutto dei tre mattatori della serata: Riccardo Chailly sul podio e i due protagonisti in scena, il Coro della Scala (santi subito!) e il basso Ildar Abdrazakov.
Proprio lui, il supercarismatico zar, alla cena di parata dopo lo spettacolo è stato protagonista di un siparietto divertente, raccontando candidamente che la prima telefonata di congratulazioni ad arrivargli era stata quella di Valery Gergiev.
Si, proprio lui, il direttore russo geniale, luciferino e molto molto putiniano che la Scala ha epurato dopo la prima recita della Dama di picche perché non si è nemmeno degnato di rispondere all'ukase del sindaco Beppe Sala che gli intimava di con dannare l'invasione dell'Ucraina. Come parlare di corda in casa dell'impiccato, insomma. Ma Abdrazakov è talmente bravo che gli si perdonano anche le telefonate, almeno quelle che riceve.