- ALMA TRAGICA - LA CACCIA AL KAZAKO DISSIDENTE E' LO SPORT DELL'ANNO IN EUROPA (CON L'OK DELL'INTERPOL) -

Da Roma a Varsavia, da Madrid a Kiev, i dissidenti kazaki e i loro amici e parenti subiscono tutti la stessa sorte: arresto per il mandato di cattura internazionale e calvario per l'asilo politico - Tutto legale: c'è l'ok dell'Interpol - E capita (come in Svizzera) che qualcuno ci lasci la pelle...

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Maurizio Maggi per "l'Espresso"

È frenetica, negli ultimi mesi, l'offensiva del regime di Nursultan Nazarbayev contro gli oppositori all'estero. Il dittatore kazako sta applicando in mezza Europa - dalla Spagna alla Polonia, alla Repubblica Ceca - lo stesso metodo usato a Casal Palocco, a Roma, per catturare il numero uno dei suoi rivali politici oltre frontiera, Mukhtar Ablyazov.

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Il colpaccio non è riuscito ma in Kazakistan sono finite la moglie dell'ex banchiere, Alma Shalabayeva, e la figlia Alua. «L'offensiva colpisce molte persone che hanno collaborato con Ablyazov e siamo preoccupati per Aleksandr Pavlov, che dell'ex banchiere era il capo della sicurezza», racconta Anna Koj, responsabile della fondazione Open Dialog di Varsavia.

Pavlov è stato arrestato in dicembre a Madrid, la Spagna gli ha rifiutato l'asilo politico e in questi giorni potrebbe essere espulso. «Se viene rispedito in patria e processato per terrorismo, rischia la tortura come tanti dissidenti kazaki», sostiene la rappresentante della fondazione che monitora la giustizia dei paesi del blocco ex sovietico.

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Un altro vecchio collaboratore di Ablyazov, Muratbek Ketebayev, all'estero da anni e impegnato nel denunciare la dittatura kazaka alla commissione e al parlamento europei, è stato arrestato in giugno in Polonia. Contro di lui sono state formulate accuse pesanti, dal "sovvertimento dell'ordine politico" alla "partecipazione a un gruppo di criminalità organizzata". Rilasciato, attende di sapere se la sua richiesta di asilo politico sarà accolta. Il pubblico ministero che ha seguito la vicenda ha detto di considerare la caccia a Ketebayev come «politicamente motivata».

Il grimaldello che consente ai kazaki di farsi dare una mano dalle autorità di altri Stati è il mandato di cattura emesso dall'Interpol. «È un problema che vogliamo sollevare a livello europeo», dice Anna Koj, «perché le accuse di essere terroristi, di voler sovvertire l'ordinamento sociale o di appartenere a gruppi criminali, quando vengono lanciate da paesi in cui la magistratura è al servizio del potere politico e si pratica la spesso tortura sono spesso pretestuose».

MUKTHAR ABLYAZOV E LA FIGLIA ALUA E LA MOGLIE ALMA SHALABAYEVAMUKTHAR ABLYAZOV E LA FIGLIA ALUA E LA MOGLIE ALMA SHALABAYEVA

E in Kazakistan i giudici sono tutt'altro che autonomi e la libertà di stampa e i diritti umani delle chimere. Lo conferma un recente rapporto del Collegio superiore degli avvocati della Polonia, redatto dopo la missione, in aprile, di un gruppo di legali polacchi: «In Kazakistan si viola il divieto di praticare la tortura e i giudici sono soggetti alla forte influenza delle autorità statali», si legge nelle conclusioni.

Nella lotta senza quartiere - e senza confini - all'opposizione in esilio, gli uomini di Nazarbayev travolgono anche le donne. Oltre ad Alma Shalabayeva e alla piccola Alua sono finite nel mirino pure Tatiana Paraskevich e Elena Viktorovna Semionidi. La prima è una russa, ex top manager dell'Eurasia Group, all'epoca presieduto da Ablyazov. Inseguita da un doppio mandato di cattura, uno russo e uno ucraino, Tatiana è stata fermata nella Repubblica Ceca.

Gli avvocati temono che se verrà espulsa in Ucraina, da Kiev la spedirebbero al volo in Kazakistan, dove la sua vicinanza con Ablyazov potrebbe costarle caro. Elena Viktorovna Semionidi è invece la figlia di Viktor Khrapunov, consuocero e alleato di Ablyazov. Khrapunov da anni vive a Ginevra, dove risiede anche suo figlio Iliyas, marito di Madina, la primogenita di Ablyazov.

La storia oscura che riguarda Elena comincia in primavera. Suo cugino (e nipote di Khrapunov) Dmitry Vladimorovich Striaptchev, che lavora per un'azienda elettrica guidata da Timur Koulibayev, genero di Nazarbayev, viene improvvisamente licenziato. Chiede perché e gli rispondono: «Essere membro della famiglia Khrapunov è sufficiente».

Poco dopo muore misteriosamente, nel suo garage. E' l'8 aprile. La figlia di Khrapunov arriva da Mosca, dove vive, per i funerali. Alla dogana la martellano di domande sulla sua vita e sul padre. Il 14 aprile va all'aeroporto di Astana per tornare a casa ma la bloccano e le annunciano che non può lasciare il paese. Seguono giorni di febbrili e inutili trattative con ogni tipo di autorità. Il 24 aprile, Elena Viktorovna Semionidi fugge dal Kazakistan. In macchina, attraversando di nascosto la frontiera col Kirghizistan.

 

 

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