1 - COPPA ITALIA: MADRE TIFOSO NAPOLI, PERCHÉ MIO FIGLIO IN ARRESTO? "ARRABBIATISSIMA, PENSAVO CHE POLIZIA FOSSE QUI PER PROTEGGERLO"
(ANSA) - "Solo oggi ho saputo che mio figlio al quale hanno sparato si trova in stato di arresto e viene trattato come un delinquente. Sono arrabbiatissima. Ieri pensavo che tutta quella polizia c'era per proteggerlo e invece no". Lo afferma Antonella Leardi, la madre di Ciro Esposito, il tifoso del Napoli ferito l'altro ieri. Per quanto riguarda la salute di suo figlio, la donna ha riferito: "I medici mi hanno detto che la sua situazione è ancora molto complicata".
2 - ARRESTATO CIRO ESPOSITO, IL TIFOSO DEL NAPOLI IN FIN DI VITA
Da "sportmediaset.it"
Svolta nelle indagini: Ciro Esposito è stato arrestato nella notte con l'accusa di rissa. Il tifoso del Napoli, che lotta ancora tra la vita e la morte dopo essere stato ferito da un colpo di pistola prima della finale di Coppa Italia, è piantonato dalla polizia al policlinico Gemelli di Roma. Secondo una prima ricostruzione della Questura di Roma, sarebbe stato Ciro ad aggredire Daniele De Santis che gli avrebbe sparato di conseguenza.
Distrutta la mamma di Ciro, Antonella Leardi, che come riporta Il Mattino è rimasta sconvolta: "Solo adesso ho saputo che mio figlio si trova in stato di arresto in ospedale. Mi fa orrore pensare che lo stanno trattando come un delinquente. Credevo che tutta quella polizia fosse lì per proteggerlo, invece no".
La situazione del 30enne tifoso resta grave: "I medici mi hanno detto che la sua situazione è ancora molto complicata. Prego affinché ce la faccia».
Infine la madre ha fatto un appello: "Se qualcuno ha un po' di cuore ci mandi un avvocato, noi non possiamo permettercelo e mio figlio ha bisogno di qualcuno che lo difenda". Immediata la risposta della camera penale di Napoli: a disposizione della famiglia la totale consulenza legale.
3 - "MIO FIGLIO RAGAZZO PERBENE IN TRASFERTA CON I MACCHERONI"
Antonio Pitoni per "La Stampa"
«Siamo gente onesta di Scampia, orgogliosa di dirlo e di esserlo». Antonella Leardi è una donna fiera, ma soprattutto una mamma premurosa. Le sue preghiere sono state esaudite: «L'intervento è perfettamente riuscito, è un miracolo».
I neurochirurghi del Policlinico Gemelli hanno appena terminato l'operazione per rimuovere il proiettile che ha ridotto in fin di vita suo figlio.
Ciro Esposito, trent'anni, due fratelli, Pasquale (32 anni) e Michele (24), un padre (Giovanni) infermiere e una fidanzata, Simona. Che con mamma Antonella ha sofferto, pianto e sperato. «Sono madre di tre figli maschi, tre lavoratori, tre ragazzi per bene. Non mafiosi. Mio figlio non è un camorrista e non è un rapinatore come ho sentito dire da alcuni media».
Schermata alleCon i due fratelli, gestisce un garage-lavaggio per auto. «Lo hanno aperto a Scampia, in via Ghisleri, dove doveva nascere un'uscita della metropolitana poi diventata un deposito di rottami e un ritrovo per tossicodipendenti - raccontano gli zii Enzo e Rosario Esposito -. Un'attività in regola, con tutti i permessi in ordine».
HAMSIK coppa italia foto di stasi gmtTutto casa e lavoro, lo descrivono i parenti più stretti, che da sabato sera presidiano il pronto soccorso del Policlinico Gemelli. E una grande passione per il Napoli. «Non faceva parte di nessuna frangia organizzata, era un tifoso che, quando poteva, seguiva la squadra sia in casa che in trasferta», proseguono gli zii.
Come ha fatto anche sabato. «Armato solo di tre casatielli e di una frittata di maccheroni». Vittima, secondo i parenti, della sorte. «Al posto sbagliato nel momento sbagliato? No, mio figlio stava al posto giusto, è la persona sbagliata che è capitata nello stesso posto», assicura mamma Antonella, convinta che suo figlio sia rimasto «vittima di un agguato». Non porta rancore verso chi ha sparato: «Ha fatto una mostruosità. Nel mio cuore l'ho già perdonato».
