1. AL GOLDEN GATE DOPO QUASI 40 ANNI. ARRIVÒ BUROCRATE, TORNA DA PRESIDENTE
Estratto dell’articolo di Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera”
UN GIOVANE XI JINPING A SAN FRANCISCO NEL 1985
Ci sono due Xi Jinping. Quello che a marzo, parlando all’Assemblea del popolo a Pechino, ha tradito il suo nervosismo per le difficoltà dell’economia incolpando «gli Stati Uniti che perseguono una strategia di accerchiamento, contenimento e soffocamento delle legittime ambizioni di crescita della Cina».
E poi c’è il leader comunista che a ottobre ha ricevuto una delegazione di senatori venuti da Washington e ha assicurato che «ci sono mille ragioni per migliorare le relazioni e nemmeno una per rovinarle» (tra le prime, i circa 700 miliardi di dollari di interscambio commerciale, con surplus cinese da 380 miliardi).
xi jinping con magic johnson e la maglietta dei los angeles lakers 2012
La missione di Xi a San Francisco ha soprattutto l’obiettivo di ripresentarsi come uno statista con il quale si possono fare affari. Un rivale geopolitico, ma un amico del popolo americano (e dei suoi investitori che vuole rassicurare, perché hanno cominciato a ritirare decine di miliardi di profitti dal mercato cinese).
L’agenzia Xinhua ieri ha accarezzato l’America con un lungo articolo che si apre su una fotografia del 1985: Xi Jinping, magro e sorridente, in posa davanti al Golden Gate Bridge. Era il primo viaggio all’estero del giovane funzionario comunista, alla guida di una piccola delegazione arrivata dalla sperduta contea di Zhengding nella provincia dello Hebei per studiare l’industria agricola americana.
xi jinping e la moglie peng liyuan in una scuola di tacoma, washington
San Francisco era solo il porto d’ingresso, la meta era l’Iowa, dove una famiglia lo ospitò per due settimane nella sua casa di Muscatine, facendolo dormire nella stanza del figlio che era partito per il college.
Al trentunenne futuro segretario generale comunista furono mostrate le tecniche più avanzate per allevare gli animali e restò impressionato: «Aveva un sorriso che non si spegneva mai, era curioso di tutto e faceva sempre domande», ha ricordato uno dei testimoni americani rintracciati dalla Xinhua .
Xi è stato ancora negli Stati Uniti da vicepresidente e poi da presidente, per incontrare Obama e Trump, questa è la prima volta che viene accolto da Joe Biden. Nel portfolio dell’articolo dell’agenzia cinese, che esalta «la continua amicizia e interazione coltivate dal leader con il popolo americano», ci sono immagini di Xi che nel 2012 tornò nell’Iowa a visitare la famiglia di cui era stato ospite nel 1985 e si mise alla guida di un trattore […]; poi di Xi che riceve una maglietta dei Los Angeles Lakers, che assiste a una partita di baseball «alla quale si interessò in modo notevole»; e ancora di Xi felice mentre studenti del college di Tacoma gli donano una maglia da football americano.
La partita di questo vertice è stata preparata con estrema cura da Pechino: nelle scorse settimane Xi ha ricevuto una quantità di ospiti americani e parlando con il governatore della California Gavin Newsom ha aggiunto ai mille motivi per cooperare quello della lotta contro il cambiamento climatico […].
[…] Ha scritto una lettera agli industriali Usa esaltando la «coesistenza pacifica» per il bene del mondo. Però, ai suoi generali continua a ordinare di tenersi pronti a combattere. E sul tavolo del faccia a faccia con Biden riporterà la questione di Taiwan, che per la sua Cina rappresenta «una linea rossa»: la provincia da riconquistare, forse a ogni costo.
XI JINPING VS JOE BIDEN - IMMAGINE CREATA CON MIDJOURNEY
2. EQUILIBRI INSTABILI (MA UTILI)
Estratto dell’articolo di Federico Rampini per il “Corriere della Sera”
[…] Oggi al summit di San Francisco siamo ridotti a considerare come una buona notizia il solo fatto che i due si parlino. O che gli Stati Uniti sperino di incassare una concessione davvero minima come la riduzione delle vendite di fentanyl made in China (smerciato via narcos messicani) che fanno stragi di tossicodipendenti americani. Nulla è più scontato nel clima di antagonismo a 360 gradi.
