Enrico Franceschini per “Affari & Finanza - la Repubblica”
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Negli Usa gli scandali sulla Ivy League, la fabbrica dei presidenti. In Francia Macron risponde agli attacchi alla casta chiudendo l' Ena. E nel Regno Unito Oxford e Cambridge rischiano l' effetto della Brexit. Le èlite senza più riferimenti D alla torre d' avorio dell' istruzione d' élite arriva ultimamente un odore poco piacevole.
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Negli Stati Uniti, le migliori università sono state travolte dal peggiore scandalo di corruzione della loro storia: la scoperta che genitori danarosi pagavano milioni di dollari di bustarelle per ottenere che i propri figli fossero iscritti anche se i voti non lo meritavano. In Francia, Emmanuel Macron ha deciso di chiudere l' Ecole National d' Administration, più nota con l' acronimo Ena, la scuola da cui sono uscite generazioni della classe dirigente nazionale: una mossa ufficialmente motivata come necessaria per diminuire la diseguaglianza, ma che i suoi critici accusano di populismo.
Potrebbero approfittarne i college dell' Inghilterra, a cominciare da Oxford e Cambridge, "Oxbridge" come vengono chiamate le due rivali gemelle, da sempre in testa alle classifiche internazionali sul rendimento accademico: ma le università inglesi sono preoccupate dalla minaccia della Brexit, che rischia di togliere loro preziosi fondi europei per la ricerca e fare calare il numero di studenti dagli altri 27 paesi della Ue. A cui si aggiungono i piani del laburista Jeremy Corbyn, se andrà al potere alle prossime elezioni anticipate, come predicono alcuni sondaggi, di riformare la scuola superiore, limitando o sopprimendo i licei privati come Eton, sui cui prestigiosi banchi hanno studiato per secoli futuri e primi ministri.
Sembra insomma che tutto d' un colpo l' istruzione più qualificata ed esclusiva sia sconvolta da un tornado con diverse origini ma comunque in grado di renderla irriconoscibile. Cambiando le regole del gioco, ovvero il metodo per conseguire un titolo di studio capace di garantire un lavoro e un reddito sicuri, in un contesto di crescente incertezza, già agitato dalla rivoluzione digitale e dai rapidi sviluppi dell' intelligenza artificiale.
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Se le università migliori sono corrotte, chiudono o perdono finanziamenti, dove bisognerà mandare a studiare i giovani d' oggi e gli adulti di domani? E come si può rendere l' istruzione superiore al tempo stesso più sofisticata e più aperta alle masse, tenendola al passo con il ritmo vertiginoso del ventunesimo secolo? Sono i quesiti che giacciono sotto le pur differenti sfide del momento in America e in Europa per rinnovare il mondo accademico.
Lo scandalo delle università americane è l' aspetto più eclatante del fenomeno. Ha condotto finora all' incriminazione di 50 persone, fra cui l' attrice Felicity Huffman, famosa per il suo ruolo nel serial televisivo "Desperate Housewives". La sua disperazione non era recitata, quando è apparsa in tribunale fra le lacrime, riconoscendosi colpevole di avere pagato almeno 25 mila sterline per fare ammettere la figlia a Yale.
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Non è un caso isolato: le altre università coinvolte nella gigantesca truffa includono Standford, Georgetown, l' Ucla (University of California Los Angeles), la University of Southern California e l' università del Texas. In tutto sono state pagate tangenti per 40 milioni di dollari, con singole bustarelle che vanno da 15 a 75 mila dollari. L' imbroglio consisteva nel cambiare i voti dei test d' ammissione, passare in anticipo le risposte esatte agli studenti o addirittura sostituire gli studenti con esperti in condizioni di prendere i voti più alti.
Altri trucchi: dare a uno studente lo status di "borsa di studio per meriti sportivi", in discipline che nemmeno praticava; o qualificarsi per disabilità che facevano effettuare i test in ambienti protetti, dove era più facile manomettere i risultati degli esami. In un singolo caso, una famiglia ha pagato 1 milione e 200 mila dollari per l' ammissione a Yale. In un altro, una madre pronta a pagare dice all' esaminatore corrotto, senza sapere che la conversazione veniva registrata dall' Fbi: "So che suona folle ma voglio che mio figlio entri all' University of Southern California. E poi voglio che troviate una cura per il cancro e che facciate la pace in Medio Oriente".
