Lorenzo Cremonesi per il “Corriere della Sera”
C'è una relazione diretta tra il voto americano di midterm e l'Ucraina in guerra. Preoccupato dalla prospettata buona riuscita elettorale repubblicana e dalle pressioni che comunque stanno crescendo da Washington per cercare di dare spazio al negoziato con Mosca, Volodymyr Zelensky abbandona l'opposizione di principio a trattare con Vladimir Putin e lancia un appello alla comunità internazionale affinché «costringa la Russia a veri colloqui di pace».
La cautela è d'obbligo. Il presidente ucraino reitera comunque le consuete precondizioni al dialogo maturate negli ultimi mesi: ritiro russo da tutti i territori occupati (senza specificare se soltanto quelli dal 24 febbraio scorso o anche Crimea e zone autonome del Donbass prese nel 2014); riparazioni per i danni causati dall'invasione e processi per i crimini di guerra.
Eppure, il dato rilevante resta che il cambiamento non è puramente cosmetico.
Dimostrando una buona dose di pragmatico realismo, Zelensky torna a considerare Putin un interlocutore legittimo, non lo esclude più a priori. «Putin è un terrorista e con i terroristi non si tratta.
VOLODYMYR ZELENSKY INTERVISTATO DA LORENZO CREMONESI
Lo abbiamo capito dopo i massacri di Bucha e gli orrori contro i nostri civili», aveva dichiarato nell'intervista concessa al Corriere il 24 ottobre. Non va però dimenticato che, proprio nelle prime settimane di guerra, il presidente aveva personalmente invocato un «incontro a quattr' occhi con Putin».
E sino almeno ai primi di maggio aveva persino lasciato intendere la possibilità di un compromesso territoriale, che «congelasse» per quindici anni lo status della Crimea e delle aree contese del Donbass. Ma, con la ripresa militare ucraina dell'estate e l'arrivo delle armi americane e dal fronte alleato, il rifiuto di Kiev nei confronti della Russia si era fatto sempre più netto.
L'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata nella seconda metà di settembre, quando Putin, nonostante gli avvertimenti ucraini, ha indetto i referendum farsa nelle quattro province parzialmente occupate del sudest per poi dichiararne l'annessione alla «madre Russia». Da allora Kiev esige un radicale cambio di regime a Mosca quale premessa al negoziato.
controffensiva ucraina nella regione di kherson 3
Si comprende così l'importanza delle dichiarazioni di Zelensky. Dagli Stati Uniti lasciano capire che l'invio di armi non può essere illimitato nella quantità e nel tempo. I Repubblicani sembrano meno propensi ad aiutare l'Ucraina rispetto ai Democratici. E l'eventualità del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca tra due anni preoccupa. Anche dall'Europa cresce la pressione per l'avvio di negoziati. Nel frattempo, i comandi russi sono più che mai determinati a non abbandonare la provincia di Kherson, i loro soldati indossano abiti civili e si trincerano nelle abitazioni. La vittoria, che gli ucraini davano per scontata solo tre settimane fa, adesso pare più dubbia.
MEME ZELENSKY PUTIN LA VIGNETTA DI VAURO SU ZELENSKY E PUTIN controffensiva ucraina nella regione di kherson 2 bandiera bianca sul carro armato russo