Carlo Bonini e Giuliano Foschini per “la Repubblica”
I sequestratori, torturatori e assassini di Giulio Regeni si sono mossi con un' unica regia e con il pieno coinvolgimento di alti ufficiali degli apparati di sicurezza egiziani: il "Dipartimento per le attività sindacali e le organizzazioni politiche illegali" della National Security, il Servizio segreto interno, e il Dipartimento di polizia delle Investigazioni municipali del Cairo. Si tratta di dieci uomini, ora compiutamente identificati: due generali, due colonnelli, un maggiore, tre capitani e due agenti.
Oggetto di un'ultima rogatoria, trasmessa ieri alla Procura generale egiziana dal procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone e dal sostituto Sergio Colaiocco, in cui cadono anche le ultime diplomazie lessicali. Un documento che consente di compiere un ulteriore, significativo passo, lungo la tortuosa strada che porta alla verità sul movente, gli autori e i mandanti dell' omicidio di Giulio.
«Questo ufficio - si legge in uno dei passaggi chiave della rogatoria - alla luce delle risultanze sin qui acquisite ritiene che Giulio Regeni, denunciato da Mohammed Abdallah (ex leader del sindacato degli ambulanti, ndr) prima del dicembre 2015, sia stato oggetto di accertamenti, per un non breve periodo, ad opera di ufficiali degli apparati di sicurezza egiziani.
Questi ultimi, nel ricostruire le indagini effettuate, hanno riferito, tra molte reticenze, fatti non conformi al vero e ciò sia in ordine ai tempi e ai modi dell' attività svolta a gennaio 2016, sia in ordine alla perquisizione del 24 marzo 2016 che portò al ritrovamento dei documenti di Giulio Regeni».
VIGNETTA GIANNELLI - AL SISI COLLABORA SUL CASO REGENI
E ancora: «Orbene il perimetro investigativo che conduce ad apparati pubblici, rafforzato dagli accertati rapporti tra coloro che hanno rinvenuto i documenti di Regeni e coloro che lo avevano attenzionato nel gennaio precedente, appare non in contrasto con la circostanza che i soggetti responsabili dei fatti dovevano disporre di un luogo di detenzione dove Giulio Regeni è rimasto sequestrato almeno una settimana e che detto luogo doveva avere una doppia caratteristica: essere idoneo alle torture che sono state riscontrate e che tali torture fossero inflitte senza che terzi estranei ne venissero a conoscenza».
Le evidenze che consentono oggi alla Procura di Roma di chiedere in tempi stretti alla Procura egiziana di poter direttamente interrogare al Cairo i dieci uomini degli apparati, alcuni ambulanti e il coinquilino di Giulio, un giovane avvocato che lasciò che i Servizi egiziani visitassero la casa in cui abitava durante la sua assenza nel Natale 2015, appaiono tetragone. È certo infatti - come ricostruisce la Procura di Roma, sulla base anche dell' ulteriore sviluppo che poliziotti dello Sco e carabinieri del Ros hanno fatto dei tabulati telefonici degli indiziati - che la denuncia con cui Abdallah consegnò Giulio ai suoi carnefici fu raccolta da un generale e un capitano del Dipartimento delle investigazioni municipali della Polizia egiziana.
E che quella denuncia, per la sua delicatezza, venne immediatamente girata al Dipartimento per le attività sindacali e le organizzazioni politiche illegali della National security, in un periodo compreso tra la fine di novembre e i primi giorni di dicembre 2015. Lo dimostra la circostanza che la visita ai mercati Ramses del Cairo organizzata da Abdallah a beneficio di Regeni l' otto dicembre di quell' anno fu una messa in scena che doveva servire a conquistare la fiducia del ricercatore italiano e confonderlo sulle reali intenzioni di Abdallahh.
È certo altresì che i cinque innocenti cui, il 24 marzo 2016, fu attribuita la responsabilità della morte di Giulio, furono assassinati a sangue freddo da almeno due uomini della National Security, ora indagati al Cairo per omicidio premeditato e falso. I cinque furono infatti finiti con colpi alla nuca e un testimone ha riferito ai magistrati egiziani di aver visto il disperato tentativo di uno delle vittime di sottrarsi al suo destino, prima di essere raggiunto dai due uomini dei Servizi per essere ucciso in strada e quindi ricollocato a bordo del furgone bianco che doveva simulare un inseguimento dopo un posto di blocco.
Di più: il colonnello - sempre del Servizio segreto egiziano - che fu visto collocare i documenti di Giulio nella casa di uno dei cinque innocenti assassinati contattò telefonicamente tra la fine di gennaio e marzo 2016 il generale e il capitano del Dipartimento delle Investigazioni municipali che avevano raccolto la denuncia di Abdallah.
Contatti telefonici emergono anche su almeno tre utenze comuni tra gli uomini del Dipartimento che alla National Security prese in carico Regeni e il gruppo, dello stesso Servizio, che, in marzo, organizzò la macabra messa in scena del ritrovamento dei documenti di Giulio e l' esecuzione della banda dei cinque.
il manifesto prima pagina con gli articoli di giulio regeni dopo la morte
Tre utenze che proverebbero, appunto, una regia comune e ragionevolmente l' esistenza di un secondo livello. Quello dei mandanti della morte di Giulio o di chi, quantomeno, si mosse per coprirli.