- IL CAVALIERE DISARCIONATO - ANTONIO BATANI, IMPRENDITORE PARTITO DA UNA PENSIONE A DUE STELLE E ORA A CAPO DI UN PICCOLO IMPERO ALBERGHIERO, UN ANNO FA ERA STATO INSIGNITO DELL’ONOREFICENZA DI CAVALIERE AL MERITO DELLA REPUBBLICA - MA DUE MESI FA E’ ARRIVATA LA “REVOCA PER INDEGNITA’” DAL QUIRINALE - ALL’ORIGINE DEL CLAMOROSO DIETROFRONT QUALCHE CONDANNA E UN MISTERIOSO “DELATORE”… -

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Mario Gerevini per il "Corriere Economia - Corriere della Sera"

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Luci e qualche ombra. Le luci di un'incredibile avventura imprenditoriale, quella di un ex cameriere romagnolo, Antonio Batani, che è partito da una pensione due stelle per arrivare a mettere insieme un piccolo impero di 10 alberghi, soprattutto 4 e 5 stelle, fino a realizzare il sogno di acquistare per 65 milioni il Grand Hotel di Rimini, frequentato da principi e re e celebrato da Federico Fellini nei suoi film.

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Le ombre riguardano un fatto recente ma rimandano al passato: la revoca per indegnità dell'onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica conferitagli appena un anno prima. Il decreto, firmato dal Presidente della Repubblica, è di quest'estate, poche righe pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 21 giugno. È un caso più unico che raro di conferimento e revoca dell'onorificenza in così poco tempo. Ma la storia di Batani va raccontata per intero e non si riduce a quest'ultimo episodio.

IL PRINCIPE ARABO
Quest'estate Salman al Saud, erede al trono dell'Arabia Saudita, nonché ministro della Difesa, ha passato 16 giorni in riviera romagnola alloggiando, armi e bagagli (82 bauli griffati, 37 persone al seguito), all'Hotel Palace, un 5 stelle di Milano Marittima dove tutto è lusso e le giornate girano intorno allo spritz più che allo spread. Non è uno Sheraton o un Hilton. È un Batani Antonio. La sua Select Hotels Collection raggruppa due cinque stelle, sette quattro e il resto a tre; quasi tutti sulla riviera romagnola ma uno anche in Romania. E in progetto c'è un «5 stelle extralusso» a Cesenatico.

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Forse Federico Fellini ci avrebbe fatto un film su questo signore, figlio di un muratore, concreto e tenace che ha sempre vissuto senza protagonismo, facendo al meglio quello che sa fare: gestire alberghi. Fin da quando - si racconta - con papà, mamma e due sorelle gestiva la pensione Delia, due stelle e l'unica dipendente sposata poco dopo.
La coppia metterà al mondo tre figli, oltre a undici hotel. Uno è il Brasil di Milano Marittima, di proprietà del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi.

TUTTO IN FAMIGLIA
I figli di Batani lavorano nell'impresa di famiglia. La loro azienda agricola produce buona parte della frutta e verdura (e uova) utilizzata nelle cucine degli alberghi. È sempre un'impresa targata Batani, con 30 dipendenti, a curare ristrutturazione e manutenzione degli hotel. E tutti vivono in un albergo.

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Se mai il capostipite ha tradito il Sangiovese per lo Champagne, l'ha fatto la notte dopo l'acquisto del Grand Hotel, ripensando con la moglie a quando tiravano avanti («guadagnando bene») la pensioncina due stelle senza vista mare.

«Il Grand Hotel, guadagna - dice Batani - è aperto tutto l'anno, ha una clientela mondiale e ormai la ristrutturazione è completata all'85%». La società che lo gestisce ha tuttavia un patrimonio netto negativo di 2,5 milioni effetto, probabilmente, dei costi d'acquisto e ristrutturazione.

La proprietà del gruppo fa capo totalmente alla famiglia, in trasparenza, senza fiduciarie o holding estere. L'esposizione con le banche (Popolare Ravenna e Cassa Cesena) è garantita da asset immobiliari di valore e gli stessi Batani, con i loro soldi (finanziamenti soci per oltre 10 milioni) contribuiscono a far girare le imprese. Il Palace di Milano Marittima, dove i menu del ristorante sono in italiano e in russo, fa un utile di 1 milione l'anno nonostante un carico di 16 milioni di debiti.

L'ONORIFICENZA
A coronare la carriera di Batani, arriva il 2 giugno 2011 il decreto del Presidente della Repubblica che su proposta della Presidenza del consiglio dei Ministri lo nomina Cavaliere dell'Ordine al merito della Repubblica. È un'onorificenza destinata a «ricompensare benemerenze acquisite verso la Nazione nel campo delle lettere, delle arti, dell'economia...».

ANTONIO BATANI CON EMANUELE FILIBERTO jpegANTONIO BATANI CON EMANUELE FILIBERTO jpeg

Neanche un mese dopo si viene a sapere che la Guardia di Finanza di Ravenna ha appena chiuso un'indagine per presunta evasione di 7 milioni nella compravendita del Grand Hotel. La pratica poi finisce per avocazione alla direzione regionale delle Entrate che fa a pezzi l'inchiesta, avallata dalla direzione provinciale, dando ragione a Batani.

LA REVOCA
Non è questo, dunque, il motivo dell'annullamento dell'onorificenza che è oggetto di un altro decreto (17 aprile 2012) del presidente Giorgio Napolitano, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2012. Sono atti che viaggiano tra le righe delle Gazzette e ai quali non è mai stata data pubblicità. Nè prima nè alla revoca.

Ma perché cancellare la decorazione cavalleresca? «Incorre nella perdita dell'onorificenza l'insignito che se ne renda indegno». Che ha combinato Batani? L'istruttoria, vagliata dagli uffici del Quirinale, ha fatto emergere un pacchetto di condanne per diversi illeciti e reati, alcuni, per la verità, di lieve caratura. Nell'elenco c'è un albergo che anni fa non ha ottemperato alle ordinanze dei vigili del fuoco in materia di igiene, un'altra condanna riguarda problemi di vicinato (le emissioni dell'impianto di condizionamento di un hotel), un abuso edilizio (sentenza definitiva del '99) ma anche la condanna del 1997 per una rilevante evasione fiscale.

Fatti sufficienti a revocargli il «cavalierato» appena dieci mesi dopo la nomina, portata avanti, evidentemente senza adeguata istruttoria, da chissà quale membro del Governo Berlusconi e zelante amico di Batani. Ma qualcuno si è poi dato da fare per raccogliere il materiale necessario ad avviare la pratica di revoca. E non si sa chi sia stato.

 

 

 

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