"SONO FIGLIO DI UN PRETE PEDOFILO CHE ABUSÒ DI MIA MADRE 14ENNE" - LA STORIA INCREDIBILE DI ERIK ZATTONI, OGGI 40ENNE CHE VIVE IN PROVINCIA DI FERRARA: "IL PARROCO PIETRO TOSI VIOLENTÒ MIA MAMMA NEL 1981. CERCÒ DI DENUNCIARE, MA IL VESCOVO DELL'EPOCA, MONSIGNOR FRANCESCHI, SUGGERÌ DI NON DIRE NULLA A NESSUNO. QUANDO I MIEI PARENTI ANDARONO DAGLI AVVOCATI, LA DIOCESI LI SFRATTÒ DALLA CASA CHE ERA DI PROPRIETÀ DELLA CURIA…"

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Franca Giansoldati per "Il Messaggero"

 

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Si collega via Zoom e racconta la sua choccante storia di figlio di un prete pedofilo e di una mamma abusata quando aveva appena 14 anni. Una vita trascorsa in una zona grigia, sotto una cappa di omertà e vergogna e tanto dolore.

 

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È il volto di una Chiesa feroce quella che descrive Erik Zattoni quando inizia a parlare al seminario delle vittime italiane organizzato da diverse associazioni. Appare dal salotto di casa sua, ha la voce calma ma a tratti si intuisce che deve prendere fiato e fare un bel respiro: «Ho 40 anni, vivo in provincia di Ferrara, sono figlio del prete pedofilo Pietro Tosi. Mia madre fu abusata nel 1981.

 

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Mi è stato detto dalla mia famiglia che naturalmente cercarono di denunciare l'episodio al vescovo dell'epoca, monsignor Franceschi, il quale suggerì subito di non dire nulla a nessuno.

 

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Allora mia madre e suo fratello andarono da un avvocato per fare causa al prete ma la risposta della diocesi fu una minaccia. All'epoca vivevano in una casa di proprietà della curia. La minaccia era lo sfratto, cosa che poi avvenne. Buttarono fuori casa mia mamma e anche me».

 

Erik Zattoni, una storia di violenza

Solo molto tempo dopo la famiglia Zattoni si rivolse al tribunale. Era il 2010. In quegli anni anche in Italia si cominciava a parlare apertamente di abusi grazie all'onda delle inchieste americane, al film Spotlight e agli articoli della stampa. Il reato del 1981 era però prescritto e non c'era più niente da fare.

 

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«Mi sono sottoposto all'esame del DNA, lo stesso dovette fare il prete al quale seguì la sua confessione. Nonostante questo ha continuato a fare il prete, non è mai stato sospeso da nessun vescovo, anche se tutti ovviamente sapevano.

 

Solo dopo altre insistenze da parte mia, quando ero già adulto e potevo difendermi, venne allontanato. Nel frattempo sono passati tre Papi, 5 vescovi di Ferrara, diversi cardinali alla Congregazione della Fede, compreso Ratzinger che ovviamente sapeva benissimo che era accaduto a Ferrara.

 

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Nessuno ha mai fatto nulla per sanare questo crimine. Sono stato cresciuto dalla mia mamma, una madre bravissima nella quale leggo ancora il trauma, la condizione di vittima, di persona abbandonata a se stessa. Era solo una ragazzina».

 

Alla testimonianza di quest'uomo segue quella di Francesco Zanardi, fondatore della Rete l'Abuso, quella di una altra vittima di un prete di Enna (del quale è in corso un processo civile).

 

Il settimanale Left annuncia che metterà a breve on line il primo database dei casi di pedofilia accertati in Italia. Si basa sui dati incrociati provenienti dalla stampa e dalle procure.

 

Al momento il fenomeno da parte della Chiesa italiana è quasi sconosciuto perché la Cei non ha mai voluto fornire una fotografia reale e complessiva e, tuttora, si rifiuta di aprire gli archivi diocesani (come hanno fatto altre conferenze episcopali in Europa) per conoscere a fondo e misurare storicamente il fenomeno.

 

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Le vittime, durante il collegamento Zoom, hanno definito irricevibile la proposta avanzata di recente dal cardinale Gualtiero Bassetti di avviare una commissione di inchiesta. A loro parere la commissione di inchiesta proposta non è imparziale e realmente indipendente, visto che si basa solo sui dati (recenti) dei centri di ascolto diocesani.

 

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«Sarebbero troppo di parte e non obiettivi. Questi centri non hanno il carattere della terzietà. Per questo motivo la proposta di Bassetti è irricevibile».

 

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Mentre la Cei continua a rimandare una analisi (anche storica) del fenomeno della pedofilia su tutto il territorio nazionale, frenando ogni possibile ricerca all'interno dei propri archivi diocesani, un gruppo di associazioni si è così mosso  per mappare la piaga degli abusi, raccogliendo, catalogando, classificando tutto il materiale finora disponibile. Un lavoro incrociato immenso che ha dato vita al primo database realizzato dal settimanale Left in collaborazione con Rete L'Abuso.

 

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L'archivio sarà messo on line venerdì 18 febbraio su mostrando - per ora - i primi 50 casi censiti e accertati, con più di 140 vittime. Man mano che la mole enorme di carte verrà lavorata il sito sarà aggiornato in tempo reale. Al momento sono oltre 300 le vicende già sottoposte a verifica e in via di pubblicazione.

 

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Nel database figurerà il nome del sacerdote (laddove è stato reso noto) specificando se è stato condannato o è ancora sotto inchiesta, il tipo di reato contestato, il numero conosciuto delle vittime, l'anno in cui è stato compiuto il reato contestato, la data in cui il caso è divenuto noto, la diocesi di appartenenza.

 

A questo aspetto viene collegata anche l'eventuale sanzione canonica subita dall'ecclesiastico (sanzione che non sempre è stata fatta dalla Chiesa).

 

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Un numeratore terrà aggiornato il conteggio degli ecclesiastici coinvolti e delle loro vittime, mentre una parte del sito sarà dedicata all'archiviazione delle fonti giornalistiche e dei documenti che certificano la denuncia, l'inchiesta, l'eventuale iter processuale e l'eventuale condanna in via definitiva del reo.

 

La prima mappatura del genere è stata fatta da Francesco Zanardi nel 2010, una ex vittima di un prete pedofilo di Savona. Da vittima  ripete che «la violenza di un adulto su un bambino è definita da psichiatri e psicoterapeuti un omicidio psichico».

 

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