DE LAURENTIIS E IL PREFETTO PECORARO coppa italia foto di stasi gmt
Genny ‘a carogna
4. SILENZIO, PARLA GENNY A' CAROGNA: "NON HO TRATTATO CON NESSUNO. HAMSIK È VENUTO DA NOI SOLO PER RASSICURARCI SULLE CONDIZIONI DEL NOSTRO AMICO. HANNO SPARATO A UN TIFOSO E QUESTO NON INTERESSA"
Daniela De Crescenzo per "il Messaggero"
«State sbagliando: non è di me che dovete preoccuparvi, ma del ragazzo che è stato ferito»: Genny 'a carogna, o meglio Gennaro De Tommaso, parla pacato. Non si difende. Attacca. Trovarlo non è difficile: tra Forcella e piazza San Gaetano, dove è nato, lo conoscono tutti.
Genny ‘a carognaJeans e giubbino, mani in tasca e viso affranto, offre un' immagine che non ti aspetti. A cominciare dal nome: non è suo, raccontano nei vicoli, lo ha ereditato dal padre, e non indica cattiveria, ma sfortuna. Non è vero,dice, che a suo carico sabato ci fosse un Daspo, una diffida con obbligo di firma: il provvedimento, spiegano quelli della curva A, è scaduto da tempo.
Seduto tra gli amici su una panchina del centro storico non è facile riconoscere Genny, anche se la sua immagine impazza sul web. Il ragazzo pacato che difende le ragioni sue e dell'intera Curva A somiglia poco a quello che ha sbalordito milioni di italiani in diretta tv. Lo abbiamo visto tutti con la maglietta che inneggia al condannato per l'uccisione di un poliziotto, mentre con le braccia alzate e coperte di tatuaggi sembra dare il via alla partita tenendo in pugno i sui compagni.
E quindi la squadra. E quindi le forze dell'ordine. E quindi una capitale assediata. Ma lui smentisce categoricamente che tutto questo sia successo. E racconta una storia completamente diversa. A volte confusa, lacunosa. Ma che esclude assolutamente ogni patto con la squadra e con le forze dell'ordine.
Come è andata veramente sabato a Roma?
«Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio, che poteva farcela. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell'ordine. Noi abbiamo parlato con tutti con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c'è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull'opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti».
Quindi nessuna trattativa?
«Ovviamente no. Quello che è successo sabato è inaudito, non era mai accaduto che qualcuno sparasse ai tifosi. Di tutto questo sembra non importare niente a nessuno. Ma a noi sì, a noi interessa. Ed è per questo che abbiamo deciso di rinunciare alla coreografia che avevamo organizzato e che ci era costata quindicimila euro. E la stessa cosa hanno fatto anche i supporter della Fiorentina. Come avremmo potuto srotolare gli striscioni, e cantare, e ballare quando uno di noi era in fin di vita? Ci siamo rifiutati di farlo. Ma non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Né avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla».
Siete rimasti sugli spalti?
«No. Nessuno poteva costringerci a restare allo stadio e infatti subito dopo il primo gol molti di noi sono andati via. Più che del Napoli ci interessava di quel ragazzo in fin di vita. Perciò siamo rimasti tutta la notte in ospedale con la famiglia e con le forze dell'ordine».
Come è stato ferito il tifoso napoletano. Cosa è successo prima dell'ingresso allo stadio?
«Ci stavamo dirigendo verso la curva Nord dell'Olimpico scortati dalle forze dell'ordine. Poi è successo l'inferno, abbiano sentito i colpi e ci siamo accorti che tre di noi erano rimasti a terra. Una cosa del genere non si era mai vista, pure quando uccisero quel tifoso all'Olimpico, Paparelli: allora non spararono un colpo di pistola, ma un razzo che purtroppo gli finì in un occhio. Perciò i fatti di Roma sono gravissimi».
E quella maglietta che inneggia all'assassino di Raciti, non è un gesto di sfida?
«No, anzi. L'unica cosa importante di questa storia ormai è diventata la maglietta che io e gli altri tifosi indossiamo. "Speziale libero" c'è scritto. Ma attenti: la maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un'offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari».
Ma le tifoserie non ricattano, non minacciano, non tengono in pugno le società?
«Tutte favole».
GENNY A CAROGNA C
genny GENNIADE