1. MEDIATORE UE INSISTE, NOMINA SELMAYR NON HA SEGUITO REGOLE
(ANSA) - Il Mediatore Ue resta dell'opinione che la controversa nomina del segretario generale della Commissione, il tedesco Martin Selmayr, non abbia seguito le regole previste e rappresenti quindi un caso di cattiva amministrazione. E' la reazione dell'Ombudsman alla replica ricevuta da parte dell'esecutivo comunitario al rapporto di inizio settembre. "La risposta della Commissione alla nostra indagine non presenta nessuna nuova informazione e non ne modifica i risultati, che erano basati su un'ispezione di documenti interni della Commissione", ha sottolineato l'istituzione guidata dall'irlandese Emily O'Reilly in una nota.
"La nostra indagine", ricorda quindi il Mediatore Ue, "ha dimostrato in dettaglio come la nomina del signor Selmayr non abbia seguito il diritto europeo, e non abbia seguito le regole della stessa Commissione". L'Ombudsman ora "studierà" comunque "in dettaglio" la risposta dell'esecutivo "prima di chiudere l'indagine nelle prossime settimane".
2. CHI È MARTIN SELMAYR, L’EUROCRATE DI BRUXELLES CHE DECIDE I NOSTRI DESTINI
Andrea Fioravanti per www.linkiesta.it del 27 febbraio 2018
È l’uomo che ha chiamato Paolo Gentiloni per rimediare alla gaffe del presidente della Commissione Jean Claude Juncker. È con lui che bisogna trattare se si vuole sforare il deficit nella legge di bilancio o evitare una procedura d’infrazione. Martin Selmayr è il capo di gabinetto della Commissione europea di Juncker e il burocrate più potente di Bruxelles. Secondo molti addirittura il “presidente ombra”. Dalla crisi del debito greco alla strategia per il negoziato Brexit tutti i dossier più importanti dell’Ue negli ultimi quattro anni sono passati nelle sue mani. I 27 commissari devono coordinarsi con lui prima di intraprendere qualsiasi iniziativa.
Un potere assoluto che Selmayr giura di gestire seguendo solo le indicazioni di Juncker. Anche se alle volte sembra il contrario. Questo 47enne avvocato tedesco con molti soprannomi e pochi amici a Bruxelles, in meno di dieci anni è passato da semplice portavoce a segretario generale della Commissione, il ruolo amministrativo più importante dell’Unione europea che ricoprirà dal 1 marzo. E mentre decide ogni giorno i nostri destini divora pacchetti interi di Haribo, le caramelle gommose inventate nella sua città natale Bonn.
Alcuni colleghi lo chiamano il “mostro” di Berlaymont per come gestisce in modo autoritario e dispotico i lavori nel palazzo della Commissione a Bruxelles. Altri ancora invece l’hanno definito il “Rasputin di Juncker” o il “Frank Underwood della politica europea” per il cinismo unito alla spregiudicatezza politica. Come il protagonista di House of Cards interpretato da Kevin Spacey, Selmayr negli ultimi giorni ha organizzato in modo machiavellico il “delitto perfetto”. Ha approfittato della polemica sull’assegnazione non chiara ad Amsterdam dell’agenzia del farmaco ai danni di Milano per costringere alla pensione anticipata l’olandese Alexander Italianer che aveva secretato alcuni documenti presentati dai suoi connazionali.
Selmayr ha colto tutti di sorpresa, forse anche per ripararsi dalle conseguenze politiche della nuova Grande coalizione tra la Cdu e Spd che guiderà la Germania nei prossimi quattro anni. Molto vicino ad Angela Merkel, Selmayr non gode delle simpatie dei socialdemocratici, né di quelle dell’ala più conservatrice della CDU che lo considera troppo europeista. Il capo di gabinetto è un ruolo politico, varia a seconda di chi diventa presidente della Commissione. Invece il segretario generale è un ruolo amministrativo e può terminare solo in tre modi: pensione, dimissioni o una nuova nomina fatta dagli stessi commissione. In pratica, una nomina a vita.
Il ruolo che ricoprirà Selmayr dal 1 marzo è decisivo. Il segretario generale della commissione coordina il lavoro di 20mila funzionari e 27 i commissari per garantire che seguano la linea del presidente della Commissione. Tutte le dichiarazioni, tutte le decisioni, tutte le trattative con gli altri organi europei e gli Stati passano da questa figura chiave. Più o meno tutto quello che non ufficialmente ha fatto l’attuale capo di gabinetto finora.
