Belle, calde, indimenticabili le serate spagnole, quando verso le 10 sei quasi pronto per una cena a base di tapas e tortillas davanti al mare, circondato da luci e colori, in un brulicare di locali che proprio in quei momenti vivono la frenesia delle ore di punta.
Quella stessa ora in cui, in buona parte degli altri Paesi, il personale comincia invece a intravedere la fine di una lunga giornata lavorativa.
Ma in Spagna, no. In Spagna, questo non accade.
In Spagna, non si pranza prima delle 14 e non si cena prima delle 21, o anche delle 22. Sempre.
Orari impensabili per noi, che abbiamo quasi sempre attribuito questa particolare usanza al clima della penisola oppure al carattere mediterraneo degli spagnoli. Ma la reale causa ha invece origini ben più precise, chiare e circostanziate.
Gli spagnoli, infatti, convivono da ben 70 anni con un fuso orario sbagliato.
Osservando una cartina geografica, infatti, si nota subito che la Spagna si trova sulla stessa longitudine di Inghilterra e Portogallo, una posizione che la collocherebbe, come orario, nella fascia del meridiano di Greenwich, cioè indietro di un’ora rispetto a quella vigente.
La Spagna, però, non segue questa fascia oraria, ma è invece allineata al fuso orario di Berlino e Roma, vale a dire un’ora più avanti. Questo perché nel 1940 il Generale Francisco Franco decise di variare la fascia oraria spagnola, in segno di solidarietà con la Germania nazionalsocialista.
Devastati dalla guerra civile, gli spagnoli all’epoca avevano ben altri pensieri per la testa che non il fuso orario, e continuarono con le abitudini di sempre, compresi gli orari dei pasti. Ma a causa dello slittamento in avanti di un’ora, il loro pranzo delle 13, ora solare, slittò alle 14, e lo stesso accadde per l’orario della cena, che dalle 20, ora solare, slittò alle 21.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nessuno pensò di tornare all’originale fuso orario, che rimase quello stabilito da Franco.
Ed è questa la vera causa dei particolari orari seguiti dagli spagnoli: essere di 60 minuti avanti rispetto all’ora solare significa infatti che la Spagna vive in una continua ora legale, che diventano due durante i mesi in cui l’ora legale vige negli altri Paesi.
Una situazione che regala alla Spagna lunghe serate estive e tramonti alle 10 di sera, per la gioia dei turisti ma anche di albergatori e ristoratori locali. Per questo le amministrazioni delle isole Baleari, meta di frotte di turisti, sono contrarie a un ritorno al corretto fuso orario.
Ma per molti altri spagnoli, vivere nel fuso orario sbagliato comporta anche conseguenze negative, come depressione e bassa produttività.
La giornata lavorativa spagnola inizia infatti alle 9 di mattina (cioè le 8 ora solare). Tra le 14 e le 16 c’è una lunga pausa, dopodiché si ritorna al lavoro fino alle 20. Lavorando così a lungo, agli spagnoli rimane tempo per se stessi e per socializzare soltanto la sera tardi: i programmi televisivi di prima serata, infatti, non vanno in onda prima delle 22.30.
Se invece si tornasse al corretto fuso orario, il sole “sorgerebbe” un’ora prima e gli spagnoli si sveglierebbero più naturalmente, i pasti sarebbero anticipati di un’ora e si potrebbe godere di più sonno.
In passato gli spagnoli hanno compensato le lunghe giornate lavorative concedendosi una lunga pausa caffè a metà mattina e una pausa pranzo di due ore, la classica siesta.
Peccato che oggi non sia più così, e che quasi il 60% degli spagnoli non si conceda mai un intervallo: i proprietari di imprese ricettive nelle principali città turistiche del paese, infatti, tengono i locali aperti durante la pausa di mezzogiorno per soddisfare i turisti, non dando modo al personale di usufruire di alcun riposo.
Da segnalare che nel 2016, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy ha annunciato l’intenzione del governo di pianificare una nuova agenda della giornata lavorativa, che dovrebbe andare dalle 8 di mattina alle 17/18 di sera.
Anche se per modificare abitudini consolidate da decenni non basterà certo un decreto governativo. E intanto, le lunghe giornate spagnole, continuano.