Antonella Mollica per il Corriere.it
Hanno scelto di andare a vivere lassù, in un casolare tra i boschi dell’Appennino, perché vogliono una vita alternativa, in mezzo alla natura incontaminata. Il motivo che ha portato Leonardo e Pina, i genitori del piccolo Nicola, nella valle di Campanara, frazione di Palazzuolo sul Senio, dove il mondo sembra essersi fermato, lo racconta lei su un sito web: «Mi sono avvicinata al mondo contadino nel 2009 dopo una laurea triennale in scienze sociali. Mi sembrava assurdo saper utilizzare un pc e non aver mai piantato un pomodoro, non saper più riconoscere una pianta velenosa da una che cura, calpestare buonissime erbe mangerecce, quale legna usare per dei manici o dei recinti».
Il sito dell'associazione Campiaperti
In pochi anni sono diventati apicoltori arrivando a 500 alveari. Hanno messo così radici in Mugello inseguendo il sogno di una vita autosufficiente da un punto di vista alimentare. C’è una precisa filosofia di vita dietro quel percorso che li ha portati ad approdare nell’Alto Mugello: «Non volevo sfruttare né essere sfruttata - spiega ancora Pina sul sito dell’associazione Campiaperti, comunità in lotta per la sovranità alimentare - gli animali selvatici come tutto il resto li avevo visti nei libri così ho conosciuto Leonardo e altri con cui vivere con la tendenza all’autosufficienza. Per avere un po’ di miele per noi, nel 2009, su spinta di un amico ci procurammo una famiglia di api visitata collettivamente; le api che abbiamo adesso provengono tutte da quella lì, il secondo anno ne avevamo 3, poi cinque».
«Leonardo - è il racconto di Pina alla community - voleva fare il contadino già da piccolo. Ha avuto modo di frequentare la campagna andando dai suoi nonni paterni che erano operai agricoli (prima mezzadri) e fin da piccolissimo era appassionato di animali e alberi ma viveva in paese cosi dai 4 anni metteva da parte i semi e faceva crescere gli alberi che poi piantava e seguiva. Non solo frutti, cipressi, querce e anche un ippocastano. Dal 2001 ha partecipato, insieme a Brigitte Holsen, a una ricerca con fondi europei sui frutti dimenticati nelle zone di Mugello, Alto Mugello e Valdisieve». Non ci sono solo Leo e Pina in questo angolo di terra abbandonato da decenni ai confini tra la Toscana e l’Emilia Romagna. I primi ad arrivare nella valle, 37 anni fa, sono state otto persone appena rientrate da un lungo viaggio in India.
Si insediarono nella canonica della chiesa seicentesca sconsacrata. Da quel momento sono arrivati in tanti a cercare un rifugio a Palazzuolo. Italiani ma anche stranieri, soprattutto tedeschi. Coltivano gli orti, allevano animali, producono prodotti bio e manufatti artigianali, usano energie rinnovabili.
Campanara è diventata così negli anni una sorta di eco-villaggio dove si offre ospitalità in tende indiane attrezzate e dove i telefoni cellulari sono irraggiungibili, dettaglio questo che rende ancora più affascinante quel posto così lontano dal mondo. Qualcuno li ha definiti «squatters rurali». Hanno occupato case semidiroccate, hanno ottenuto concessioni demaniali o hanno acquistato beni della Curia. Sono nate così piccole comuni indipendenti che si appoggiano tra di loro.
Qui non ci sono pericoli, raccontano da queste parti, i bambini sono abituati a spostarsi in autonomia. Da ieri mattina tutti gli abitanti della valle sono impegnati nelle ricerche di Nicola. Nei boschi e nelle strade sterrate. Ai soccorritori si sono unite schiere di volontari - in campo più di 200 persone - come ha spiegato il sindaco Gian Piero Moschetti: «Stiamo setacciando la zona senza sosta, l’intero paese è coinvolto nella ricerca del bambino, sono arrivati volontari anche dai paesi limitrofi». Ma fino a tarda sera di Nicola nessuna traccia.
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