SUL CASO DI ILARIA SALIS ARRIVA L’AVVERTIMENTO DEI SERVIZI ITALIANI – L’AISE HA FATTO NOTARE AL GOVERNO CHE, CON ATTACCHI SOPRA LE RIGHE E LA “POLITICIZZAZIONE” DELLA VICENDA, SI RISCHIA L'IRRIGIDIMENTO DELL'UNGHERIA – NELL’INCONTRO CON IL PADRE DELLA 39ENNE, ROBERTO SALIS, IL MINISTRO NORDIO HA NEGATO LA RICHIESTA DI UNA LETTERA DI "CHIARIFICAZIONE" SUI DOMICILIARI IN ITALIA DA CONSEGNARE AI GIUDICI DI BUDAPEST...

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Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “la Stampa”

 

ILARIA SALIS ILARIA SALIS

Il papà di Ilaria Salis, l'ingegner Roberto, è uscito affranto dall'incontro con i due ministri a Roma, Carlo Nordio e Antonio Tajani. «Siamo stati lasciati soli». Si aspettava altre risposte. Che non sono venute. Al momento della verità, infatti, i responsabili della Giustizia e degli Esteri hanno dovuto dire una brutale verità a quel padre in ambasce: tutto dipende dal giudice ungherese, e la sua battaglia dovrà combatterla interamente a Budapest.

 

La via stretta del governo deve tenere conto delle emozioni emerse in Italia, a cui Giorgia Meloni è sicuramente sensibile, al punto che, raccontano, mai come in questi giorni palesa tensione, nervosismo. Ma Palazzo Chigi non può neppure ignorare le suscettibilità dell'Ungheria.

 

ROBERTO SALIS - PADRE DI ILARIA SALIS ROBERTO SALIS - PADRE DI ILARIA SALIS

[…] in queste ore anche l'Aise avrebbe segnalato al governo che a politicizzare ulteriormente la questione si rischia di produrre un effetto contrario a quello desiderato. Con attacchi sopra le righe, sostengono i Servizi, non si aiuterà a velocizzare il percorso e a rasserenare gli animi per tirare fuori la Salis dalla cella ungherese.

 

CARLO NORDIO CARLO NORDIO

Anche dentro la maggioranza gli umori sono diversi e si rischiano nuove crepe. L'ingegner Salis nei giorni scorsi sembrava aver colto il messaggio e aveva invitato tutti «a moderare i toni». Ieri però, evidentemente sotto pressione, è sbottato lui per primo. E nelle difficoltà sue e dei ministri che lo hanno ricevuto, è prevedibile che sguazzerà la Lega. È atteso un nuovo intervento di Matteo Salvini.

 

Il ministro Tajani condivide la preoccupazione di complicare le cose e spiega: «Continuiamo a impegnarci perché possa essere rispettata la normativa comunitaria per i diritti dei detenuti». E sono parole che alla famiglia e alla sinistra non sono piaciute. Ma Tajani ha solo ripetuto un'ovvietà: la Salis è una detenuta in attesa di processo e a questo punto tutto dipende dalla magistratura ungherese.

 

La famiglia Salis chiedeva sostanzialmente una cosa: una lettera di "chiarificazione" sui domiciliari in Italia, sul fatto che sono una cosa seria, con controlli di polizia a domicilio e braccialetto elettronico, a firma del ministro Nordio, da allegare alla prossima domanda che i legali presenteranno al tribunale di Budapest.

ILARIA SALIS ILARIA SALIS

 

Ma Nordio ha risposto che non si può: sarebbe altamente irrituale che il ministro della Giustizia di un Paese straniero scriva direttamente ad un tribunale, e anche se il governo avesse voluto fare uno strappo «c'è il rischio di irrigidire ulteriormente gli ungheresi». Insomma, la richiesta dei Salis è considerata sbagliata sotto tutti i punti di vista.

 

Nordio ha insistito sull'impostazione del ministero della Giustizia: l'unica strada è che gli avvocati di Ilaria Salis chiedano i domiciliari in Ungheria, poi si può vedere di trasferirla ai domiciliari in Italia. «Prima vanno attivati i domiciliari nel Paese straniero, poi si può fare ricorso alla Direttiva Quadro del 2009». […]

 

ILARIA SALIS ILARIA SALIS

In subordine, poiché i Salis hanno paura di ritorsioni dei neonazisti e non hanno alcun appoggio in quel Paese, il babbo di Ilaria ha chiesto che l'ambasciata possa accogliere la giovane. Gli hanno detto un secondo no. Perché non ci sono precedenti in questo senso. E se si fa uno strappo per la Salis, in futuro migliaia di italiani arrestati all'estero avrebbero diritto a chiedere un uguale trattamento.

 

C'è stato un solo caso paragonabile: quando i due marò italiani furono confinati nell'ambasciata di Italia a Nuova Delhi. Ma quello – si osserva – fu un caso particolarissimo; i due erano soldati, dipendenti dello Stato, e rispondevano di un presunto reato che avrebbero commesso nell'ambito di ordini ricevuti. […]

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