1 – LA LINEA MERKEL: IL BUSINESS PRIMA DELLA POLITICA
Danilo Taino per il “Corriere della Sera”
L'accordo raggiunto ieri tra Ue e Cina sugli investimenti ha la potenzialità di portare vantaggi alle imprese europee nell'accesso al mercato cinese. È anche, per Angela Merkel, la ciliegina sulla torta di una presidenza semestrale dell'Unione burrascosa ma di successo.
Però, suscita dubbi seri. Il primo riguarda il rapporto transatlantico: firmare un'intesa con Pechino tre settimane prima che Joe Biden si insedi alla Casa Bianca ha l'effetto di togliergli terreno sotto i piedi.
XI JINPING IN VIDEOCONFERENZA CON I LEADER EUROPEI PER L'ACCORDO SUGLI INVESTIMENTI
L'obiettivo dichiarato del prossimo presidente americano - in questo una rottura con Donald Trump - è di trattare con la Cina assieme ai Paesi alleati, asiatici ed europei. Il patto di ieri indebolisce invece i partner democratici e rafforza Xi Jinping. Da Washington le voci di critica sono forti.
Il secondo dubbio sta nel fatto che, sotto l'influenza di Merkel, Bruxelles mette al primo posto il business e spinge nell'angolo la politica, nonostante l'anno scorso abbia definito la Cina «rivale sistemico». In questo modo, l'obiettivo di Ursula von der Leyen di creare una «commissione geopolitica» sfuma sullo sfondo.
Terzo dubbio: un nuovo macigno sul multilateralismo, sull'architrave dei rapporti tra Nazioni che ha sostenuto la crescita del benessere nei decenni passati. Alla base di esso c'è l'idea che in fatto di business non si debbano creare blocchi e favoritismi tra pochi ma che il beneficio di uno sia esteso a tutti (clausola della Nazione più favorita).
Negli ultimi anni, invece si sono moltiplicati gli accordi bilaterali, o tra blocchi (la sola Ue ne ha firmati 72). Così, il commercio non è più un veicolo per la collaborazione tra Paesi ma diventa sempre più spesso strumento di alleanze, di divisioni e in certi casi viene «militarizzato» a scopi geopolitici.
URSULA VON DER LEYEN ANGELA MERKEL
Se affrontato in una dimensione bilaterale, il rapporto con Pechino è destinato a favorire la divisione del mondo in rapporti preferenziali, nel tempo fondamento di conflitti. Solo in una dimensione multilaterale la relazione con la Cina può avere un carattere proficuo. L'accordo Ue-Cina non va in questa direzione.
2 – LAVORO FORZATO E CLIMA, I PUNTI DI SVOLTA DEL LUNGO NEGOZIATO
Rita Fatiguso per “il Sole 24 Ore”
Come i cinesi abbiano rafforzato l'autostima portando a casa, dopo il Rcep siglato il mese scorso con 15 Paesi del Sud-Est Asiatico pari al 30% del Pil mondiale, anche un accordo che spalanca le porte del mercato europeo, non è un mistero.
Lo si scopre tra le righe di una nota interna circolata a uso degli Stati Membri datata 28 dicembre, frutto del negoziato tecnico bilaterale concluso il giorno prima, domenica 27 dicembre.
Il report descrive con dovizia di particolari quando e come è scattata la molla che ha determinato la svolta nelle trattative, a partire da quando la delegazione cinese guidata dal vice premier cinese Liu He, un negoziatore di altissimo livello, ha accettato la richiesta della controparte, capeggiata dal vice presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, di ratificare una volta per tutte le due convenzioni ILO C29 e C105, sul divieto di lavoro forzato.
Prendere o lasciare. Liu He la ceduto, suo malgrado, visto che per la Cina il tema dei diritti umani è un nervo scoperto, perché tocca questioni interne e sulle questioni interne Pechino non vuole discutere. La nota sostiene che questa condizione scritta è un precedente assoluto per un trattato Europeo.
