ADESSO TUTTA LA CASTA, ALFANO IN PRIMIS, ATTACCA FIORITO INTIMANDOGLI DI LASCIARE LA POLITICA PER SEMPRE - PECCATO CHE LA LISTA DI QUELLI CHE SONO STATI COLPITI DA BUFERE GIUDIZIARIE EPPURE SONO ANCORA ATTACCATI ALLA POLTRONA È LUNGA - DA FORMINCHIONI E SCAJOLA, FINO A PENATI, VERDINI, VENDOLA, COSENTINO E ROSI MAURO…

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Emiliano Fittipaldi per "L'Espresso"

FRANCO FIORITO E L'AVVOCATO TAORMINAFRANCO FIORITO E L'AVVOCATO TAORMINA

A casa! A casa! ha gridato Angelino Alfano dopo lo scandalo scatenato da Franco "Er Batman" Fiorito. «Tutti i consiglieri del Lazio alle prossime elezioni dovrebbero rimanere a casa! Sono pronto a un patto con il Pd e gli altri partiti: il "magna magna" dei soldi pubblici e le feste coi maiali sono una vergogna inaccettabile». Giusto, bene, bravo, bis. In un Paese normale chi sbaglia paga, ed è cosa ovvia che i personaggi dell'inchiesta che ha concluso con ignominia la legislatura di Renata Polverini escano per sempre dalla scena politica. In Italia, però, l'eccezione è la regola.

FRANCO FIORITOFRANCO FIORITO

Così, se Fiorito ha già minacciato di ricandidarsi, nessuno crede che le parole di Alfano si trasformino in realtà. Nessuno dei protagonisti degli tsunami giudiziari degli ultimi anni, infatti, è finito a dar da mangiare ai piccioni su una panchina ai giardinetti. Al contrario, molti sono rimasti incollati alla loro poltrona, altri sono rimasti nei palazzi del potere con altri incarichi, e tutti continuano a prendere lo stipendio (pubblico), a fare politica attiva e curare la propria carriera.

DA FORMIGONI A SCAJOLA. La lista di ras della politica finiti sulla gogna giudiziaria e rimasti in pista non si contano: da Roberto Formigoni, indagato per corruzione ma inchiodato alla propria poltrona di governatore della Lombardia, a Renato Schifani, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e ancora stimato presidente del Senato, passando per la regina del bunga bunga Nicole Minetti, il governatore della Puglia Nichi Vendola e Alberto Tedesco, cacciato dal Pd per gli scandali della sanità pugliese ma ancora seduto in Parlamento. Pure Claudio Scajola, ex ministro proprietario di case acquistate da altri a sua insaputa e attualmente indagato per associazione a delinquere nell'affaire del porto di Imperia, è una potenza con cui il centrodestra deve fare i conti.

FRANCO FIORITO A FRANCO FIORITO A "PORTA A PORTA"

Alcune vicende lo hanno indebolito (in primis il commissariamento della provincia di Imperia e i comuni di Bordighera e Ventimiglia, fortini del suo regno in Liguria), ma la capacità di risorgere del "Mastella del Nord" è identica a quella dell'araba fenice. Il deputato Pdl durante l'estate ha organizzato cene e incontri per ritessere la ragnatela delle alleanze, ha siglato un patto di non belligeranza con il rivale storico Luigi Grillo, e ad agosto in un ristorante di Sanremo è stato omaggiato da tutti i capi del Pdl della Liguria: alla fine della fiera è ancora lui il principale punto di riferimento del partito. Ed è lui che influenzerà le future candidature locali e nazionali.

ANGELINO ALFANOANGELINO ALFANO

Non è tutto. A Genova alle ultime comunali il candidato del Pdl (che ha perso) era comunque un suo uomo. Il coordinatore regionale del partito è Michele Scandroglio, un amico personale di Claudio, mentre al Senato e alla Camera ci sono almento una trentina di parlamentari che rispondono a lui, "scajoliani" di ferro come il sindaco di Sanremo e il presidente della provincia di Savona.

Nel settore bancario e delle municipalizzate negli ultimi tempi le sue entrature si sono addirittura rafforzate: se il fratello Alessandro è ancora vicepresidente dell'Autostrada dei Fiori (il numero uno è Gianni Giuliano, altro fedelissimo) e della Banca Carige, lo scorso aprile nel cda della Cassa di risparmio di Savona è entrato pure il suo avvocato difensore, l'imperiese Marco Mangia. «La Carige la controllano di fatto i suoi uomini, che sono presenti anche nella fondazione», spiegano i nemici genovesi che non riescono a capire perché le mura di Scajoland non siano ancora crollate.

