ASPETTANDO GOTOR – LO SPIN DI CULATELLO, LO STORICO MIGUEL GOTOR APPARECCHIA L’INTELLIGHENZIA PIDDINA ED E’ SUBITO DISASTRO - ATTORI E REGISTI DELUSI, IMBARAZZO E NON-RISPOSTE, LA SERATA SOLLEVA UN DUBBIO ANGOSCIANTE: SARA’ LUI IL MINISTRO DELLA CULTURA? - BERSANI PRENDE TEMPO, VENDOLA S’INCAZZA, MONTI NON VUOLE E IL TOTOMINISTRO IMPAZZA - GOTOR CI CREDE DAVVERO E MULLER FOMENTA…

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Malcom Pagani per Il Fatto Quotidiano

MIGUEL GOTOR FOTO ANDREA ARRIGAMIGUEL GOTOR FOTO ANDREA ARRIGA

Sotto il dominio pieno e incontrollato di un involtino primavera, annunciato dall'augurante suono di una campanella "Din don", Miguel son mì non si è riempito la bocca di parole inutili: "Sono qui soprattutto per ascoltare". Poi si è ancorato ai bordi di due stretti tavoli nei pressi dell'antica via Flaminia, ha scostato bacchette e birra di Pechino e di fronte allo sgomento cognitivo di attori e registi: "Ma chi è questo?", "Come hai detto che si chiama esattamente?" non ha dimenticato la buona educazione: "Piacere, Miguel", "Molto lieto, Gotor". Sulle sedie, attori e registi come Germano, Corsicato, De Maria, Favino, Ferrari, Franchi, Nicchiarelli e Scamarcio.

Sul trono, il professor Miguel Gotor, l'apostolo del Pd in terra d'arte, il messo che diventò Messia, l'emissario del partito che forse, un giorno, dopo l'ultima cena delle beffe, sognò persino da ministro. Il rumoroso set organizzato da Gotor, in un sferragliare confuso di ‘comande' e piatti caldi: "Chi ha chiesto il pollo alle mandorle?" si è mostrato freddino.

gotor-bersanigotor-bersani

Una fotografia scollata, con il professore traversato dalla lieta convinzione di presiedere il governo prima ancora che si siano svolte le elezioni e la platea prima dubbiosa, poi in esodo tra il fumoir all'aperto e lo sguardo preoccupato all'orologio. Nel solco della modernissima campagna bersaniana ispirata alle corporazioni ( "Come sapete il partito crede molto nei gruppi d'ascolto" esplicita Gotor) il remake di Delitto al ristorante cinese ha messo in primo piano un protagonista a suo agio nel passato. In assenza di Tomas Milian, l'eroe per caso scelto dalla Pd production, aveva il profilo dello straniero in patria, del filologo di Aldo Moro che rapito dallo studio, in sala deve essere andato ultimamente di rado.

ELIO GERMANOELIO GERMANO

Buio pesto sul Fus, esilaranti scambi di nome e di persona: "Ascoltami Germano" (l'attore si chiama Elio), risposte approssimative e palese ignoranza sulle felici soluzioni estere di settore da mutuare in fretta: "Gotor, cosa pensa della legge francese sul cinema?", "Non mi pare il caso di essere esterofili a tutti i costi". Tra il Miguel son mì di Carosello e l'Antonello Trombadori dei tempi andati, Gotor, ha lavorato sulla terza via.

VIGNETTA MANNELLI BERSANI E IL CETRIOLO DELLE MISURE DEL GOVERNOVIGNETTA MANNELLI BERSANI E IL CETRIOLO DELLE MISURE DEL GOVERNO

Salendo da portoghese sull'astronave di Flaiano senza obliterare il biglietto della conoscenza. Inconsapevole che la metà dei presenti all'assistenzialismo d'appartenenza aveva rinunciato da tempo ma reattivo sui primi segnali di insofferenza: "Guardi che noi già facciamo politica e non tutti votiamo Pd", "Non c'è problema", ha dovuto rischiare. Ha improvvisato.

Incassato sorridendo critiche e appunti. Mosso più di un anonimo astante a compassione : "Certo, non era preparato, ma il solo fatto che qualcuno volesse ascoltarci è stato consolante" e alla fine, da rettore è retrocesso ad alunno. Prendendo carta e penna, facendosi dettare linee guida e suggerimenti su un foglietto, salutando grato tra il gelato alla banana e i titoli di coda: "Ci rivediamo allora, eh?".

Poi è andato a casa, ci ha dormito su e accompagnato da un insistente voce a voce: "Mai lo sai che Gotor potrebbe diventare ministro?", si è presentato al Nazareno. Fiero dell'impresa, di corsa nella stanza di Bersani, sorretto da un coro polifonico: "Il cinema ci appoggia, cosa facciamo per loro?". Il segretario ha ascoltato, procrastinato l'urgenza, indetto una seconda più ristretta riunione con 5 attori, iniziato a valutare una notizia che a Roma, incontrollabile, prendeva piede di ora in ora.

Miguel-GotorMiguel-Gotor

Messa in giro ad arte da ambienti "asiatico-romani" e ministeriali, la falsa ascesa di Gotor al ministero che fu di Bondi diventava ‘reale', sorprendendo il candidato naturale al ruolo, Nichi Vendola e il suo irritatissimo entourage: "Chi cazzo ha sparso la notizia che Gotor diventerà ministro?" e Mario Monti che in caso di inciucio avrebbe proposto al ‘solco' la presidente del Fai, Ilaria Borletti Buitoni.

ILARIA BORLETTI BUITONIILARIA BORLETTI BUITONI

La casella che per Arbasino somigliava a un carcere: "È l'Alcatraz dei trombati", la poltrona su cui persino i socialisti di Nencini avevano recentemente allungato brame e desideri da sottosegretariato di retroguardia, rischia di essere terreno per un cinepanettone fuori stagione. Con un serio studioso che invece di ambire all'Archivio di Stato rischia di essere paracadutato nel ruolo di ambasciatore senza nomina nella giungla dell'ignoto e la sensazione che in Italia, da un giorno all'altro, si possa salire in Paradiso per designazione casuale.

Marco MullerMarco Muller

Il Pd perde terreno, Mps pesa sui destini percentuali delle urne, la partita mediatica nata tra i ravioli del ristorante cinese, può essere utile. Miguel son mì è sul greto e aspetta. Convinto che la legge di Peter prima o poi possa fruttare: "In ogni gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello di incompetenza", sicuro dei dati rivelati nella riunione con gli attori: "I sondaggi dicono che vinceremo, siamo qui per trovare soluzioni", grato a Marco Müller per averlo aiutato a coagualare un universo con cui i recenti rapporti, dopo l'orgia veltroniana, orientavano al tiepido. Orfini e Bersani avevano chiesto aiuto all'attuale direttore di Roma ed ex di Venezia.

E Müller, voce autorevole, aveva dimostrato notevole capacità di aggregazione nonostante la plateale avversione dei bettiniani (all'ultimo Cda mancava il numero legale) e la recente minaccia di chiusura coatta della sua creatura di Roma firmata Nicola Zingaretti su "A": "Penso che quel festival abbia iniziato a tradire l'idea da cui era nato... Bettini che porta Leonardo DiCaprio a Tor Bella Monaca nel 2006 è un manifesto culturale...". L'istantanea di una guerra. L'avvisaglia di un naufragio. Miguel son mì è al timone. All'orizzonte, una tempesta non perfetta.

 

 

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