Dagotraduzione dal Daily Mail
La Commissionale nazionale per lo sviluppo e la riforma cinese ha proposto di vietare qualsiasi investimento privato nella «raccolta, redazione e trasmissione di notizie». In poche parole, la Cina vuole vietare tutte le testate giornalistiche non finanziate dal Partito Comunista.
Secondo il South China Morning Post, uno dei giornali che potrebbero essere coinvolti nella riforma, le leggi che controllano chi può finanziare la raccolta di notizie sono in vigore dal 2005. Ma la loro applicazione, fino ad oggi, è stata permissiva e circoscritta ai giornali cartacei, consentendo all’online di proliferare.
La nuova legge, che è stata redatta dalla Commissione nazionale, è attualmente in fase di revisione e dovrebbe colmare questa scappatoia. Così almeno risulta leggendo il Market Access Negative List, la lista che indica i settori in cui gli investimenti privati, cioè soldi che non provengono direttamente dallo Stato o da società statali, sono vietati o limitati. È qui, al sesto punto, che viene elencato un divieto ampio e quasi totale di investimenti privati in tutti i tipi di media, dalle agenzia di stampa, alla radio, alla Tv e ai contenuti online.
La norma vieterebbe anche alle società private di trasmettere in diretta qualsiasi cosa abbia a che fare con «politica, economia, esercito e affari esteri, o importanti attività o incidenti nella società, nella cultura, nella tecnologia, nella salute, nell’istruzione e nello sport».
Ai media di proprietà private sarebbe vietato «introdurre notizie rilasciate da enti stranieri», il che fa pensare che anche i media che operano all’interno della Cina potrebbero essere coinvolti nel divieto.
Un docente in pensione dell’Università dello Shanxi ha detto a Radio Free Asia che il Partito Comunista «si sta accertando di controllare il suo messaggio. Vuole una voce dominante per governare su tutto. Il messaggio è molto chiaro: non scherzare con i media» ha detto.