IL POTERE DI PENATI. Anche Filippo Penati, accusato di corruzione e concussione per presunte tangenti sull'ex area Falck di Sesto San Giovanni e di finanziamento illecito, non si è dimesso da consigliere regionale della Lombardia (al Pirellone gli indagati, a tutt'oggi, sono 12). «Io sono qui, nel processo dimostrerò che sono innocente», ha spiegato ai vecchi compagni che non sono riusciti a convincerlo a lasciare la poltrona nemmeno dopo il rinvio a giudizio.

ANGELINO ALFANO A PORTA A PORTAANGELINO ALFANO A PORTA A PORTA

Penati è stato sospeso dal Pd un anno fa e ha formato un gruppo misto composto da lui stesso (oggi paradossalmente potrebbe entrare a far parte della commissione d'inchiesta regionale sul Sistema Sesto), ma sono in molti a sostenere che nel Pd lombardo pesi ancora moltissimo. Se qualcuno sospetta che qualche consigliere continui a consultarlo per chiedergli un parere sulle scelte più delicate, di sicuro la sua rete di fedelissimi è ancora intatta. L'ex consulente di Penati in Provincia Alessandro Alfieri è oggi vicecapogruppo del Pd in Regione, e il suo amico Pierfrancesco Maran è assessore ai Trasporti nella giunta Pisapia a Milano. L'ex segretaria personale e fidanzata Claudia Cugola (indagata nell'inchiesta sulla Milano-Serravalle) è dipendente del gruppo Pd e lavora con Sara Valmaggi, consigliera che Penati stesso aveva nominato assessore quando era sindaco di Sesto: è lei che l'ha sostituito alla vicepresidenza del Consiglio regionale.

Angelino AlfanoAngelino Alfano

La galassia comprende anche Enrico Corali, presidente della Banca di Legnano promosso da Filippo nel cda di Expo spa (oggi è nel consiglio della Pedemontana Lombarda) e Fabio Terragni: ex assessore è uscito ad aprile dal cda delle Tangenziali Esterne di Milano, ma pare abbia già in tasca la nomina per la nuova società Metro M4.

TRA P3 E FINMECCANICA. Tra i grandi collezionisti di avvisi di garanzia non si può non ricordare Denis Verdini. Coinvolto nell'inchiesta sulla P3 (è indagato per gli appalti dell'eolico in Sardegna insieme a Flavio Carboni e Marcello Dell'Utri), è indagato per concorso in corruzione a Firenze e per le vicende della "cricca" a Roma. Il suo nome è spuntato fuori anche negli atti della P4. Un curriculum giudiziario da record che avrebbe distrutto la carriera di chiunque: invece l'ex macellaio con il pallino per le banche (prima del fallimento era azionista e presidente del Credito cooperativo fiorentino) è ancora il capo del Pdl in Toscana, e uno dei tre coordinatori nazionali di Berlusconi. È lui che ha seguito in prima persona la vicenda del Lazio, è lui che sta trattando con il Pd per la nuova legge elettorale, è sempre lui che farà le liste se si tornerà al voto con il Porcellum: di certo un seggio per sé non farà fatica a trovarlo.

NICHI VENDOLANICHI VENDOLA

Anche l'amico Marco Milanese ha buone chance di rientrare alla Camera. Ex proprietario di un ristorante a Rotondi, vicino Avellino (La Taverna Milanese), ex consulente politico di Giulio Tremonti, è diventato celebre perché scoperto a pagare parte dell'affitto dell'allora ministro dell'Economia. A Napoli i pm lo accusano di corruzione, a Milano i giudici lo hanno indagato per corruzione e associazione a delinquere, e il suo nome spunta anche nell'inchiesta sugli appalti Enav e sui presunti fondi neri di Finmeccanica. Ciò nonostante, Milanese lo scorso aprile è stato nominato dal presidente della commissione Politiche Ue della Camera, Mario Pescante, relatore del documento di programmazione economica-finanziaria del governo.

NIKI VENDOLANIKI VENDOLA

L'incredibile decisione (solo le proteste dell'opposizione hanno obbligato il deputato a rinunciare all'incarico) è stata notata persino dal tribunale del riesame di Napoli, che qualche giorno fa ha respinto l'appello di Milanese che chiedeva l'annullamento del provvedimento d'arresto. «L'avere svolto rilevanti compiti istituzionale», spiegano i giudici, «evidenzia che, nonostante le gravi accuse mosse a Milanese, l'indagato ha mantenuto una posizione di rilievo nel panorama» nazionale. Una «caratura politica» di fatto riconosciuta «da larga parte della maggioranza parlamentare». Non c'è da stupirsi: in fondo in Parlamento gli inquisiti sono un centinaio, e tra colleghi la solidarietà non si discute in nessun caso.

