‘ARIDATECE I BARBARI – IN UCRAINA LE MILIZIE FILORUSSE FANNO SFILARE 50 PRIGIONIERI DELL’ESERCITO REGOLARE IN CIABATTE E MALVESTITI TRA BAIONETTE E LANCI DI UOVA. COME SI DICE, L’ONORE DELLE ARMI…

I militari sono stati esposti agli insulti della folla nella piazza Lenin di Donetsk, tra lanci di uova e di bottiglie vuote. Sfiniti, obbligati a tenere le mani dietro la schiena, quasi tutti in ciabatte e con abiti civili mal ridotti, erano guardati a vista da miliziani con le baionette innestate…

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Fabrizio Dragosei per “Il Corriere della Sera

 

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Uno spettacolo che alcune organizzazioni umanitarie hanno definito «degradante e contrario alla convenzione di Ginevra». Sulla piazza Lenin di Donetsk ancora in mano agli indipendentisti filorussi, sono stati fatti sfilare ieri circa 50 prigionieri dell’esercito regolare, tra due ali di folla che li insultavano e lanciavano loro uova e bottiglie vuote.

 

Uomini sfiniti, obbligati a tenere le mani dietro la schiena, molti con indosso abiti civili approssimativi e in ciabatte. Chi aveva la testa o le braccia bendate, chi zoppicava. Attorno a loro miliziani con baionette innestate che li tenevano sotto tiro.

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Era la risposta della cosiddetta Repubblica indipendente di Donetsk alle celebrazioni ufficiali tenute a Kiev per l’anniversario dell’indipendenza dell’Ucraina, proclamata 23 anni fa. Un’occasione per dimostrare al mondo che la maggiore città dell’Est è ancora sotto il controllo dei ribelli; un modo per riproporre ancora una volta il parallelo tra i «fascisti» di oggi che, secondo gli indipendentisti, governano nella capitale, e i nazisti invasori durante la Grande guerra patriottica.


A luglio del 1944 più di 50 mila prigionieri di guerra tedeschi furono fatti marciare da Stalin per le vie di Mosca. Poi, il 16 agosto, l’esibizione venne ripetuta proprio a Kiev, con 38 mila uomini laceri e demoralizzati che passarono per la strada centrale della città, attraversando piazza Kalinin, quella che oggi è la Maidan, la piazza dell’Indipendenza, simbolo della rivolta ucraina contro i governanti filorussi.

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Come allora, a Donetsk i prigionieri erano seguiti da alcune autobotti che lavavano la strada per eliminare i segni «della vergogna fascista», secondo la spiegazione di alcuni degli astanti.

 
Dall’altra parte della piazza i resti di qualche autoblindo, un cannone e un lanciamissili semidistrutti tolti all’esercito. «Noi celebriamo la nostra indipendenza dall’Ucraina», ha proclamato uno dei capi dei ribelli.

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In lontananza ogni tanto qualche rombo di cannone, segno che la battaglia, anche attorno a Donetsk, è ancora in corso. Forti di rinforzi ricevuti negli ultimi giorni, i ribelli hanno annunciato una controffensiva nella parte meridionale della città e nei centri di Severodonetsk e di Debaltseve; controffensiva smentita dalle autorità di Kiev. Comunque anche ieri si è combattuto, con proiettili di artiglieria che hanno colpito una chiesa, uccidendo cinque persone, e un ospedale dove non si sono registrate vittime. Anche i governativi hanno avuto cinque morti nelle ultime 24 ore, portando il totale delle perdite a 722.

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A Kiev il presidente Petro Poroshenko ha assistito alla sfilata delle truppe regolari, con alcuni reparti che subito dopo sono partiti per il fronte. Anche in questo caso un richiamo retorico alla Seconda guerra mondiale e agli uomini che il 7 novembre del 1941 attraversarono la Piazza Rossa sotto gli occhi di Stalin per poi raggiungere le guarnigioni che stavano fermando i tedeschi alle porte di Mosca.

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Poroshenko ha avvertito gli ucraini che la minaccia all’indipendenza del Paese non è transitoria: «Dobbiamo imparare a conviverci e dobbiamo difenderci». Quindi ha annunciato un incremento del 50 per cento delle spese militari.


Domani Poroshenko incontrerà Vladimir Putin a un vertice regionale in Bielorussia. Ma la Cancelliera Angela Merkel che sabato è stata a Kiev ha detto che dall’incontro non c’è da aspettarsi molto. In ogni caso, ha aggiunto, la crisi dovrà essere risolta con una soluzione che «non danneggi» la Russia. Con la quale l’Ucraina dovrà in futuro avere buoni rapporti; se non altro per l’interesse dell’Europa, visto che il nostro gas transita da lì.
 

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