Federico Capurso per “la Stampa”
Quattrocento nomine di Stato: ecco cosa c' è davvero in palio a palazzo Chigi il giorno dopo le Regionali in Emilia Romagna e in Calabria. Eni, Enel, Leonardo, Terna, Poste, Enav e le tre controllate di Cassa depositi e prestiti (Sace, Ansaldo energia e Cdp immobiliare), sono solo alcune delle partecipate che saranno chiamate a rinnovare i loro vertici nel 2020. Nel quartier generale pentastellato, vista la debacle elettorale, adesso si vive con terrore l'attesa del confronto con gli alleati di governo.
«Ci chiederanno il mondo - conferma un membro del governo - e noi, per non darglielo, dovremo comunque cedere metri. D'altronde, c'è una confusione all' interno dei gruppi che renderà complicata ogni resistenza». E alla prossima tornata di elezioni Regionali, in primavera, di fronte a un' altra carrellata di sconfitte, la situazione per i Cinque stelle potrebbe complicarsi ulteriormente.
Non è un caso che i commenti più forti, dopo la catastrofe elettorale, provengano da due colonnelli M5S in prima linea sulla partita delle nomine: il viceministro dell' Economia Laura Castelli, vicina a Di Maio, e il vice allo Sviluppo economico Stefano Buffagni, considerato un uomo di Davide Casaleggio.
LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI
Due personalità che all' interno del Movimento hanno sempre convissuto a fatica, ma che oggi si trovano allineate per prendere le distanze dal Pd e difendere l'autonomia del partito. E infatti, come loro, anche il capo politico reggente, Vito Crimi, respinge la proposta di costruire un fronte comune contro le destre, proveniente da Nicola Zingaretti e da Giuseppe Conte: «Non è il momento di parlare di posizionamento politico, ma di temi», ripete fino allo sfinimento davanti alle telecamere.
Ma è un tentativo di mettere le briglie al caos. Allo stato attuale, nel Movimento non c'è un capo legittimato da un voto degli iscritti, né una linea politica condivisa dai gruppi, spaccati tra chi difende la strategia della «terza via» di Di Maio e chi invece vorrebbe entrare in pianta stabile nel campo progressista. Non c'è nemmeno un' intesa sul capo delegazione al governo.
alfonso bonafede lorenzo fioramonti
La riunione tra i ministri M5S per trovare una quadra si terrà oggi alle 19. In vantaggio rispetto a tutti gli altri c'è il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ma non è un nome che mette tutti d'accordo. Di Maio, ormai, lo considera infatti un avversario interno per la leadership e gli starebbe provando a mettere i bastoni tra le ruote sondando altri nomi. C'è il Guardasigilli Alfonso Bonafede, dato però in svantaggio, e Vincenzo Spadafora, rientrato in queste ore. Ma c'è anche una suggestione: potrebbe essere proprio Crimi a ricoprire il ruolo di capo delegazione, come aveva fatto prima di lui Di Maio.
vincenzo spadafora foto di bacco (2)
Una mossa, questa, per assicurarsi il pieno controllo sul partito. Patuanelli, infatti, è su posizioni opposte rispetto a quelle di Crimi, perché disposto ad aprire un dialogo strutturale con il centrosinistra. L' attuale reggente M5S ha invece respinto le offerte dei dem e resta fedele alla linea della neutralità. Ecco perché Di Maio starebbe muovendo tutte le sue pedine per opporsi all' ascesa del ministro dello Sviluppo. Nel tentativo di salvare la sua eredità.