Lavorava da cinque anni in un'azienda ligure che costruisce yacht. E in quell'azienda si era guadagnato la fiducia dei capi grazie alle sue doti di pubbliche relazioni, padronanza delle lingue (ne parla cinque), versatilità. Poi l'assunzione, e con essa il demansionamento a semplice guardiano, con la caduta nel vortice della droga, fino allo spaccio e alla condanna, nel 2015. Oggi però è l'azienda ad essere condannata. A risarcire il suo ex factotum.
L'esperienza nell'azienda ligure - La storia, raccontata dal "Corriere della Sera", riguarda Nabil M., 37 anni, tunisino, che aveva cominciato a lavorare in un'azienda di Ameglia (La Spezia) nel 2008. Aveva saputo farsi apprezzare, tanto da diventare l'autista e l'uomo di fiducia del presidente, che lo voleva accanto anche per trattare con i clienti e che gli chiedeva ore e ore di straordinario: ne faceva oltre 800 all'anno.
L'arresto nel milanese - Nel 2013 Nabil chiede l'assunzione. Che gli viene concessa, ma con un crollo delle sue mansioni: da uomo di fiducia del capo diventa "custode dentro un gabbiotto". Ed ecco il crollo: Nabil comincia a far uso di droghe e arriva addirittura a spacciare cocaina, reato per cui viene arrestato a Sesto San Giovanni (Milano), il 30 luglio 2014, per poi essere condannato nel gennaio 2015.
Ma la giustizia civile racconta, della storia di Nabil, un'altra verità. Perché il tunisino presenta ricorso al Tribunale del lavoro, e i giudici, dopo aver sviscerato la sua storia, emettono un'altra sentenza: Nabil è stato vittima di un "illecito" super-lavoro, è "crollato" dopo il "demansionamento", quando le sue speranze di carriera sono cadute, speranze sulle quali aveva "investito troppo".
Il demansionamento e il crollo psicologico - Ecco dunque che il Tribunale di La Spezia riconosce al lavoratore deluso e frstrato un risarcimento di 52mila euro. Nella loro sentenza i giudici scrivono che Nabil, "pur se inquadrato come autista godeva in azienda di una posizione di rilievo, essendo autista del presidente e almeno per un certo periodo persona di sua fiducia, in grado di interloquire con la clientela (parlava più lingue)", inserito insomma tra i vertici aziendali.
Da quel ruolo Nabil è stato declassato a "custodia e giardinaggio" in cambio dell'assunzione a tempo indeterminato. Un ruolo che a lui non è mai andato giù, tanto che si è prima messo in malattia e poi si è licenziato. Fino alla sentenza di oggi.