Katia Riccardi per repubblica.it
È morto Joaquín Navarro Valls, a lungo direttore della sala stampa vaticana, portavoce di San Giovanni Paolo II. Ottant'anni compiuti lo scorso novembre, era malato da tempo. Una vita lunga e piena, durante la quale ha ricoperto in maniera indimenticabile e instancabile, l'incarico di messaggero pubblico di Wojtyla.Con discrezione è stato interprete fedele e attento di una delle figure più autorevoli e incisive del secolo scorso.
Restò dietro il Papa e di fronte ai giornalisti per più di vent'anni, raccontò viaggi, consegnò parole, le tradusse, ne fece titoli, dal 1984 fino alle dimissioni, che rassegnò l'11 luglio 2006 quando papa Ratzinger nominò come suo successore il presbitero gesuita Federico Lombardi. Fu Navarro stesso, dopo aver continuato il suo lavoro per oltre un anno, a chiedergli di essere sollevato dall'incarico. Dal 2007 fu presidente dell'Advisory Board della Università Campus Bio-Medico di Roma.
Navarro Valls nacque a Cartagena in Spagna il 16 novembre 1936 da Joaquin Navarro, avvocato di successo, e da Conchita Valls, madre di altri quattro figli. Studiò alla scuola 'Deutsche Schule' nella sua città natale, per poi passare Medicina alle università di Granada e di Barcellona. Volò in America con una borsa di studio dall'università americana di Harvard dove si laureò "summa cum laude" in Medicina e chirurgia nel 1961, continuando gli studi per un dottorato in Psichiatria. In questo stesso periodo insegnò come assistente alla Facoltà di medicina.
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Poi nel 1968 conseguì la laurea in Giornalismo alla facoltà di Scienze della comunicazione all'università di Navarra a Pamplona. Il mondo intorno che cambiava veloce, da raccontare, e nel 1980 Navarrò si laureò in Scienze della comunicazione. Le sue biografie lo raccontano come un personaggio inarrestabile, poliglotta, appassionato di sport, elegante come un hidalgo, carismatico. Da reporter fu corrispondente per Nuestro Tiempo, poi per il quotidiano di Madrid ABC, inviato. In Egitto, Grecia, Israele, Algeria, Turchia, nei paesi dell'Africa Equatoriale, in Giappone e nelle Filippine, fino alla Polonia comunista, il campo base a Roma, la stima dei colleghi. Giovanni Paolo II lo chiamò in Vaticano quando Navarro era presidente della Stampa estera in Italia.
"Ma come si fa dire di no a un Papa?" ricordò in seguito lo stesso Navarro. La sua giornata di lavoro, soprattutto all' inizio, non conosceva tregua: "Sono in contatto con tutto il mondo 24 ore su 24 - amava raccontare -. Di giorno mi chiamano da Europa e Africa, di sera e di notte dall'America, prima dell'alba da Giappone e Asia". Per oltre vent'anni ha ricoperto il ruolo di direttore della sala stampa della Santa Sede trasformando la sala stampa vaticana in una macchina a totale servizio dell'immagine pubblica del Papa.
NAVARRO VALLS PAPA GIOVANNI PAOLO II
Di lui si raccontano tante storie, come quella che Navarro vedesse di rado i giornalisti accreditati in Vaticano. Il suo ufficio descritto come quasi inaccessibile, "sbarrato da segretarie cerbero e da una vetrata a comando" scrive Sandro Magister. E tra giornalisti, descrive i suoi prediletti, come l'americano Greg Burke, numerario con voto di celibato, appartenente all'Opus Dei, come lui, e che oggi, direttore della stessa Sala stampa vaticana, l'ha ricordato pubblicamente con un tweet in cui lo definisce "grazia sotto pressione".
Navarro fu un membro laico della prelatura cattolica dell'Opus Dei e negli anni 1970-75 si trasferì a vivere nella nella sede romana con Monsignor Josemaría Escrivá, il fondatore della Prelatura della Santa Croce. Prese l'impegno di vivere il celibato. Quando un giornalista gli domandò del suo voto, rispose: "La castità riguarda i religiosi. Invece la mia è una scelta di vita e di comportamento. In ogni caso...non è stato difficile. Nella vita ogni scelta comporta la necessità di lasciarsi dietro qualcosa: ogni volta che si dice di sì a qualcosa si sta dicendo anche di no a tante altre. Quelli che vogliono tutto finiscono col non sposare mai una vera idea, rimanendo alla fine sterili".
Navarro non ha mai mancato di rimarcare, i suoi successi. Il formidabile colpo di aver dato alle stampe il libro più letto di Giovanni Paolo II: l'intervista curata da Vittorio Messori, Varcare le soglie della speranza. O il viaggio di Giovanni Paolo II a Cuba nel gennaio del 1998, che ha sempre descritto come il proprio capolavoro diplomatico, quando, raccontava, fece breccia nel cuore di Fidel Castro con un interminabile colloquio notturno all'Avana in cui i due parlarono di tutto, fino alla vita su altri pianeti.
O come quando investigò sull'assassinio del comandante delle Guardie Svizzere Alois Estermann, ucciso in Vaticano il 4 maggio 1998 con la moglie Gladys dal suo sottoposto Cedric Tornay, che poi si tolse la vita. A notte fonda, poche ore dopo l'omicidio, fu proprio Navarro a dare una prima soluzione: "Scoppio di follia nella logica di un conflitto personale", disse. Frustrazioni di un giovane alabardiere ripetutamente ammonito dal comandante per le sue mancanze. E come prova fornì due lettere che aveva rinvenuto.
Navarro ha svolto un ruolo fondamentale negli ultimi sei mesi del pontificato di Wojtyla, quando la sua competenza di medico si rivelò fondamentale per comunicare alla stampa le condizioni di salute del Papa polacco. Durante la veglia al Circo Massimo, a Roma, alla vigilia della beatificazione di papa Woitjla, durante la sua testimonianza, un morso alle labbra gli impedì di non piangere. "Di fronte alla beatificazione di Giovanni Paolo II ho gli stessi sentimenti che ho provato immediatamente dopo la sua morte: un grande senso di ringraziamento a questa persona, a questo Papa che aveva detto di sì a Dio in tutta la sua vita".
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