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La differenza tra una laurea in un' università americana di élite (dove peraltro si paga già una fortuna per iscriversi: 55 mila dollari l' anno) e una qualsiasi può essere notevole: 100 mila dollari l' anno come primo stipendio contro 40 mila. Ma le statistiche dimostrano che a trarne vantaggio sono mediamente soprattutto gli studenti che provengono da ambienti non privilegiati. Gli stessi che, paradossalmente, faticano di più a ottenere l' ammissione. Perché studiare in quelle università costa molto. E perché le famiglie privilegiate, come si è scoperta ora, comprano posti a peso d' oro.
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Apparentemente l' annuncio del presidente francese sulla soppressione dell' Ena mira appunto a mettere fine a una analoga situazione di privilegio. Se otto ex-presidenti degli Usa sono usciti da Harvard (tra cui Barack Obama, John Kennedy e Franklin Roosevelt), la quale tra i suoi alunni vanta pure i due più famosi ex-studenti mai laureati, Bill Gates e Mark Zuckeberg, poi fondatori di Microsoft e Facebook, se da Yale sono passati Bill Clinton, George Bush padre e George Bush figlio, e se a Stanford hanno studiato i fondatori di Google (Larry Page e Sergey Brin), Instagram Mike Krieger e Kevin Systrom) e Netflix (Reed Hastings), la Ecole National d' Administration disegna un sentiero ancora più stretto e obbligato per la classe dirigente francese: oltre a Macron, lui stesso un énarque, tra i suoi illustri diplomati si contano altri tre presidenti, Valery Giscard d' Estaing, Jacques Chirac e Francois Hollande, vari primi ministri compreso Edouard Philippe, che ha servito sotto Macron medesimo, e innumerevoli capitani d' industria e della finanza, da Henri de Castries dell' Axa a Louis Gallois, ex-amministratore delegato dell' Eads.
EMMANUEL MACRON - DISCORSO ALLA SORBONA
Basti ricordare che Nathalie Loiseau, scelta da Macron per guidare il suo partito En Marche alle elezioni europee della settimana scorsa, era nientemeno che la direttrice dell' Ena.
"Chiuderla è una decisione populista per rispondere alle dimostrazioni dei gilet gialli", dice tuttavia al Financial Times un anonimo top manager che vi ha studiato. "La vera sfida sarebbe aprirla alle classi meno abbienti". Negli anni '50, il 45 per cento degli iscritti veniva dall' alta società; oggi la percentuale è salita al 70 per cento. «Un problema che non riguarda soltanto l' Ena, ma tutte le grandi scuole d' élite francesi», concorda l' ex-ministro della Cultura Jack Lang.
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Macron non è il primo presidente francese che parla di chiudere l' Ena: ci hanno provato anche Chirac e Sarkozy. E dovrà anche decidere se la prestigiosa scuola di stato è un sintomo delle odierne divisioni di classe della società francese o ne è una causa: «Oggi», afferma lo storico Jean Garrigues dell' università di Orleans, «viene percepita come la fortezza della gente che ha il potere ». Sull' altra riva della Manica, in realtà il quadro non è diverso. Il 7 per cento delle famiglie britanniche mandano i figli a studiare nelle costose scuole private (da 25 mila sterline annue di retta in su), da cui esce il 50 per cento della classe dirigente.
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Da Eton sono usciti i principi William e Harry, una dozzina di premier fra cui David Cameron e Boris Johnson, creando un network di contatti e privilegio che prosegue a Oxford e Cambridge, bene illustrato dal Bullingdon Club, la società di studenti in frac che il sabato sera si ubriacavano spaccando tutto, tanto poi pagava papà.
Per questo Corbyn vorrebbe abolire le scuole private e risanare quelle statali. Ma l' altro guaio, per l' istruzione inglese, è perdere 130 mila studenti europei, che avranno bisogno di un visto e pagheranno più del doppio (22 mila sterline l' anno invece di 9 mila) dopo la Brexit. E rinunciare a 90 miliardi euro di fondi Ue per la ricerca che diventerebbero disponibili dal prossimo anno, se la Gran Bretagna restasse in Europa. Si intravede insomma un periodo difficile per tutti. Forse è il concetto stesso di "torre d' avorio" che va ripensato. Non per nulla il termine viene da un verso dell' Odissea in cui Omero distingueva due tipi di sogni provenienti dal regno di Morfeo: i sogni veri che passano dalle porte di corno e quelli fallaci che passano dalle porte d' avorio.
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