CAOS SOTTO LA MADUNINA - PISAPIA FIUTA L’ARIA (RENZI VUOLE UN SUO LECCAPIEDI A MILANO) E NON SI RICANDIDA - NEL PD SI APRE LA SUCCESSIONE MA IL SINDACO BOCCIA LE PRIMARIE: “NON SONO UN TOTEM, HANNO PERSO CREDIBILITÀ” - -

I dati Istat attestano una disoccupazione che, in città e provincia, nel 2010 viaggiava attorno al 6, e ora è all’8% - La grande stagione della “primavera arancione” è un ricordo sbiadito - In più incombe una difficoltà finanziaria sul Comune, che con tagli ai servizi e aumenti delle tasse ha fronteggiato uno stop ai trasferimenti di un miliardo l’anno…

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GIULIANO PISAPIA EXPO GIULIANO PISAPIA EXPO

Jacopo Iacoboni per “la Stampa”

 

E adesso che succede a Milano? Ieri Giuliano Pisapia ha annunciato ufficialmente che non si ricandiderà. «Non è per stanchezza - dice il sindaco - ma per coerenza: nessuno è indispensabile, la politica non dev’essere una professione». Pur non essendo certo un renziano («non mi piace neanche la parola, rottamazione») dice «vorrei che crescesse una nuova classe dirigente di centrosinistra capace di governare, che oggi c’è».

 

Ma in questo, sia consentito dirlo, c’è una piccola bugia. È vero che esiste un Pd renziano a Milano, dall’assessore Pierfrancesco Maran al segretario cittadino Pietro Bussolati a Emanuele Fiano, ma è difficile possano mettere tutti d’accordo (una chance in più ce l’ha Lia Quartapelle, che a Renzi piace molto). Il primo problema invece è: Pisapia ha sempre detto che i punti fermi erano la coalizione del 2011, un Pd che guarda a sinistra, e lo strumento primarie.

 

POSTER PISAPIA FORMA DI CUORE POSTER PISAPIA FORMA DI CUORE

Sennonché ieri il sindaco uno spiraglio l’ha aperto. Le primarie «sarebbero un modo per far scegliere la candidatura dal basso», ma «a meno che non vi sia una candidatura unanimemente riconosciuta». Anche perché «a Milano hanno portato entusiasmo, però ultimamente hanno perso un po’ di credibilità». Insomma, «non credo che siano un totem».

 

È questa la notizia: se ci fosse «un nome condiviso da tutta la coalizione», spiega Pisapia, ci si potrebbe anche rinunciare. Ma esiste? Molto difficile. Anche perché questa gestione lascia un quadro controluce. Se anche gli avversari le riconoscono buoni successi nella mobilità, nel welfare, in un’idea di «città generosa», nel rigore, le cose sono andate meno bene nella gestione delle partite economiche, per esempio l’Expo. La giunta è parsa viverle come un atto dovuto. Cosa che non ha scaldato una città dinamica come Milano.

pierfrancesco majorino pierfrancesco majorino

 

A questo si aggiunge che, nonostante qui la reazione del sistema economico alla crisi sia stata migliore che nel resto del paese, i dati Istat attestano una disoccupazione che - in città e provincia - nel 2010 viaggiava attorno al 6, e ora è all’8 per cento. La grande stagione della «primavera arancione» - satira, creatività dal basso, web, inventiva e sfottò geniali alla Moratti tipo la moschea di Sucate - è un ricordo sbiadito.

 

Dire che la città è più fredda verso il suo sindaco è enunciare un dato di fatto. In più incombe una difficoltà finanziaria grave sul Comune, che con tagli ai servizi e aumenti delle tasse ha dovuto fronteggiare uno stop ai trasferimenti pubblici nell’ordine di un miliardo l’anno.

 

STEFANO BOERI STEFANO BOERI

Ci dice Stefano Boeri, l’architetto che è spesso stato sull’altro fronte rispetto a Pisapia, «mi auguro che Milano non perda il suo contributo, anche se con lui ho avuto anche aspri conflitti, soprattutto riguardo ad Expo e alla visione della Milano che sarà». Si candiderebbe, gli chiediamo? Lui nega risolutamente. Da qui a novembre vedremo.

 

Opzioni interne come Pierfrancesco Majorino, sinistra pd, che potrebbe agire in continuità con la coalizione Pd-Sel, non decollano. Il finanziere Francesco Micheli, amico di Renzi, e dal Pd sondato, ha però 77 anni. Il nome del direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli resta - da quindici anni - quasi un sogno, e è forse l’unico che metterebbe tutti d’accordo facendo rinunciare alle primarie. Impresa che - ci dice un’ottima fonte - non riuscirebbe neanche a Umberto Ambrosoli: un po’ perché appannato dalla sconfitta contro Maroni (ma a Milano città andò molto bene), un po’ perché «il Pd lo vive come un estraneo».

FERRUCCIO DE BORTOLI FERRUCCIO DE BORTOLI

 

Piccolo particolare: tra i tre delegati lombardi per eleggere il presidente della Repubblica, nel 2013 (rielezione di Napolitano) per la minoranza regionale fu scelto appunto il figlio dell’«eroe borghese». Mentre nel 2015 (elezione di Mattarella) il Pd ha mandato a votare il segretario regionale Alessandro Alfieri... Poi, naturalmente, c’è Matteo Renzi. Che potrebbe stupire tutti con un nome a sorpresa. È molto presto per azzardarlo, ma Andrea Guerra non sarebbe estraneo alle opzioni che il premier ha sussurrato a qualcuno.

 

lia quartapelle 8 pisapia lia quartapelle 8 pisapia

 

 

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