I recenti incidenti attorno a Taiwan o al pallone-spia cinese sui cieli d’America avevano congelato perfino i contatti di routine. Bisogna accontentarsi che le due diplomazie abbiano creato una scenografia positiva, pur abbassando al minimo le aspettative.
xi jinping e putin - immagine creata con l intelligenza artificiale midjourney
La speranza è che questo vertice sia la prima tappa in un percorso verso un modus vivendi. Per stabilire le regole del gioco di una coesistenza «semi-pacifica». Evitare che alle due guerre già in corso in Ucraina e Medio Oriente se ne aggiunga un’altra in Estremo Oriente, che sarebbe davvero il preludio alla terza guerra mondiale.
I segnali non mancano, da Taiwan alle Filippine non c’è Paese limitrofo che non senta aumentare la pressione militare di Pechino. D’altronde le prime due guerre già esplose hanno chiarito che Xi è disposto a compromettere i suoi ricchi rapporti economici con l’Occidente e con Israele, pur di distrarre l’America e risucchiarne le risorse strategiche lontano da sé.
La mancata condanna delle stragi di Hamas il 7 ottobre da parte della Repubblica Popolare è stridente alla luce delle eccellenti relazioni che aveva con Tel Aviv; o del modo con cui Xi ha estirpato il radicalismo islamico a casa sua (un milione di musulmani uiguri rinchiusi in «campi di rieducazione»). Ma non sorprende se le priorità della leadership comunista sono chiare: indebolire l’Occidente.
A PECHINO L’ACCORDO TRA ARABIA SAUDITA E IRAN
[…] La narrazione speculare riguarda l’America, vista dai cinesi e non solo da loro: una nazione spaccata e sfiduciata, con un’economia ancora vigorosa e per certi aspetti dominante, ma una società corrosa da mali incurabili, un sistema politico sempre sull’orlo di una crisi terminale, una leadership internazionale contestata. Rincuora la nomenclatura comunista osservare che perfino la politica estera Usa è ormai oggetto di faide tribali, che dividono non solo i repubblicani dai democratici, ma perfino ciascuno dei due partiti.
L’Ucraina ha spaccato in due la destra, la Palestina sta facendo lo stesso a sinistra. La rivolta anti-Israele che divampa dentro lo staff dell’Amministrazione Biden è uno spettacolo d’insubordinazione che per il partito comunista cinese è una prova di decadenza irreversibile. Perfino gli aneddoti di costume rafforzano a Pechino un complesso di superiorità.
L’entourage di Xi gongola alla notizia che per la prima volta da anni San Francisco è riuscita a far scomparire l’esercito di homeless che occupa il centro storico: c’è voluto un leader comunista di passaggio per ottenere quello che gli abitanti della città imploravano. L’antagonismo America-Cina sta ridisegnando le mappe della globalizzazione: non è morta, ma ha intrapreso una lunga e graduale metamorfosi.
XI JINPING VLADIMIR PUTIN MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
L’Occidente riesce a rendersi, parzialmente e lentamente, meno dipendente dalla Cina. Quest’ultima fa lo stesso con noi. Il 2023 è un anno di svolta: per la prima volta il commercio cinese con l’insieme dei Paesi emergenti ha sorpassato quello con America Europa Giappone. Nel mondo che verrà, Pechino si candida ad essere il centro di un nuovo ordine globale, spostando l’asse delle proprie relazioni verso il Grande Sud. Se le nostre profezie sulla fine del miracolo cinese forse scambiano desideri per certezze, è possibile (sperabile) che la leadership comunista sbagli nel prevedere il crollo finale dell’Occidente. Il mondo intero deve abbassare le aspettative, augurarsi un accordo sui termini del disaccordo tra le superpotenze, regole del gioco che garantiscano un conflitto controllato e a bassa intensità. Replicare l’instabile equilibrio Usa-Urss della prima Guerra fredda forse sarebbe già un progresso.
xi jinping a san francisco gavin newsom xi jinping vladimir putin xi jinping a pechino xi jinping a san francisco il governatore della california Gavin Newsom e xi jinping XI JINPING COME 007 xi jinping visita la lincoln igh school di tacoma a washington