F.Fla. per il “Corriere della sera”
«Non ricorda di aver detto subito dopo l' omicidio di Cerciello che gli aggressori fossero magrebini: l' unica cosa che ha detto in quel momento, in cui era sotto choc per quanto accaduto, è che si trattava di persone con accento straniero». Tramite il suo avvocato fresco di nomina, Andrea Volpini, Sergio Brugiatelli (ri)smentisce se stesso nel tentativo di chiamarsi fuori da questa storia.
L' uomo a cui i due ragazzi americani rubarono lo zaino dopo che il 47enne presentò loro il pusher Italo Pompei (con la tachipirina al posto della cocaina) continua a cambiare versione su quella sera.
I carabinieri sostengono che nel denunciare il furto e il tentativo di estorsione subiti Brugiatelli parlò di due nordafricani. E lui stesso l' ha confermato in un' intervista, sostenendo di aver avuto paura di rivelare la loro identità (nonostante stesse conducendo Cerciello e Varriale ad arrestarli). Poi, nel verbale successivo al delitto, ha sottolineato che i due ragazzi al telefono avevano un «accento inglese».
E questo senza aver mai avuto la possibilità di riparlarci, dunque senza elementi per cambiare idea. «Non sono un pusher né un informatore.
Nello zaino c' erano le chiavi della casa dove vivo con mio padre malato, mia sorella e mio nipote. Ho avuto paura - aggiunge - che potessero far del male a loro, così ho chiesto aiuto al 112. Le stesse minacce che avevano rivolto a me, sono state ripetute quando con il telefono in viva voce ho richiamato di fronte ai carabinieri». L' avvocato annuncia che il suo assistito si costituirà parte civile per il furto subito e la tentata estorsione.
SERGIO BRUGIATELLI CON I DUE AMERICANI
2 - "NELLO ZAINETTO C'ERANO LE CHIAVI DI CASA MIA"
Edoardo Izzo per “la Stampa”
Da un lato le indagini, ormai cristallizzate, sull' omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri, Mario Cerciello Rega. Dall' altro quelle appena partite sulla foto scattata a Christian Gabriel Natale Hjorth, il 19enne americano accusato in concorso con il suo connazionale, Finnegan Lee Elder. Sono i due binari su cui si muovono i carabinieri del Nucleo Investigativo, coordinati dalla procura di Roma, che anche ieri sono tornati all' hotel Le Meridien per acquisire ulteriori elementi. Insieme con loro i legali dei ragazzi, l' avvocato Roberto Capra e il collega Francesco Petrelli.
Obbiettivo del sopralluogo tecnico: repertare tracce biologiche e impronte digitali dei due. Gli investigatori puntano, in primo luogo, a individuare le tracce papillari nella zona del controsoffitto, dove era stato nascosto il coltello con cui Elder ha colpito 11 volte Cerciello.
La stanza resta comunque sotto sequestro: all' attenzione degli inquirenti anche gli indumenti indossati dai ragazzi e tutto ciò che era presente nelle loro valigie. «Vogliamo blindare il più possibile la scena del crimine», spiegano gli investigatori, che aggiungono: «Abbiamo solidi elementi probatori, non solo la confessione. Soprattutto le immagini delle videocamere e l' arma del delitto».
MARIO CERCIELLO REGA E ANDREA VARRIALE
Prove granitiche, anche se restano alcuni dubbi. Per la prima volta ieri pomeriggio ha parlato - tramite il suo legale, Andrea Volpini - l' uomo del borsello: Sergio Brugiatelli. Il 47enne disoccupato ha smentito parzialmente quanto affermato dall' Arma: «Non ho mai detto che gli aggressori fossero magrebini, ma solo che si trattava di persone con accento straniero».
Una versione diversa rispetto a quella data due giorni fa in conferenza stampa dal comandante Provinciale, Francesco Gargaro: «Brugiatelli - aveva affermato - ci aveva riferito che erano magrebini, perché aveva il timore di dire che conosceva gli autori dell' omicidio e non voleva essere associato al fatto». Brugiatelli ha confermato solo di aver temuto per sé e per la sua famiglia: «Avevano preso lo zainetto con dentro chiavi di casa e documenti: per questo ho chiamato subito il 112», ha spiegato.
Intanto proseguono anche le indagini sulla foto di Hjorth ammanettato e bendato nella caserma di via In Selci che ha spinto ben due procure - quella della Capitale e quella Militare - ad aprire un fascicolo d' indagine, al momento contro ignoti, in cui si ipotizza il reato di rivelazione di segreto d' ufficio.
Al momento è iscritto sul registro degli indagati un sottufficiale dell' Arma, già trasferito a un incarico non operativo, cui il procuratore facente funzioni, Michele Prestipino e l' aggiunto Nunzia D' Elia, contestano il reato di abuso d' ufficio. Resta ignota l' identità del militare che ha fatto lo scatto e quella dell' eventuale complice che l' ha veicolata via WhatsApp ai media.
La foto che in pochi minuti ha fatto il giro del mondo e che ora rischia di compromettere l' intera inchiesta.
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