Estratto dell’articolo di Virginia Nesi per “Sette – Corriere della Sera”
Che cos’è il consenso? «Significa chiedere prima di un atto sessuale». «Se dico no è no». «Andrebbe insegnato ai ragazzi». «Lo associo alla pressione». Lunedì mattina, ore 11.30, liceo classico Carducci di Milano. Silvia, Giulia, Virginia e Sofia sono appena uscite dalla palestra.
La 5H continua la lezione di educazione fisica mentre loro si confrontano a un tavolo nella stanza del preside. Sono quattro diciottenni che parlano delle loro esperienze. Allineano gli argomenti studiati sui banchi. Insieme dispiegano il glossario imparato a macchia di leopardo.
Racconta Giulia: «Bisognerebbe educare all’affettività. A me è capitato di dire no in situazioni intime. Ma lui continuava. Ripetevo: “No, lasciami. Te ne vai!”, una, due, tre volte. Alla fine, me ne andavo io… Poi i ragazzi fanno i risentiti. Dicono agli amici: lei mi ha paccato. Ma non ti ho paccato! Ho solo detto che non me la sento. Non sono un oggetto, non sono una valuta, non sono la tua merce di scambio».
Giulia prende fiato. Esonda come un fiume: «Stavo con persone che portavano avanti azioni sessuali senza chiedere il mio permesso. Io non volevo. Vieni presa come una figa di legno, come una bambina, ma non è così, sono loro quelli sbagliati». Sì, sì, sì, ripetono a voci sfalsate le compagne di classe. […]
«La preoccupazione principale è la “gravidansia”», afferma la psicologa, esperta in sessuologia Sabina Fasoli (@psychandlove). Pensa al suo pubblico in Rete: «Quando mi raccontano di aver avuto rapporti non protetti, le infezioni sessualmente trasmissibili (Ist ndr) non sono tra i loro pensieri quanto il rischio di gravidanza.
Alcune indagini rilevano che quasi la metà dei giovani non usa il preservativo. Questo paradosso dimostra che non c’è sufficiente sensibilizzazione sulle Ist e c’è un’idea di controllo distorta dove si pensa che il coito interrotto sia efficace o che, se la penetrazione è durata solo qualche secondo, si può star tranquilli. Ma tranquilli, i giovani, non sono perché lo chiedono a me».
Secondo un progetto dell’Università Sapienza — che ha coinvolto 842 studenti di tutte le classi di un liceo artistico di Roma — la GenZ ottiene informazioni su riproduzione e sessualità dai coetanei e tramite i social: solo il 25,1% ha avuto incontri sul tema a scuola e il 29,7% tratta l’argomento in famiglia.
Tra i punti esaminati nei questionari — compilati prima e dopo il corso in aula — ci sono: sessismo, il concetto di sex positive e quello di consenso. Il 62,5% delle persone intervistate è eterosessuale, il 5,3% omosessuale, il 15,3% bisessuale mentre il 16,9% rivela altri orientamenti (asessuali, demisessuali, queer, greysessuali e questioning). […]
L’urgenza di inserire nei programmi scolastici questi nuovi insegnamenti è riemersa soprattutto dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin. «Ogni volta che c’è un’azione di contrasto da mettere in atto ritorna fuori il tema. Aids? Insegniamo nelle scuole. Malattie sessualmente trasmissibili? Più formazione. Violenza di genere? Bisogna fare educazione sessuale. […]