La condizione posta da Valdis Dombrovskis per i cinesi è stata un boccone amaro, tanto più che l'Europa ha annunciato che attiverà, in parallelo, altri strumenti, a cascata, tra cui il nuovo regime globale di sanzioni sui diritti umani della Ue, adottato il 7 dicembre, che permette di affrontare le violazioni e gli abusi dei diritti umani in tutto il mondo. Le persone e le entità inserite in questa lista nera saranno soggette a un congelamento dei fondi e non potranno più ricevere finanziamenti da persone ed entità nell'Unione europea.
angela merkel ursula von der leyen
La catena degli approvvigionamenti sarà monitorata con attenzione e severità. Il versante sostenibilità ha fatto il resto, a favore della Cina, come l'attuazione dell'accordo di Parigi, fortemente voluta dal presidente Xi Jinping e confermata, nonostante l'abbandono plateale degli Stati Uniti deciso dal presidente uscente Donald Trump, nonché la responsabilità sociale delle imprese e il lavoro.
prigionieri uiguri bendati nello xinjiang, in cina 1
Queste norme sono soggette tutte a un meccanismo di applicazione trasparente come avviene negli Accordi di libero scambio (ALS) della UE. Ma il vero snodo è stato l'attivismo cinese in tutto il mondo sul fronte del multilateralismo. «In pratica - si legge - non sigillare l'accordo ora comporterebbe un prolungamento dello svantaggio competitivo delle società e degli investitori della Ue che operano in Cina e questo in tempi in cui la Cina si sta assicurando una serie di accordi con altri partner (accordo di fase 1 degli Stati Uniti, Canada, Svizzera, chiusura dei negoziati con la Norvegia).
Riteniamo che l'accordo sia prezioso anche per i nostri principali partner commerciali in quanto rappresenta un input prezioso e stabilisce precedenti in molte aree di nostro comune interesse quando si tratta di Cina». Come è andata, è noto: il sì tecnico dei capi delegazione ha attivato l'ok politico dei 27 Stati attraverso gli ambasciatori del Coreper lunedì 28 che, a loro volta, hanno dato il via libera ai leader politici e alla «conclusione in linea di principio», di ieri, primo passo nel processo verso la conclusione dell'accordo (stimato per l'inizio del 2022).
CINA, BAMBINI DELLA MINORANZA UIGURA SEQUESTRATI AI GENITORI
Sarà necessario un lavoro tecnico sostanziale in via prioritaria sui testi giuridici che si prevede durerà almeno fino a metà febbraio 2021. C'è un altro versante, tuttavia, che i cinesi hanno dovuto accettare, ed è la protezione degli investimenti (e le questioni relative alle liti) che è stata derubricata. «Non stiamo concludendo i negoziati sulla protezione degli investimenti, a questo punto. Questi negoziati continueranno su un binario separato. Cina ed Europa, entrambe le parti, hanno assunto un chiaro impegno nel testo per cercare di concluderle entro 2 anni dalla firma dell'accordo». Per la Cina che prepara il rilancio del suo Go global non è certo una bella notizia.
3 – ACCORDO UE-CINA? MERITO DI MERKEL, ITALIA ASSENTE. PARLA PELANDA
angela merkel peng liyuan xi jinping
Gabriele Carrer per www.formiche.net
Dopo 7 anni e 35 round negoziali, l’Unione europea e la Cina hanno raggiunto oggi un’intesa sull’accordo sugli investimenti con cui vengono fissate le linee guida generali per gli investimenti stranieri nella produzione, inclusi veicoli elettrici, telecomunicazioni e ospedali privati.
Come spesso accade quando c’è di mezzo Pechino, l’incontro in video tra i leader — a cui hanno partecipato il presidente cinese Xi Jinping, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen assieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel e al presidente francese Emmanuel Macron — non è stato seguito da una conferenza stampa.
Solo comunicati. “L’accordo firmato oggi è il primo accordo a rispettare gli obblighi per il comportamento delle imprese statali e regole di trasparenza complete per i sussidi”, festeggiano la Commissione europea e il Consiglio europeo. Il presidente cinese ha invece sottolineato che l’accordo avrà una grande forza trainante per la ripresa economica post-pandemica, promuovendo la liberalizzazione e la facilitazione del commercio e degli investimenti globali, intensificando la fiducia della comunità internazionale verso la globalizzazione economica e il libero commercio e dando importanti contributi cinesi ed europei alla costruzione di un’economia mondiale più aperta.
