Alessia Candito per “la Repubblica”
Un selfie spericolato. O una prova di coraggio. O, ancora, un incidente. Sulla morte di Leandro Celia, tredicenne travolto e ucciso da un treno in corsa mercoledì pomeriggio a Soverato, non c' è ancora alcuna certezza. «Al momento non escludiamo alcuna ipotesi - dice il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri - l' indagine è in corso». Sotto sequestro ci sono la motrice che ha investito il ragazzino e il suo smartphone, trovato miracolosamente intatto.
Ed è proprio in quel telefono che gli esperti della scientifica stanno cercando elementi a conferma della versione dei due amici, con Leandro al momento dell' impatto ma dileguatisi subito dopo.
Agli investigatori della Polfer, i due hanno raccontato di aver visto l' amico sbalzato via per metri e metri e di essersi avvicinati quando il treno è passato oltre.
Ma subito hanno capito che in quel corpo mutilato il cuore non batteva più. Allora sono scappati via, hanno attraversato la larga radura coperta di canne e fichi d' India che separa i binari dal mare e si sono diretti verso la spiaggia. Sulle mani e sui vestiti il sangue di Leandro, nelle orecchie forse il suo ultimo urlo.
Lavate via le tracce dell' incidente, sono tornati verso il paese. Uno è andato a casa, l' altro si è diretto verso la piazzetta che generalmente frequenta. Gli investigatori li hanno rintracciati solo dopo molte ore. «Hanno avuto paura » dice l' avvocato Eliana Corapi, che assiste uno dei due, «erano sotto shock» confermano gli amici della comitiva.
Tutti adolescenti, molti compagni di classe o di scuola. E come ogni giorno ieri riuniti in un noto caffè di Soverato, con wi-fi gratuito e proprietari tolleranti.
«Però è tutto diverso» dicono. Tristi e arrabbiati, piangono l' amico e fanno quadrato attorno agli altri due. «Non si è trattato di un selfie estremo - affermano - non sarebbero stati così stupidi ». A loro, forse ancor prima che agli investigatori, i due superstiti hanno raccontato quell' ultimo pomeriggio trascorso insieme a Leandro, iniziato come tanti altri e finito in tragedia. Appuntamento alle tre, un' oretta a perder tempo in paese, poi la decisione di fare una gita al centro commerciale poco lontano, per mangiare al McDonald' s. Attorno alle 17 erano già di ritorno, a piedi.
Da lì al paese ci sono un paio di chilometri di statale che corre lungo uno stretto marciapiede, separato da campi incolti e un' impervia massicciata dalla ferrovia. Ancora più giù, c' è il mare. «A un certo punto, hanno pensato che dalla spiaggia avrebbero accorciato il tragitto, per questo hanno attraversato i binari» sostiene l' avvocato Corapi. Sarebbe successo nei pressi del torrente Bramante, dove un vecchio ponte ferroviario corre accanto a quello pedonale. Inspiegabilmente scartato dai ragazzi.
«Avevano visto passare un treno - aggiunge il legale - quindi non pensavano che ne sarebbe arrivato un altro». Ma il convoglio, rapido, è apparso alle loro spalle.
Per cercare riparo - hanno raccontato i due superstiti - si sarebbero addossati su un lato del ponte, «mentre Leandro - sottolinea il legale - sarebbe rimasto dal lato più stretto». Altri amici invece raccontano di aver saputo che erano tutti in fila indiana. «È vero - ammettono i ragazzi della comitiva - prima avevano scattato qualche foto, ma di certo non sui binari e non certo selfie estremi ».
SOCCORSI CALABRIA TRENO TRAGEDIA
E fra le lacrime raccontano di quel ragazzino «sempre allegro, sempre sorridente» che adesso non c' è più. Leandro non era del paese, abitava poco lontano, in una delle frazioni arrampicate sulle colline. Per questo, pur di rimanere insieme agli amici, dormiva spesso a casa dell' uno o dell' altro, anche per diversi giorni di seguito. Ma nessuno si infastidiva.
«Era un ragazzo semplice, solare, faceva piacere saperlo vicino» raccontano. «Amava il rischio » ammette più di uno, «spesso capitava che lo sfidassero a fare questa o quella cosa» confessa a mezza bocca un altro. Ma lui ci stava, raccontano tutti, era contento di avere finalmente una vera e propria comitiva.
Timido, solo qualche giorno fa su Facebook aveva raccontato come fosse felice di essere riuscito ad integrarsi. E del "miracolo" ringraziava proprio uno degli amici che era con lui mercoledì pomeriggio. E che lo ha visto morire. Una tragedia che i genitori, per ore rimasti di fronte all' obitorio di Catanzaro in attesa dei risultati dell' autopsia, stentano a realizzare. «Io vorrei solo svegliarmi - dice la madre - e pensare che tutto questo sia un incubo ».