Andrea Galli per il ''Corriere della Sera''
la storia dell ingegnere insonne dal corriere
Nove giorni senza dormire e meno di trenta secondi per sfilarsi la cintura dai pantaloni, strangolare la madre, poi deceduta il quattro gennaio dopo una lunga agonia, per correre sul ballatoio e provare a uccidersi lanciandosi nella tromba delle scale, dal secondo piano. Prima che nella violenza esplosa la vigilia di Natale, quando il 35enne Giovanni Bonelli aveva aggredito Gemma Majerotto, insegnante in pensione, le origini dell’omicidio vanno cercate indietro nel tempo.
Da quando l’ingegnere, per cause ancora sconosciute nonostante il lavoro intenso degli investigatori (il pm Gianfranco Gallo e i carabinieri della compagnia Porta Monforte), aveva irrimediabilmente perduto il sonno.
Bonelli, sposato e padre di due bimbi, ricoverato in gravi condizioni (in coma indotto, con fratture ovunque, impossibile interrogarlo), aveva invano provato e riprovato. Fin quando aveva deciso di andarsene in montagna per un’intera giornata, e sciare con furia, nella speranza di stancarsi così tanto da accasciarsi sul letto. Nulla. Rientrato nella sua bella casa, convinto che il «rumore» dei figli non lo aiutasse, aveva chiamato la madre, 68enne ex docente dell’istituto tecnico commerciale Schiaparelli-Gramsci, e le aveva chiesto di ospitarlo. Permesso accordato.
L’ingegnere, che durante i nove giorni sembra si sia anche rivolto - di nuovo senza risultati - allo psicologo di un ospedale pubblico per ricevere qualche aiuto, sotto forma di consigli o meglio di medicinali, si era trasferito nell’appartamento dei genitori in un palazzo residenziale in zona Piola a Milano. E lì s’ignora se sia riuscito o no nell’intento di riposare. Ugualmente s’ignora per quale motivo, alle 14.30 del 24 dicembre, abbia assalito la mamma.
C’erano solo loro due (il papà è morto). Sentito il trambusto della colluttazione e probabilmente le urla di terrore della donna, alcuni vicini sono usciti, hanno visto la porta lasciata aperta da Giovanni nella sua corsa verso il suicidio, sono entrati, hanno dato l’allarme. E gli investigatori hanno cominciato l’attività. Al momento la vita dell’ingegnere, che secondo fonti sia famigliari che investigative non abusa di droghe, non esagera con gli alcolici e non frequenta giri strani, alla larga da balordi e cattive compagnie, non presenterebbe punti oscuri. Non ci sarebbero «cause» di natura economica.
Lo stipendio c’è ed è di livello, quantomeno tale da garantire una solida tranquillità; non sono emerse di recente improvvise e ingenti spese; sono stati esclusi problemi di salute della moglie o dei bimbi; men che meno l’iniziale esame di Procura e carabinieri evidenzierebbe nemici esterni nella scia di Bonelli, usurai o creditori vari che siano. L’ingegnere non è caduto dentro qualche vizio, non gioca a nulla e anzi pare parsimonioso nella gestione del denaro.
Forse l’insonnia è stata la conseguenza di un forte stress, forse è legata a una forma di depressione che covava e che si sarebbe acuita. Probabilmente, elementi utili arriveranno dalla moglie, che a breve verrà risentita, e alla quale verrà chiesto se il rapporto con Giovanni era peggiorato oppure aveva avuto delle fratture che avevano fatto precipitare l’ingegnere nella disperazione. I colleghi di lavoro, ascoltati dagli investigatori, non hanno accennato a difficoltà in azienda che gli avrebbero tolto serenità.
effetti della privazione del sonno insonnia
Infine i parenti di Bonelli non hanno idea riguardo a eventuali rancori tra madre e figlio, ma del resto se ci fossero stati, forse Giovanni non avrebbe chiesto aiuto a Gemma, ricordata a scuola come docente brava e preparata, con una naturale propensione a occuparsi degli studenti «difficili». Si cercheranno riscontri anche nella struttura ospedaliera alla quale l’ingegnere si era rivolto; inizialmente era stato detto che fosse seguito da uno psichiatra da mesi, ma questo non risulterebbe.
Rimane l’insonnia, impossibile da vincere. Una fatica infinita ad addormentarsi di contro a una facilità estrema nel risvegliarsi, per ogni minimo suono, anche se flebile e in un’altra stanza dell’appartamento. Non un tipo violento, Giovanni, non uno rapido nell’adirarsi e attaccare il prossimo; non uno che in famiglia alza quotidianamente il tono delle conversazioni e fomenta lo scontro.
La mamma è stata quasi asfissiata, perché l’obiettivo era proprio quello di ammazzarla. Bonelli era convinto d’esserci riuscito.