A CASA SCAJOLA ANCHE I MURI HANNO I DOSSIER - L’ARCHIVIO SEGRETO DI SCIABOLETTA ERA NASCOSTO IN ALCUNE NICCHIE SCAVATE NELLA PARETE, DIETRO QUADRI O STAMPE - L’EX MINISTRO AMAVA VANTARSI: “VI TENGO TUTTI PER LE PALLE”

Tutto il materiale è stato trovato sola alla seconda perquisizione: nello studio di Scajola spostando alcuni quadri sono saltate fuori le nicchie nelle quali c’erano alcuni hard disk e una serie di pen drive. Così una dopo l’altra sono saltate fuori tutte le “edicole” nascoste, ed in ognuna di esse il materiale informatico cercato…

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1 - SCAJOLA, L’ARCHIVIO SEGRETO ERA DENTRO I MURI

Giuseppe Baldessarro per “La Repubblica

 

video scajola video scajola

Era nascosto in alcune nicchie scavate nel muro. In piccoli vani nascosti da quadri o stampe. In alcuni casi coperti ad occhi indiscreti da armadietti leggeri, tali da poter essere spostati da una sola persona. Lo hanno trovato in quei buchi l’archivio segreto di Claudio Scajola. È dalle mura che è saltata fuori la “storia” dell’ex ministro dell’Interno e Presidente del Copasir.

 

Non è stato semplice, perché dalla prima perquisizione ad Imperia, fatta sia allo studio privato di via Matteotti che in quello della casa di Via Diano Calderina, non era affiorato nulla. O meglio, gli uomini della Dia di Reggio Calabria avevano sequestrato soltanto la parte di archivio “pubblico”. Documenti, computer, tablet e telefonini che già in passato erano stati passati allo scanner dagli investigatori di diverse procure.

 

SCAJOLA ARRESTATO jpeg SCAJOLA ARRESTATO jpeg

Nulla di particolarmente interessante, ma è proprio analizzando quei file che i magistrati che conducono l’inchiesta sulla fuga di Amedeo Matacena a Dubai (il pm della Dda Giuseppe Lombardo e l’aggiunto della Dna Francesco Curcio) si sono convinti a firmare un secondo decreto di perquisizione, eseguito dopo la prima dell’8 maggio scorso.

 

Una scelta compiuta alla luce del fatto che da alcuni documenti spuntavano riferimenti ad altri fascicoli e a cartelle informatizzate che però non erano state immediatamente trovate. Così, scrivono i magistrati, «atteso che vi è il fondato motivo di ritenere che uno o più documenti di natura informatica siano sfuggiti all’attività di ricerca» vi è la necessità di una «ulteriore attività di perquisizione dei locali di abitazione, di ufficio e delle sedi aziendali riferibili a Claudio Scajola».

 

MATACENA CHIARA RIZZO SCAJOLA MATACENA CHIARA RIZZO SCAJOLA

Un nuovo blitz che ha anche riguardato Giuliana Fossati (non indagata), un tempo segretaria dell’ex ministro. Un lavoro molto più dettagliato di quello svolto in precedenza dagli inquirenti. A essere rivoltati come un calzino questa volta non sono stati solo gli studi. I magistrati hanno agito d’urgenza per timore che il materiale potesse essere fatto sparire. Nello studio di Scajola spostando alcuni quadri sono saltate fuori le nicchie nelle quali c’erano alcuni hard disk e una serie di pen drive. Così una dopo l’altra sono saltate fuori tutte le “edicole” nascoste, ed in ognuna di esse il materiale informatico cercato.

 

ARRESTO CHIARA RIZZO MATACENA ARRESTO CHIARA RIZZO MATACENA

Per la Procura si tratta dell’archivio segreto di Scajola, quello mai trovato in passato. Ora il materiale si trova al Centro Dia di Reggio Calabria, nelle mani degli analisti che ne stanno tirando fuori una marea di dati. Qualcuno si spinge a dire «gli ultimi 30 anni di storia politica e personale di Scajola». Materiale sul quale al momento vige il massimo riserbo, che molto probabilmente confluirà nel processo del 22 ottobre con rito immediato deciso ieri dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria che ha accolto la richiesta della Procura.

 

CHIARA RIZZO MATACENA SULL AEREO FOTO DI MATTEO INDICE CHIARA RIZZO MATACENA SULL AEREO FOTO DI MATTEO INDICE

I magistrati avevano chiesto il giudizio immediato per Chiara Rizzo (moglie di Amedeo Matacena), per l’ex ministro Claudio Scajola, le segretarie dei due ex politici Roberta Sacco e Maria Grazia Fiordelisi e per il factotum di Matacena, Martino Politi. Inizialmente lo stesso iter era stato chiesto per Matacena, la cui posizione è stata poi stralciata. Ad alcuni viene contestato il reato di procurata inosservanza di pena, ad altri l’intestazione fittizia di beni dello stesso Matacena, ancora latitante a Dubai.

