Carmelo Lopapa per “la Repubblica”
Volevano scaricare tutto su di me, come se fossi responsabile di quel che nel bene e nel male è accaduto nelle banche italiane in questi vent’anni. «Ora si fa chiarezza, ma partendo da lontano». Matteo Renzi non si limita a concedere il suo placet alla commissione di inchiesta che indagherà sull’intero sistema bancario.
Ma è proprio il presidente del Consiglio a pretendere che l’orologio venga portato indietro di almeno quindici anni tondi. Altro che le quattro banche finite nell’occhio del ciclone - Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Carife - bisognerà fare luce su tutto.Sulle difficoltà di questi e altri istituti, sulla vigilanza operata da Bankitalia e sulle responsabilità ed eventuali omissioni dei predecessori a Palazzo Chigi.
Già, perché tornare indietro fino al duemila vorrà dire iniziare a sfogliare le pagine scritte dai dicasteri dell’Economia e del Tesoro e dalle Presidenze dei governi Berlusconi, Prodi, Monti, Letta. E non sarà una semplice commissione di indagine, come pure qualcuno aveva suggerito all’inquilino di Palazzo Chigi. Troppo alto per il governo il rischio di restare sulla graticola con l’accusa di voler insabbiare, minimizzare, chiarire ma fino a un certo punto. Le sferzate delle opposizioni, Cinque stelle in testa, erano già partite.
«Abbiamo autorizzato noi la raccolta delle firme sulla proposta di disegno di legge, non è l’iniziativa sporadica di uno o più parlamentari democratici» spiega il capogruppo alla Camera Ettore Rosato. Perché su questa storia delle banche, come mai forse nell’anno che sta per chiudersi, il Partito democratico ha fatto davvero quadrato.
Ogni perplessità della sinistra interna smussata, accantonata, archiviata. Non è un caso se tra le 44 firme che si leggono in calce al disegno di legge depositato da Andrea Marcucci, che è espressione della maggioranza renziana, ci sono quelle di tutti i senatori appartenenti all’area Giovani turchi ma anche alcuni tra i più rappresentativi della minoranza, come Vannino Chiti.
E poi inchiesta, anziché indagine, vuol dire incidere e scavare nel ventre molle degli istituti e su tutti gli atti più riservati anche di Banca d’Italia, andare a fondo sulla vigilanza negli ultimi tre lustri. È la ragione per la quale i vertici di via Nazionale hanno subito come un colpo basso la decisione dell’esecutivo.
Gli uomini più vicini al governatore Ignazio Visco - per altro entrato nel pieno dei suoi poteri dal novembre 2011 - appaiono assai allarmati da quanto sta avvenendo. Considerano l’iniziativa che Renzi e il Pd si sono intestati come una «umiliazione» per Bankitalia, il fatto che il Parlamento debba occuparsi delle banche una invasione di campo ingiustificata. Tanto più che richiama l’unico precedente poco edificante dello scandalo Sindona.
protesta dei risparmiatori davanti a bankitalia 13
In questa delicatissima partita - che ha spinto il governatore Visco a esporsi in prima persona per spiegare e difendere l’operato del massimo organo di vigilanza, prima su Repubblica poi in tv da Fazio - Bankitalia è stata sempre tutelata, pur nella massima discrezione, dal Colle. E così è stato, ma non poteva esserlo fino al punto di evitare l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta. Ma del resto non è migliore lo stato d’animo del premier nei confronti del governatore, dopo che il bubbone delle quattro banche è esploso.
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Il capo dello Stato in questa vicenda è stato tutt’altro che uno spettatore. Ha concluso ieri il suo giro di “consultazioni”. Lunedì l’esternazione che è apparsa come uno scudo contro la “delegittimazione” di Bankitalia, la settimana scorsa aveva ricevuto il governatore Visco. Ieri ha ricevuto al Colle il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone, al quale il governo nei giorni scorsi ha affidato la gestione degli arbitrati nelle banche coinvolte. E poi il presidente della Consob, Giuseppe Vegas. Non un cenno dal Quirinale alla commissione di inchiesta, è materia parlamentare sulla quale non intende interferire.
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Di fatto, la Presidenza della Repubblica resta neutra. All’ex magistrato il capo dello Stato ha espresso la sua soddisfazione per l’incarico, che considera di garanzia: per Cantone una piena legittimazione per il ruolo di futuro arbitro. Detto questo, il governo non si è limitato a conferirgli il delicato compito. Ne perimetrerà i confini e le regole. Il cantiere di Palazzo Chigi è già al lavoro su due decreti. Il primo dovrebbe definire i presupposti per la concessione dei rimborsi agli obbligazionisti truffati.
Con il secondo saranno disciplinate le procedure per l’arbitrato, ovvero i poteri reali di controllo sulle banche. I tempi dell’inchiesta saranno l’altra incognita. Il ddl andrà calendarizzato, discusso, approvato, la commissione dovrà insediarsi. Potrebbero trascorrere mesi. «In realtà vogliono frenare » urla già Renato Brunetta. In realtà dai Cinque stelle alla Lega le opposizioni non attendevano altro. A patto che si faccia in fretta.