SI FACEVA CHIAMARE “MANUEL BELLO”, IN REALTA’ ERA "MANUEL L'ORRIDO" – ARRESTATO UN 48ENNE DELLA PROVICIA DI NOVARA CHE SI FINGEVA CALCIATORE DELLE GIOVANILI DELLA LAZIO PER ADESCARE MINORENNI – L'UOMO È IN CARCERE PER I REATI DI VIOLENZA SESSUALE E PORNOGRAFIA MINORILE. L’INCHIESTA PARTITA DALLA MADRE DI UNA 12ENNE DI FOGGIA CHE HA SCOPERTO FOTO E VIDEO CHE LA FIGLIA AVEVA INVIATO ATTRAVERSO I SOCIAL…

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Da corrieredelmezzogiorno.it

 

CASO MANUEL BELLO CASO MANUEL BELLO

Si faceva chiamare sui social «Manuel Bello», spacciandosi per un 16enne calciatore delle giovanili della Lazio, ma in realtà aveva una doppia vita: «da un lato padre, marito e capo dell’azienda di famiglia, dall’altro - dicono gli inquirenti - sedicente minorenne alla ricerca di coetanee da raggirare per i suoi istinti sessuali deviati».

 

Per un 48enne della provincia di Novara sono scattate le manette con le accuse di violenza sessuale aggravata, pornografia minorile e sostituzione di persona. Le sue vittime, quattro adolescenti tra i 12 e i 15 anni residenti in Puglia, Lazio, Veneto e Lombardia, si sarebbero infatuate di quel giovanissimo atleta, ingannate da false identità digitali e profili social fake, creati utilizzando immagini private di un ignaro coetaneo.

 

 

I contatti

A dare avvio alle indagini della Polizia postale, coordinate dal pm di Bari Ignazio Francesco Abbadessa, è stata la mamma di una 12enne pugliese, che aveva trovato in un cloud collegato ad un account famigliare, condiviso anche dalla figlia minorenne, immagini intime autoprodotte. La ragazzina, hanno accertato i poliziotti, aveva creato video e foto che aveva poi inviato, su richiesta, ad un fidanzato virtuale, che diceva di essere 16enne, conosciuto su un social network.

 

CASO MANUEL BELLO CASO MANUEL BELLO

Lui le aveva detto di essere di Milano, ma di vivere a Roma, in quanto giocatore di calcio delle giovanili della Lazio e, inizialmente, aveva spiegato che non poteva mostrarsi in volto per regole della società calcistica. Quando la 12enne è stata ascoltata dagli investigatori ha raccontato di aver parlato telefonicamente con quella che si spacciava per la madre del ragazzo e di aver visto e parlato in videochiamata con un uomo che diceva di essere l’allenatore per avere, in deroga alle fantomatiche regole calcistiche di divieto di avere relazioni sentimentali per i giocatori, il consenso a continuare il rapporto.

 

 

La ricostruzione

L’allenatore era in realtà l’indagato, che aveva creato e registrato il profilo Instagram «manuelbello», spacciandosi per un adolescente giocatore di calcio, con circa 1.500 follower, prevalentemente ragazze minorenni. Con alcune di queste «prede» avrebbe intrattenuto per mesi «relazioni amorose virtuali».

 

Con una di loro aveva anche concordato un incontro nella sua città e, simulando di essere lo zio del ragazzo, l’aveva invitata a salire in auto per accompagnarla dal nipote, invito fortunatamente declinato dalla ragazza, che era andata all’appuntamento con un’amica. Alle vittime il 48enne, ora finito in carcere, chiedeva video e foto intime, dicendo poi «di cancellarli - si legge negli atti - altrimenti poteva accadere che li vedessero i genitori e così avrebbero potuto impedire di continuare la loro storia d’amore».

CASO MANUEL BELLO CASO MANUEL BELLO

 

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