 

2. VI TENGO IN PUGNO, LA PASSIONE DI CLAUDIO PER LE VITE DEGLI ALTRI

Massimo Calandri per “La Repubblica

 

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«Vi tengo tutti per le palle». Sono almeno trent’anni che Claudio Scajola lo ripete a quelli che gli stanno intorno. Politici, imprenditori e uomini d’affari ma anche semplici impiegati. A Roma, Genova, Imperia, Montecarlo. Li fissa negli occhi con una strana luce facendoli deglutire, preoccupati. E suona peggio di una minaccia, è come un mantra, una formula magica che evoca chissà quali peccati segreti che non c’è bisogno neppure di nominarli, tanto lui ha le “prove”, e potrebbe tirarle fuori quando vuole.

 

CHIARA RIZZO MATACENA CONSEGNATA ALLA POLIZIA ITALIANA AL CONFINE CON LA FRANCIA CHIARA RIZZO MATACENA CONSEGNATA ALLA POLIZIA ITALIANA AL CONFINE CON LA FRANCIA

Adesso che è caduto in disgrazia e ad Imperia non ne hanno più paura, raccontano che u ministru — qui continuano a chiamarlo così — ha cominciato a raccogliere informazioni e confidenze quando era sindaco e per segretaria aveva un’elegante signora bionda, Rosanna. Era il 1982, Scajola compiva 34 anni ed era il primo cittadino più giovane d’Italia in una città capoluogo di provincia. Catalogava in maniera maniacale appunti, verbali, fotografie. Ordinati per nome, e poi per periodi di tempo, luoghi.

 

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Aveva già buoni amici tra le forze dell’ordine e i servizi, almeno nella sua regione. Sapeva tutto di tutti, e più sapeva più era avido di conoscere: «Ma non ho mai reso pubblico nulla». Parole che Claudio Scajola pronunciò anche il primo dicembre del 2012, durante una infuocata assemblea del coordinamento ligure Pdl.

 

Si rivolse a tre ex fedelissimi — Michele Scandroglio, Eugenio Minasso e il senatore Luigi Grillo, arrestato a maggio per lo scandalo dell’Expo 2015 — , “colpevoli” di non essergli stati abbastanza vicino durante le disavventure giudiziarie: «So tutto di voi. Lo so per via degli incarichi istituzionali che rivestivo. Conosco i vostri segreti, anche se non ho mai utilizzato contro di voi le vicende delicate che vi riguardano».

 

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I presenti sostengono che si riferiva a quei due anni trascorsi al vertice del Copaco, il Comitato per il controllo dei servizi di sicurezza. Di certo, non mentiva. In un cassetto del suo ufficio imperiese di piazza Matteotti, tanto per dire, quattro mesi più tardi saltò fuori un’informativa dei carabinieri del 1998 in cui Minasso veniva indicato come “assiduo assuntore di cocaina”.

 

C’erano altri documenti riservati: “Un appunto con stralci di intercettazione telefoniche riferibili al fascicolo penale aperto dalla Procura di Roma”, “atti di un procedimento penale avviato da un privato contro l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”, note dei servizi segreti, una pratica del Comune di Imperia che non doveva essere lì, verbali giudicati formalmente “riservati” dal Ministero dell’Interno.

 

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“Fotocopie che qualcuno mi ha messo nei giorni scorsi nella cassetta delle lettere. Alcune di quelle carte sono finite anche nelle redazioni dei giornali”, si era difeso con la polizia postale, che gli aveva perquisito lo studio nel corso dell’inchiesta per una ristrutturazione alla villa di Imperia in odore di illecito. Eugenio Minasso, ex deputato Pdl, aveva poi spiegato che quell’informativa era riferita «ad una vicenda molto vecchia nata quando un amico venne fermato con un po’ di droga e raccontò cose non attendibili agli inquirenti, forse per cercare di salvare se stesso. Però tutto si fermò lì». Ma tant’è.

 

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Con le premesse di trent’anni fa, è difficile credere che non abbia continuato a collezionare informazioni e confidenze ad esempio nell’anno passato da ministro dell’Intero o nel periodo al Copaco (poi Copasir), quando si vantava di avere dei «servizi segreti personali» e si rivolgeva agli avversari politici dicendo: «Vi tengo in pugno».

 

Quel che i suoi collaboratori ricordano è che quasi tutto l’archivio ligure fu trasferito dall’ufficio di piazza Matteotti a Villa Ninina, sulle alture di Oneglia, intorno al 2001, quando era al Viminale. Quintali di carte, fotografie, video, cd (molti arrivati da Roma): furono stipati al piano terra di un casolare che prima era usato come ricovero degli attrezzi. Nel locale, poi perquisito dalla Dda, Scajola passava tutte le domeniche pomeriggio. Solo e felice. Con i suoi segreti.

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