Fabrizio Roncone per il “Corriere della Sera”
Breve telefonata con il giornale, a mezzogiorno, dal corridoio dei Busti di Palazzo Madama. Appunti sommari: spettacolo malinconico, trattative efferate, offrono ricandidature sicure, incarichi di governo, carinerie varie. Ti piacerebbe continuare a fare la senatrice? E se ti diamo il ministero della Famiglia? Tuo figlio si è appena laureato in ingegneria, giusto?
Sensazione netta: i capi del Pd blandiscono soprattutto i peones di Italia viva. Li eccita da pazzi l' idea di umiliare Matteo Renzi, di sfasciargli la truppa già stordita dai sondaggi che la danno intorno al 2% (ma è chiaro che non si butta via niente: buono pure uno dell' Udc, se ci casca, e martedì vota la fiducia a Giuseppe Conte). Comunque ora bisogna ammazzare il tempo.
In attesa che il cellulare di Clemente Mastella squilli libero. E che nel salone Garibaldi compaia Bruno Astorre, potente senatore dei democratici, molto vicino a Dario Franceschini.
La frase di Franceschini - «Responsabili? È una parola positiva» - ha fatto venire le bolle a molti dem, qui. I ricordi sono nitidi. Con Denis Verdini - adesso in carcere - mastodontico e avvolgente, che si portava le pecorelle smarrite alla buvette, lui con le scarpette di velluto come quelle di Briatore e al polso l'orologio d'oro massiccio, proprio massiccio, e lì alla buvette, la voce cavernosa, convinceva a diventare «responsabili» su richiesta del Cavaliere.
Antonio Razzi - finito da Milly Carlucci a Ballando con le stelle - usciva e ci raccontava del mutuo che doveva finire di pagare. Una volta Sergio De Gregorio - anche lui poi arrestato - intascò 3 milioni di euro e abbandonò in venti minuti l'Italia dei valori di Antonio Di Pietro («Se lo prendo - urlava Tonino con le vene al collo - ci faccio quattro prosciutti!»).
Ma ecco la voce di Astorre. «Ricorda bene: i pozzi li ha avvelenati Berlusconi, comprandosi - letteralmente - i senatori. Perché invece non c' è niente di male a fare un po' di sano mercato parlamentare alla luce del sole». A che punto è il vostro sano mercato? «Scommetto 10 mila euro che martedì Conte qui otterrà la fiducia. Ne scommetto però solo 100 che la otterrà con la famosa soglia del 161 senatori».
Saranno di meno? «Credo di sì. Del resto, guardi: quella dei 161 è una soglia psicologica. Perché in realtà i padri costituenti, saggiamente, hanno previsto che per la fiducia al governo non sia necessaria una maggioranza assoluta, ma solo quella dei "presenti" in aula». State pressando soprattutto i senatori di Italia viva, vero? «Ci stiamo lavorando, sì.
D'altra parte, scusi: se si andasse a votare, quanti di loro tornerebbero qui? Nessuno. E comunque». Continui. «Gli ricordo pure che questo governo l' ha voluto proprio Renzi, mica noi. Io, Zingaretti e altri volevamo andare a votare. Non è che possiamo star dietro ai capricci di Renzi, eh».
MATTEO RENZI ALLA LEOPOLDA CON NENCINI
Ogni cronista ha il suo elenchetto di potenziali «responsabili». Su questa Moleskine, per dire, risulta che da Italia viva dovrebbero venir via di sicuro: Leonardo Grimani, Mauro Marino ed Eugenio Comincini (assai ruvido con il capo: «Non ci avevi detto che saremmo finiti all'opposizione insieme alla Lega!»). Anna Maria Parente è molto tentata perché non vorrebbe dover lasciare la presidenza della Commissione Sanità. Donatella Conzatti cambia idea ogni ora.
Gelsomina Vono la butta lì: «Sono fedele alle mie idee, non a Renzi». Riccardo Nencini, socialista da proteggere tipo il «bradipo pigmeo tridattilo», sostiene di sentirsi «Ulisse sulla nave in tempesta» - serve comprensione, affiora la stanchezza - e avrebbe deciso di votare con il governo pur lasciando il simbolo a Italia viva, per evitare a Renzi l'umiliazione di finire nel Gruppo Misto.
Alle 13,30 arriva la notizia che Ricardo Merlo ha fondato il gruppo Maie-Italia 23: una specie di casetta per «responsabili», o «costruttori», o «moderati per Conte». Sembra vi si vogliano accasare anche tre di FI: Masini, Minuto e Stabile. Lorenzo Cesa cerca di capire cosa può esserci di buono per i suoi tre dell' Udc. L'ex grillino Gregorio De Falco - quello che urlò a Schettino, il comandante della Costa Concordia, «Torna a bordo, cazzo!» - ora usa toni seducenti: «Sarei disponibile».
Altra sensazione: anche Mario Monicelli, girando L'armata Brancaleone , avrebbe chiamato lo stop. Però mi sa che Renzi s' è spaventato lo stesso. Sentite Davide Faraone, che qui è il capogruppo di Italia viva: «Se Conte scioglie nodi, noi ci siamo». C'è pure Mastella, intanto. Gentilissimo. Chiarissimo. «Oh, belli miei: io ho apparecchiato tutto a puntino, e martedì Conte va tranquillo. Se però ora vogliono sparecchiare, per tornare a farsi ricattare da Renzi, sia chiaro che noi siamo responsabili, non fessi». (Poi, abbassando la voce, come fa lui: «Lo dico solo a te Renzi ha cercato Draghi proponendogli Palazzo Chigi. Ma quello, Draghi, quello vuole il Quirinale»).