Claudio antonelli per la Verità
La revisione del Mef in cerca delle coperture potrà cambiare il testo del decreto.
Difficile immaginare che possa miglioralo. Ci saranno meno soldi e meno mance. A vincere sarà comunque l' ufficio complicazione affari semplici. Scorrendo le quasi 500 pagine della bozza si possono contare 23 fondi istituiti ad hoc per sostenere specifici settori o classi sociali e circa 150 soglie di accesso a detrazioni, deduzioni, agevolazioni e persino al denaro a fondo perduto. Per capirne il funzionamento i commercialisti avranno bisogno di una enciclopedia e non è detto che riusciranno a venirne a capo del tutto. Eppure ieri dalle colonne di Repubblica, il ministro dell' Economia, Roberto Gualtieri, si è detto sereno.
«È evidente che le legittime preoccupazioni di una situazione senza precedenti possono generare rabbia. Lo capiamo e per questo il governo è impegnato a sostenere imprese e famiglie, a evitare un aumento delle diseguaglianze, ad aiutare i più deboli», ha dichiarato al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, specificando che «come spesso accade nei momenti più difficili nella nostra storia gli italiani rivelano virtù senza precedenti». È vero e avviene nonostante il governo, le scelte che fa e la comunicazione che sta portando avanti.
Che bisogno c' era di vendere in prima serata tv un decreto che ancora non è stato validato dalla Ragioneria dello Stato?
La domanda è retorica perché è chiaro che nessun elettore potrà avere fiducia di fronte a una televendita che tratta gli italiani da gonzi. Purtroppo quando poi faranno i conti in tasca la rabbia sarà più che giustificata. Così prima ancora che vada in Gazzetta il decreto ci siamo messi a spulciare gli articoli relativi alle erogazioni a fondo perduto per comprendere che cosa intenda Gualtieri con la frase «non lasceremo indietro nessuno». Le piccole e le medie imprese, comprese quelle rette da commercianti e artigiani, avranno diritto a un contributo una tantum in base alla perdita di fatturato che hanno registrato lo scorso mese di aprile. Il termine di paragone è aprile 2019 il cui fatturato viene calcolato artificialmente prendendo i ricavi complessivi dello scorso anno e dividendoli per 12. Se il calo è stato almeno del 33%, si può aspirare a chiedere i soldi.
Immaginate una officina meccanica che nel 2019 ha avuto un giro di affari di 600.000 euro e magari ha due dipendenti e che ad aprile abbia lavorato a spizzichi e bocconi. Potrà chiedere un contributo di 2.500 euro. Certo, se il crollo di fatturato fosse limitato solo ad aprile, sarebbe un sostegno utile. Ma è impossibile. Sappiamo che il crollo c' è stato a marzo, ad aprile e pure a maggio. Nessuno sa cosa accadrà a giugno e luglio. Perché nessuno sa quando gli automobilisti ritorneranno a circolare come prima. E gli incassi dell' officina dipendono da tali incognite. Di conseguenza, potrebbe perdere da marzo a luglio 150.000 euro di fatturato e a quel punto con 2.500 euro ci paga le bollette della corrente.
Forse.
Se l' esempio lo spostiamo nel settore della ristorazione, a parità di fatturato, e con un aprile senza alcun incasso, il piccolo imprenditore avrebbe diritto a 7.500 euro. Sempre una tantum. Certo molto più di 2.500 euro, ma pur sempre insufficiente. È stato fermo tre mesi, ma se a giugno volesse ripartire dovrà fare i conti con regole così assurde che si troverà a fatturare il 20% di quanto portava a casa nel 2019, ma con costi decisamente in aumento. Menù invariato e dipendenti proporzionati alla tipologia delle offerte.
Affitti a prezzo pieno e bollette senza sconti. Inoltre, dovrà adeguarsi alle norme e spendere molti quattrini per sanificare gli ambienti. E solo una piccola parte di questi interventi potrà portarli in detrazione. Sempre che l' anno prossimo riesca a pagare le tasse. Certo, siamo consapevoli che c' è la cassa integrazione e quindi la possibilità di ridurre il costo del personale. Ma con la cassa integrazione le aziende non ripartono e con esse non riparte il Pil.
Ciò che manca ai giallorossi è la comprensione stessa del fare impresa. Perché di sussidi se ne intendono, ma sostenere le imprese è tutt' altro. Offrire l' elemosina a chi produce ricchezza e tiene in piedi il Pil è offensivo. Meglio niente. Certo, cadono le braccia e viene l' amaro in bocca se si pensa che ad Alitalia è destinato l' 8% dell' intero deficit prodotto dal dl Rilancio: ben 3 miliardi. E altri 2,4 vanno ai bonus vacanze che sono un finto sostegno al turismo.
«Chiamatelo bonus Maria Antonietta, non bonus vacanze», commenta l' ex vice ministro all' Economia, Enrico Zanetti, «Trovo sconcertante che si vada in giro a dire che per il turismo sono stati messi 4 miliardi, quando 2,4 miliardi sarebbero relativi a un bonus vacanze di cui possono fruire solo famiglie con Isee fino a 40.000 euro cui gli operatori dovranno anticipare l' 80% del voucher sotto forma di sconto sul corrispettivo». A chi fa fatica a fare la spesa al supermercato, gli si offre lo sconto sulle vacanze a carico degli albergatori: una follia quasi peggiore del bonus per i monopattini. Viene voglia di emigrare. E nemmeno è consentito.