CI VORREBBE UN BELL’ISPANICUM - DALLE URNE SPAGNOLE VIENE FUORI (DI NUOVO) L’INGOVERNABILITA’. LA STRADA DELLE LARGHE INTESE TRA POPOLARI E SOCIALISTI E’ PIENA DI OSTACOLI A INIZIARE DAL “NO” DI PEDRO SANCHEZ: “CON I POPOLARI MAI, SIA CON RAJOY CHE SENZA”

Mentre Podemos e Ciudadanos si leccano le ferite, la Spagna si ritrova di nuovo nella palude politica. Tornare per la terza volta al voto sarebbe un’assurdità, ma la strada per formare una maggioranza è tutta in salita…

Condividi questo articolo


Roberto Pellegrino per ''il Giornale''

 

RAJOY RAJOY

Il giorno dopo le elezioni, la Spagna si rende conto di non essere più lontano di sei mesi fa. Le urne hanno ribadito il rebus della governabilità. E il voto di domenica, invece, ha contraddetto i media che davano per scontato il sorpasso di Podemos sui socialisti. Le urne hanno mostrato la fragilità dei due partiti populisti, gli ex Indignados del professor Pablo Iglesias e Ciudadanos, esperimento sociale del centrista Albert Rivera che, più di tutti i candidati, ha pagato.

 

ALBERT RIVERA 1 ALBERT RIVERA 1

Nulla di nuovo quindi sul suolo iberico. Il Partito popolare del premier Rajoy, è rimasto in vetta e si è anche rafforzato rispetto a dicembre: è cresciuto di 13 deputati, ottenendone 137 su 350, (33% dei voti). Un piccolo grande successo per il grigio politico con la faccia e i modi da ragioniere che ha dovuto fare l' antipatico e traghettare il Paese fuori dalla crisi economica, strettamente sorvegliato da Bruxelles e dalla Merkel.

 

I socialisti hanno riconquistato il secondo gradino del podio, perdendo però 5 seggi al Congresso e chiudendo a 85 (22,8%): se già a dicembre avevano raccolto un pessimo risultato, domenica si sono superati, evitando, tuttavia, il disonore del sorpasso a sinistra del Codino Iglesias.

 

Podemos, il partito del cambiamento, che in 48 mesi ha convinto un quinto dell' elettorato, erodendo voti a Pp e Psoe alle legislative 2015, domenica ha ottenuto il medesimo numero di seggi, 71, ma con l' iniezione dei voti di Izquierda Unida, con cui si è alleato, è franato rovinosamente. Stessa sorte per Ciudadanos, gli indignati catalani di centrodestra, il cui voto è stato vampirizzato dal Pp: da 40 seggi sono scesi a 32 (12,9%).

pedro sanchez 7 pedro sanchez 7

 

Y ahora que? E ora che si fa? Si chiedono gli spagnoli che per la seconda volta in sei mesi sono nel pantano. Il cambiamento sperato, dopo una delle più brutali crisi economiche con picchi di 6 milioni di senza lavoro, si è arenato. Gli spagnoli hanno dimostrato l' incapacità di staccarsi da quarant' anni di comodo bipartitismo. Non si fidano più e temono un nuovo e assurdo ritorno alle urne.

 

Si sono entusiasmati nel 2011 con le occupazioni pacifiche delle principali piazze, si sono innamorati di facce nuove: il bel Pedro Sanchez, nuovo segretario degli obreros, che prometteva di rottamare il vecchio e corrotto Psoe, l' inedito Pablo Iglesias, carismatico e dialetticamente superiore nei dibattiti, favorevole all' indipendenza della Catalogna, ma pasticcione sull' Europa, tanto che gli elettori hanno creduto volesse buttare fuori la Spagna dalla Ue, ora che Bruxelles salvava le cianotiche banche iberiche.

Il bacio tra Pablo Iglesias di Podemos e Xavier Domenech Il bacio tra Pablo Iglesias di Podemos e Xavier Domenech

 

Non gli hanno riconfermato la preferenza sotto l' effetto Brexit. Per non dire di Albert Rivera, super bello, ma lontano dall' essere il cambiamento. Adesso parlano i numeri: sulla carta l' unica coalizione da maggioranza assoluta (176 deputati) è da costruire sulle larghe intese tra Pp e Psoe. Ma Sanchez ha già dichiarato che con i Popolari mai, sia con Rajoy che senza.

