1 - LE INDAGINI DEGLI 007 RUSSI SOLUZIONE TROPPO RAPIDA E PIENA DI FALLE
Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
La «soluzione» a tempo di record del giallo Dugin lascia più domande che certezze. Uno sviluppo quasi scontato. L'atto di accusa contro l'ucraina Natalya Vovk è la cornice perfetta. Mette insieme il nemico del momento, l'eventuale copertura all'estero con la fuga della «colpevole» in Estonia, l'intelligence ucraina che ha dimostrato di poter far male in profondità, la scusa per una reazione. E il fatto che la donna sia ormai fuori dai confini può togliere dall'impaccio di doverla processare. Non che sia un problema ma in questo modo può diventare uno strumento di pressione verso il Paese baltico.
Tutto questo per superare con un balzo l'imbarazzo per un colpo duro alla sicurezza. Una Mata Hari con figlia al seguito - era una copertura ideale, potranno dire - ha messo in scacco un apparato gigantesco addestrato a reprimere ogni forma di dissenso. Chiamando in causa la Vovk i russi provano ad allontanare le piste alternative. In queste ore ne sono state considerate tante.
Una faida interna nel mondo dell'estremismo, la provocazione a tavolino del regime, l'iniziativa di agenti fuori controllo - un classico - persino l'azione di resistenti interni, l'«Esercito repubblicano nazionale», sigla che sarebbe pronta ad agire di nuovo. Siamo sempre in una nebulosa, facile mescolare le carte. La donna ricercata magari potrebbe sapere qualcosa o essere periferica all'attentato. Un colpo ben preparato. L'ordigno era composto da circa 400 grammi d'esplosivo collocati sotto il sedile del guidatore.
Il Suv apparteneva alla figlia dell'ideologo nazionalista, quindi non vi sarebbe stato scambio di auto come detto in un primo momento. La bomba è stata attivata in remoto, ipotizzano fosse collegata ad un cellulare usa e getta. L'attentatore seguiva il bersaglio, ha chiamato il numero innescando la carica. Dettaglio che porterebbe ad escludere l'errore di persona. Da dove viene l'esplosivo? Acquistato sul mercato nero? Portato da fuori?
L'esplosione è avvenuta quando era sulla strada e non nel parcheggio dell'evento, altro dato che conferma come la Dugina fosse tenuta d'occhio. Darya aveva partecipato ad un evento insieme al padre e si deve presumere che il veicolo - una Toyota - sia rimasto incustodito e non fosse sorvegliato. Dall'altra parte non siamo al fronte ma nel cuore della Russia e la giovane evidentemente non si sentiva minacciata. Di nessun aiuto le telecamere di sicurezza in quanto - scrivono i media locali - erano fuori uso da due settimane. Casualità o manomissione? E la trappola è stata piazzata in questo punto o in precedenza?
La verità Mosca potrà fornire risposte ma dovrà essere convincente, offrendo prove e non solo indizi. Se l'Fsb - annotano i commentatori - dice il vero significa che è stato beffato.
Mai dire mai, specie quando danzano le spie. Se, invece, la sua è una bugia vuol dire che non è neppure riuscito a imbastire un canovaccio credibile. E non sarebbe la prima volta: lo dicono le missioni pasticciate condotte in Europa in questi anni.
2 - KIEV NON CI STA: «PROPAGANDA PER COPRIRE LA LOTTA INTESTINA»
Marta Serafini per il “Corriere della Sera”
Per il consigliere presidenziale ucraino, Mykhailo Podolyak, si tratta di «propaganda fantasiosa» e di «lotta intestina» dentro gli apparati di sicurezza nemici.
Per il battaglione d'Azov di cui Natalya Vovk, 43 anni, passaporto ucraino, secondo i russi farebbe parte, «l'attentato è la preparazione all'apertura del tribunale contro l'Azov». Era attesa a Kiev l'accusa per l'uccisione per la morte della figlia di Dugin.
Dunque nessuna sorpresa di fronte al profilo diffuso ieri dai servizi di sicurezza russi. A non convincere, tra gli altri elementi della ricostruzione, sono i movimenti. Secondo i servizi di Mosca, madre e figlia sarebbero arrivate in Russia in luglio a bordo di una Mini Cooper alla quale sarebbero state applicate tre targhe diverse: la prima della Repubblica di Donetsk, per varcare il confine, la seconda del Kazakistan, usata a Mosca, e la terza dell'Ucraina per uscire dal Paese. Passaggi del genere, però, sono particolarmente complicati e monitorati, soprattutto in tempo di guerra.
La versione, non verificabile, è corredata da un video che mostra la killer attraversare il confine russo ed entrare in un edificio che si dice appartenesse alla vittima, ma l'Fsb non ha fornito altre prove fotografiche o video per corroborare le accuse né ha compiuto arresti. Respinta anche la teoria - diffusa da hacker russi, ripresi dai media di Mosca - che la Vovk appartenga al battaglione Azov, ritenuto un gruppo terrorista di stampo nazista dalla Russia e corpo integrato da anni nell'esercito di Kiev.
«L'attentato è la preparazione all'apertura del tribunale contro l'Azov», si legge sul canale Telegram del Battaglione, con riferimento al processo che i russi vorrebbero aprire a Mariupol contro i prigionieri ucraini. Una vicenda politica e non solo militare. Sulla quale i comandanti ucraini aggiungono: «Dopotutto, in questo modo la Russia scalda l'opinione pubblica dei suoi cittadini sulla "necessità" di un simile processo».
E se in rete molti osservatori fanno notare come la divisa della donna non corrisponda a quella utilizzata dai militari dell'Azov, sono gli stessi media russi a non confermare la teoria. Non a caso è all'agenzia russa Ria Novosti che la cugina di Natalya Vovk riferisce come la stessa Vovk appartenesse sì alle forze armate dell'Ucraina «ma con un ruolo di ufficio, ottenuto a causa della sua disabilità». Intanto, mentre la versione ufficiale dell'attentato lascia più dubbi che risposte, a Kiev è convinzione che in Russia la morte di Dugina - anche lei come il padre fiera sostenitrice dell'annientamento dell'Ucraina - stia alimentando le voci di chi chiede una linea più dura sul fronte.