1. VIVERE COSTA
Filippo Facci per "Libero quotidiano"
«Per non parlare delle spese: ogni mese spendiamo circa 50 milioni di euro per curare i no vax». Ecco, per non parlare: e allora non ne parli, dottor Walter Ricciardi del ministero della Salute. Perché è un argomento efficace, ma gli altri argomenti già bastano e avanzano: meglio non monetizzare la spesa sanitaria per categorie, e inevitabilmente per stili di vita.
Mentre lei parlava, dottore, la Nuova Zelanda preparava la legge che impedirà di vendere tabacco ai nati dopo il 2008 (in Buthan è già vietato dal 2004) mentre l'opposizione sostiene che vada proibito totalmente l'alcool. Nei paesi anglosassoni vogliono negare la mutua agli obesi, l'Unione europea imporrà etichette terrorizzanti per cibi e vini come per le sigarette, prima o poi il peso dei bambini diverrà un voto sulla pagella (accade negli Usa) e insomma saremo sempre più invasi da «valutazioni dei rischi», e chissà quando ci accorgeremo che i giocatori di calcetto, nei reparti di traumatologia, sono una voce di spesa mostruosa.
Ma la misura dell'amministrazione pubblica non può ridursi a una capacità di imporre divieti per ragioni economiche: altrimenti rischiamo di accorgerci che la prima e più costosa causa di morte è appunto la vita, e che non c'è patologia che non sia riconducibile a una dimensione comportamentale dell'esistenza. Dicono che la vita sia una malattia terminale, ma il vaccino ancora non c'è.
2. LA GUERRA AL FUMO IN NUOVA ZELANDA
Andrea Marinelli per il "Corriere della Sera"
La Nuova Zelanda ha intenzione di vietare per sempre alle giovani generazioni l'acquisto di sigarette: secondo la proposta di legge anticipata giovedì 9 dicembre, i ragazzi che nel 2027 avranno fino a 14 anni (nati dunque dal 2013 in poi) non potranno acquistare tabacco per tutta la loro vita.
La legge limita anche il numero di rivenditori autorizzati e i livelli di nicotina presente nei prodotti e, se approvata, sarebbe la seconda norma più restrittiva del pianeta nei confronti dell'industria del tabacco. «Vogliamo essere certi che i giovani non inizino mai a fumare, per questo renderemo un reato la vendita o la fornitura ai ragazzi di prodotti al tabacco», ha reso noto la ministra associata alla Salute della Nuova Zelanda, Ayesha Verrall, spiegando che l'impegno per «abolire» il fumo sta procedendo troppo lentamente.
«Se non cambiasse nulla, ci vorrebbero decenni prima che il tasso di fumo dei Maori scenda al di sotto del 5%, e questo governo non è disposto a lasciare indietro nessuno». In un Paese di 5 milioni di abitanti, il governo stima che l'11,6% dei cittadini di età superiore ai 15 anni fuma, una percentuale che sale al 29% tra gli adulti Maori: 4 fumatori su 5, inoltre, hanno iniziato prima dei 18 anni.
Per questo l'esecutivo si consulterà con una task force sanitaria dei Maori nei prossimi mesi, prima di presentare la proposta di legge in Parlamento nel giugno del prossimo anno: l'obiettivo è di ottenere l'approvazione entro la fine del 2022. Le restrizioni verrebbero poi implementate gradualmente a partire dal 2024: prima una forte riduzione del numero di venditori autorizzati, poi una riduzione del livello di nicotina nel 2025 e infine la creazione di una generazione «smoke-free» a partire dal 2027.
Queste misure renderebbero di fatto la Nuova Zelanda - dove ogni anno circa 5 mila persone muoiono per malattie legate al consumo di tabacco - un avamposto mondiale della guerra al fumo, un passo dietro al Bhutan, dove la vendita di sigarette è completamente vietata. L'Australia è stato invece il primo Paese al mondo a imporre nel 2012 i pacchetti privi di marchio.
Secondo il governo neozelandese, le misure esistenti hanno rallentato il consumo di tabacco, ma per raggiungere l'obiettivo stabilito - limitare cioè a un massimo del 5% della popolazione i fumatori giornalieri entro il 2025 - sono necessarie misure più dure: la nuova legge, sostiene l'esecutivo, dimezzerebbe i tassi di fumo nel Paese in soli 10 anni.
Se le autorità hanno accolto con favore la proposta di legge presentata dal governo, i rivenditori hanno espresso preoccupazione per l'impatto economico della norma e, soprattutto, hanno messo in guardia contro il mercato nero.