 

pablo iglesias da possiamo a potiamo pablo iglesias da possiamo a potiamo

E i numeri allora tirano in ballo una coalizione ideologica: socialisti, ex indignati di sinistra (Podemos) ed ex indignati di destra (Ciudadanos): assieme arriverebbero a 188, un esecutivo di otto scranni risicati e bisognoso del sostegno delle forze politiche locali, anche indipendentiste che, però, i Socialisti non accetterebbero mai. Y ahora que?

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

MAMMA! MORMORA LEONARDINO… - L’AFFETTUOSO INCONTRO TRA LA VEDOVA DEL VECCHIO, NICOLETTA ZAMPILLO, CON IL VIVACISSIMO FIGLIO LEONARDO MARIA, IN DECOLLO PER LA “FEBBRE DEL SABATO SERA” MILANESE: "CHIODO" AL POSTO DEL DOPPIOPETTO MANAGERIALE - DAL 27 GIUGNO 2022, SONO TRASCORSI OLTRE DUE ANNI DALLA SCOMPARSA DI DEL VECCHIO E LA GUERRA SULL’EREDITÀ TRA GLI 8 EREDI SI E’ INGARBUGLIATA DEFINITIVAMENTE QUANDO È ESPLOSO IL CASO DEGLI SPIONI MILANESI DI EQUALIZE SRL, DOVE TRA I CLIENTI PIU’ DOVIZIOSI SBUCA LEONARDINO CHE ‘’VORREBBE MONITORARE IL FRATELLO MAGGIORE CLAUDIO DEL VECCHIO E UN CONSULENTE CHE STA VICINO A UNA DELLE SUE SORELLE, PAOLA DEL VECCHIO…”

AL QUIRINALE HANNO LE PALLE PIENE DI MALUMORE PER LE SPARATE ANTI-GIUDICI DEL GOVERNO DUCIONI: "NEANCHE AI TEMPI DI BERLUSCONI..." - SERGIO MATTARELLA, CHE È IL CAPO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, È IRRITATO PER IL CLIMA DI DELEGITTIMAZIONE COSTANTE DELLE TOGHE DA PARTE DELLA MELONI E DEI SALVINI – L’AMMISSIONE PRESIDENZIALE (“PIÙ VOLTE HO PROMULGATO LEGGI CHE RITENEVO SBAGLIATE E INOPPORTUNE”) SPIEGA BENE IL CLIMA DI INSOFFERENZA VISSUTO AL COLLE - DI SCAZZO IN SCAZZO, MATTARELLA, DEPOSTA LA MASCHERA DA "MUMMIA SICULA", POTREBBE RISPONDERE IL 31 DICEMBRE, SCODELLANDO UN DURISSIMO DISCORSO DI FINE ANNO IN MODALITA' COSSIGA: UNA PICCONATA DOPO L'ALTRA…

DAGOREPORT – LA MEGALOMANIA DI LETIZIA MORATTI NON HA LIMITE: NON PAGA DEI FLOPPONI ALLE REGIONALI E ALLE EUROPEE, SI AUTO-CANDIDA A SINDACO DI MILANO. E HA FATTO UNA “PROPOSTA INDECENTE” A MARINA E PIER SILVIO: LA SIGNORA BRICHETTO VORREBBE RILEVARE UNA QUOTA DELLA FIDEIUSSIONE BANCARIA DA PIÙ DI 90 MILIONI CON CUI I FRATELLI BERLUSCONI SONO DIVENTATI “PROPRIETARI” DI FORZA ITALIA. RISPOSTA? NO, GRAZIE – I RAPPORTI TRA LA FAMIGLIA DEL CAV E TAJANI NON SI RASSERENANO…

DAGOREPORT - L’INIZIATIVA DI OLAF SCHOLZ DI CHIAMARE PUTIN PER TROVARE UNA SOLUZIONE ALLA GUERRA, CON CONSEGUENTE INCAZZATURA DI ZELENSKY, HA UN COMPLICE: LA POLONIA DI TUSK – LA MOSSA È INNESCATA NON SOLO DALLA CRISI ECONOMICA TEDESCA MA ANCHE DAL TRIONFO DI TRUMP - CON URSULA VON DER LEYEN DEBOLISSIMA, I LEADER DI GERMANIA E POLONIA HANNO CAPITO CHE NON POSSONO LASCIARE L’INIZIATIVA DI UNA TRATTATIVA DI PACE CON PUTIN AL TRUMPONE E ALLA SUA POLITICA ISOLAZIONISTICA CHE DELL’EUROPA SE NE FOTTE...