Per questo secondo molti analisti ci sarebbe lo zampino di Jean Claude Juncker nella nomina di Selmayr. Il 63enne presidente della Commissione europea è rimasto sorpreso dalla tempistica e spregiudicatezza della decisione proposta dal suo capo di ganinetto, ma sa di essere all’ultimo giro di corsa e ha dato il via libera all'operazione. Nel maggio del 2019 Juncker non si potrà candidare per un secondo mandato a causa della poca popolarità e una carriera ormai trentennale nelle istituzioni europeee. Per non disperdere il lavoro fatto finora e in vista delle sfide che dovrà affrontare l’Unione europea ha acconsentito alla manovra personale di Selmayr, pur di avere il suo uomo di fiducia nel tavolo dei dossier più importanti dell’Ue. Tra Brexit, discussione sul budget comunitario e riforma dell’eurozona, Juncker vuole far coordinare i lavori alla persona che dal 2014 condivide la svolta più politica e federalista riformista del presidente della Commissione. E molti assicurano che Selmayr avrà lo stesso atteggiamento duro, invasivo e onnipresente ricoperto finora.
Selmayr è la definizione plastica di burocrate europeo. Ce l’ha scritto nel dna. Il padre Gerhard è stato negli anni ‘90 a capo dello staff della Cancelleria e dirigente generale del ministero della difesa della Repubblica federale tedesca. Il nonno di Martin, Josef, dopo un periodo come tenente colonnello nei Balcani durante la seconda guerra mondiale, negli anni '50 è diventato il primo direttore dei servizi segreti della Repubblica federale tedesca. E Martin ha seguito le loro orme. Dal 1998 al 2000 ha lavorato come consulente legale alla Banca centrale europea. Deve la sua fortuna politica a Elmar Blok, storico europarlamentare tedesco del Ppe e presidente dell'Unione dei federalisti europei. L'incontro è decisivo nel plasmare l'ideologia politica di Selmayr.
Dal 2004 grazie a un concorso è entrato come funzionario nella Commissione europea. Per sei anni è stato il braccio destro e portavoce di Viviane Reding, commissaria europea lussemburghese all’Agenda Digitale fino al 2010. Se oggi abbiamo l’abolizione del roaming che ci permette di usare internet e fare chiamate dal nostro smartphone senza pagare un euro in più rispetto al nostro piano tariffario è anche grazie a lui. Il Lussemburgo è piccolo e non è un caso che Juncker abbia pescato Selmayr dallo staff di Reding per fargli guidare nel 2014 la campagna elettorale per l'elezione a presidente della Commissione europea. Fu proprio il padrino politico di Selmayr, Block, a consigliare Juncker di prendere quel giovane portavoce che aveva già elaborato una strategia per la commissaria Reding, poi ritiratasi dalla corsa.
Nella giungla delle cariche europee la parola “segretario generale” passa inosservata, figuriamoci quanto si parla della commissione europea. Ma il ruolo che ricoprirà Selmayr dal 1 marzo è decisivo. Il segretario generale della commissione coordina il lavoro di 22mila funzionari e 27 i commissari per garantire che seguano la linea del presidente della Commissione. Tutte le dichiarazioni, tutte le decisioni, tutte le trattative con gli altri organi europei e gli Stati passano da questa figura chiave. Più o meno tutto quello che non ufficialmente ha fatto l’attuale capo di gabinetto finora.
Con la nomina di Selmayr, ora tutti i ruoli amministrativi più importanti dell’Unione europea sono ricoperti da tedeschi. Klaus Welle è segretario generale del Parlamento europeo dal marzo del 2009, Helga Schmid invece coordina il lavoro dell'Eeas Servizio europeo per l’azione esterna. A questi potrebbe aggiungersi anche la nomina di Jens Weidmann a capo della Banca centrale europea. L’attuale presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca, è considerato uno dei probabili successori di Mario Draghi all’Eurotower, quando il mandato dell’italiano scadrà il 1 novembre del 2019. Ha senso votare ancora
Finora la strategia politica tedesca è stata diversa da quella italiana. La Germania sa di essere il Paese più ricco e influente dell’Unione europea e per questo i tedeschi preferiscono stare dietro le quinte. Non occupano i ruoli più visibili o mediatici, ma quelli più strategici. Davanti ai microfoni vanno i politici, ma il vero lavoro lo fanno i funzionari. Lì, tra i cavilli e i regolamenti dove veramente conta l’influenza di un Paese quasi sempre ci sono dei tedeschi. Una concezione completamente diversa da quella italiana. Ad oggi abbiamo: il presidente della Banca centrale europea, il presidente del Parlamento europeo, e l’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune. Siamo sicuri di contare veramente qualcosa?
Alexander Italianer con Juncker