ROSI MAUROROSI MAURO

NICK IL CASALESE. Passiamo a Nicola Cosentino alias "Nick 'o mericano". Nonostante la procura di Napoli abbia chiesto il suo arresto perché lo considera contiguo al clan camorristico dei Casalesi, nonostante sia indagato per la P3 e per riciclaggio, Cosentino resta omaggiato onorevole della Camera e indiscusso capo del Pdl della Campania. «Qui l'imperatore è lui», dicono i dipendenti della Regione di via Santa Lucia, che definiscono il presidente Stefano Caldoro sic et simpliciter «un suo ostaggio». Già. Nicola non solo ha il controllo assoluto di gran parte dei consiglieri della maggioranza, ma ha stretti legami pure con gli assessori più importanti (in primis Sergio Vetrella, che ha le delege cruciali dei Trasporti e delle Attività produttive) e persino con alcuni membri del gabinetto di Caldoro: Francesco Bigliardo prima di entrare nello staff del governatore era assistente particolare di Cosentino.

ROSI MAURO IN LACRIME A PORTA A PORTAROSI MAURO IN LACRIME A PORTA A PORTA

Se in Regione il boss è lui, nella "sua" provincia di Caserta continua a fare il bello e cattivo tempo. Nelle altre zone della Campania può contare sulla fedeltà di decine di sindaci e consiglieri comunali che ha contribuito a far eleggere (nel Pdl fanno notare che l'ex numero due di Giulio Tremonti può muovere quasi mezzo milione di preferenze). Cosentino fa paura a tutti, e nessuno osa sfidarlo per strappargli lo scettro del comando. La sua famiglia ha un potere crescente (con l'Aversana Petroli e altre società energetiche i Cosentino sono considerate tra le dieci più influenti famiglie imprenditoriali della regione), l'asse di ferro con l'altro peso massimo del Pdl Luigi Cesaro detto "a purpetta" (presidente della provincia di Napoli, indagato per associazione camorristica) resiste al tempo e alle accuse dei giudici, mentre il commissario del partito Nitto Palma, chiosano i maligni, «sembra il suo portavoce».
L'ultima prova di forza vinta dal politico di Casal di Principe è storia recente. Da mesi Caldoro sta tentando di far entrare in giunta un nuovo assessore donna (la vecchia giunta non rispettava infatti le quote rosa), e con Alfano e Di Palma aveva deciso di puntare su Daniela Nugnes, consigliera regionale di Mondragone. Sembrava fatta ma Cosentino ha messo il veto: per Nicola la Nugnes sarebbe troppo vicina al parlamentare Mario Landolfi (indagato pure lui per concorso in corruzione, truffa e favoreggiamento mafioso), antico sodale del casalese con cui ha litigato (per questioni politiche) durante l'estate. Ora Caldoro sta aspettando che Cosentino dia il via libera a qualche altra candidata di suo gradimento.

FILIPPO PENATIFILIPPO PENATI

MAURO LA SINDACALISTA. Cacciata dalla Lega Nord (che pure ha salvato Cosentino e Milanese votando no al loro arresto) per aver usato i soldi dei rimborsi elettorali per comprare in Svizzera la laurea per lei e il suo amico Pier Moscagiuro, Rosi Mauro è finita nella polvere a causa dello scandalo dell'ex tesoriere Francesco Belsito.

A sei mesi di distanza dalla vicenda la Mauro è ancora vicepresidente del Senato e capo indiscusso della sua creatura, il Sin.pa, il sindacato padano collaterale alla Lega che guida con un pugno di fedelissimi. Roberto Maroni ha chiuso il rubinetto dei finanziamenti, ma non può defenestrare l'ex badante di Bossi manu militari: intanto sta tentando di vendere l'immobile della sede. La Mauro, che non è indagata, è intanto concentrata sul suo nuovo movimento politico Siamo gente comune, fondato con il senatore Lorenzo Bodega a metà luglio, con cui tenterà di fare concorrenza ai lumbard, che hanno definito l'iniziativa «una scoreggia nello spazio».

penatipenati

Lei fa spallucce e va avanti per la sua strada, fregandosene pure di chi l'ha criticata per aver - qualche giorno fa - lasciato lo scranno di Palazzo Madama perché rischiava di perdere l'aereo. «Non ero io di turno quel giorno, avevo un impegno improrogabile», ha replicato. Fatto sta che per la prima volta nella storia repubblicana la seduta del Senato è stata sospesa perché non c'era nessuno a presiederla.

 

 

 

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