Marco Imarisio per corriere.it
La guerra del gas è cominciata. Ancora prima dell’introduzione di qualunque possibile sanzione sul tema contro la Russia, argomento tabù in molte cancellerie europee. Con un comunicato di poche righe all’agenzia Ria Novosti, Gazprom ha annunciato di avere « completamente interrotto » le forniture di gas alla Polonia.
La sospensione, come riferito nell’articolo di Claudio Del Frate, è stata motivata con il rifiuto da parte della compagnia statale polacca PGNiG di pagare le consegne di gas russo secondo la nuova procedura che prevede la conversione obbligatoria in rubli.
E non si tratta di un provvedimento isolato. Poche ore dopo, anche il ministero dell’Energia bulgaro ha ricevuto lo stesso messaggio. Sempre con effetto immediato, a partire da oggi. Le reazioni dei due Paesi sono state ben diverse. Il governo di Varsavia, nonostante dipenda al 53 per cento dal gas russo, ha scrollato le spalle affermando di non avere alcun problema di rifornimento, e di avere riserve sufficienti a non interrompere in alcun modo l’erogazione. Al netto del suo forte sentimento antirusso, forse la Polonia può permettersi una risposta del genere. Il suo giacimento di gas liquido a Swinoujscie è infatti uno dei più grandi d’Europa, e soprattutto a partire dal primo maggio diventerà operativo il nuovo gasdotto che la collegherà alla Lituania.
Per la Bulgaria, invece è un problema, almeno nell’immediato. Il primo ministro Kiril Petkov, eletto a dicembre e autore di una netta sterzata filoccidentale, aveva già annunciato il mancato rinnovo dell’accordo con Gazprom, che sarebbe scaduto alla fine del 2022. «In questa situazione, non possiamo più permetterci alcuna trattativa. Ci sono alternative, le troveremo comunque». La mossa unilaterale del colosso russo obbliga il governo di Sofia a correre subito ai ripari, perché il nuovo gasdotto che passando per la Grecia porterà al Medio Oriente sarà pronto soltanto per la fine del 2023. Entrambi i Paesi hanno precisato di non essere morosi, ma di avere pagato in valuta occidentale, rifiutando l’ultimatum della valuta russa che era stato annunciato da Vladimir Putin in persona.
Sono dilemmi che potrebbero riproporsi a breve nel resto d’Europa, se Gazprom estenderà lo stop agli altri Paesi. Appena il caso di ricordare che durante il suo ultimo colloquio telefonico con il presidente russo, Mario Draghi gli aveva precisato come i termini del contratto italiano con Gazprom rimanessero immutati. Ovvero, nessun pagamento in rubli. Il nostro presidente del Consiglio aveva anche aggiunto di non aspettarsi una interruzione dei flussi. Ma intanto le conseguenze di quel che è accaduto sono immediate. Quando ancora non era ufficiale lo stop imposto a Polonia e Bulgaria, sul listino di riferimento di Amsterdam, il metano aveva già fatto segnare un rialzo del 10% a 103 euro al megawattora. «Occorre rispettare la nuova procedura di pagamento» ha detto il portavoce di Gazprom Sergey Kupriyanov. Tutti sapevano prima o poi che il gas sarebbe diventato un’arma di questo conflitto. La Russia ha deciso di giocare d’anticipo. E l’ha usata per prima.
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