Come raccontato da Formiche.net il Parlamento europeo si prepara a dar battaglia sull’accordo: molti eurodeputati sono scettici sui termini dell’intesa per quanto riguarda l’uso del lavoro forzato e la reciprocità offerta da Pechino. Carlo Pelanda, docente di Geopolitica economica all’Università Guglielmo Marconi ed esperto di Studi strategici, è convinto che il via libera rappresenti per la cancelliera Merkel l’“arma di riserva”.
Professore, avrà notato che mentre nel caso della Brexit Bruxelles chiedeva al Regno Unito di parlare con la Commissione sostenendo l’unità dei 27, in questo caso sono state Germania e Francia a guidare i negoziati.
Soprattutto la Germania. Qualche settimana fa Xi si è impegnato direttamente, una mossa inusuale per la leadership cinese. E l’ha fatto utilizzando l’arma del ricatto contro Berlino, minacciando impatti industriali che Merkel non può permettersi.
Assieme alla Merkel si è piegato anche Macron?
Obtorto collo sì, così come sulla Brexit.
Secondo lei con questo accordo l’idea di Commissione “geopolitica” promessa da von der Leyen perde spinta?
Tutt’altro. Quest’intesa è molto geopolitica. Fondamentalmente, la Germania sta cercando di muoversi su una linea direttrice — che io ma anche Lucio Caracciolo di Limes — raccomandiamo da sempre: quella verso un accordo con gli Stati Uniti che includa anche la definizione di uno spazio concordato di relazioni commerciali con Cina e Russia.
Il presidente eletto Joe Biden, tramite il suo consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, aveva espresso forti perplessità.
Inizialmente si è infastidito perché prima ha visto gli alleati in Asia come Giappone e Australia aderire all’accordo commerciale cinese Rcep senza consultazioni; poi gli europei fare l’accordo sulla Cina approfittando del difficile periodo di transizione per trovare una qualche via di accomodamento con la Cina ed evitare di perdere il business. Personalmente non sono per niente preoccupato: è normale che si cerchi di sfruttare vantaggi nelle relazioni.
Dopo quel tweet di Sullivan il team Biden non si è più espresso.
Ha ricevuto rassicurazioni dai tedeschi. Più geopolitica di così si muore.
Che tipo di rassicurazioni?
Sulla collocazione dell’Unione europea a guida tedesca nel conflitto fra Stati Uniti e Cina, che continuerà a essere come tra Roma e Cartagine. I francesi cercano autonomia europea per favorire l’uno e l’altro a secondo delle circostanze, ma è un’idea ridicola. I tedeschi, invece, dopo un certo sbandamento, hanno deciso un’altra forma di concessione all’America per ottenere spazio vitale con la Cina. E Macron non ha la forza per opporsi.
Tra qualche mese l’accordo arriverà al Parlamento europeo. Che cosa dobbiamo aspettarci?
Intanto c’è l’accordo, poi può essere che la Germania su pressione americana usi il Parlamento europeo per sabotarlo. Tant’è che il disperato cerchiobottismo tedesco ha portato ad alimentare certi eurodeputati tedeschi sui diritti umani, tema che potrà essere un terreno comune nel confronto con la Cina tra l’Unione europea e gli Stati Uniti di Joe Biden e della sua rappresentante al Commercio Katherine Tai. L’intelligentissima Merkel ha conservato quest’arma in attesa degli Stati Uniti: il linguaggio di europei e americani sulla Cina potrà convergere quando i tedeschi avranno capito come bilanciare con altre aree la perdita di business cinese.
E l’Italia in questa partita che ruolo ha avuto?
L’Italia non c’è, non ha una posizione, è passiva. Non possiamo dimenticare che se collassa l’export tedesco la piccola industria italiana segue a ruota. Inoltre, il nostro Paese è appecoronato alla Francia, che è stata abile a penetrare il nostro sistema politico. E, più recentemente, l’hanno fatto anche i cinesi. Ho la sensazione che siano questi i motivi per cui l’Italia non c’è.