Marco Conti per “il Messaggero”
Mugugni tanti, dichiarazioni pubbliche poche ma sufficienti a comprendere che, malgrado gli sforzi, nel MoVimento 5S sono in tanti coloro che masticano amaro. Affossare la spazzacorrotti di Bonafede che aveva cancellato la prescrizione, per la riforma della giustizia penale di Marta Cartabia, pesa. Non bastano le rassicurazioni di Giuseppe Conte che questa sera riunirà di nuovo i parlamentari con un collegamento a distanza proprio per sedare gli umori più battaglieri e spiegare ancora una volta che «non è la nostra riforma ma l'abbiamo migliorata» e che «il M5S è in un governo di coalizione» dove non si può pretendere di imporre sempre la propria linea.
LA PIATTAFORMA Conte è ben consapevole che anche soltanto l'astensione significa mettere fuori dal governo il M5S e, di conseguenza, ritirare i proprio ministri. D'altra parte astenersi su un voto di fiducia significa assumere, seppur in tempi diversi, la stessa collocazione di FdI, unico partito all'opposizione che si è già astenuto al momento della fiducia di insediamento del governo Draghi. A pochi giorni dal voto sulla piattaforma che dovrebbe ufficializzare la sua leadership, l'ex premier si trova alle prese forse con il passaggio più difficile di tutto il Recovery plan.
Le pressioni che la magistratura esercita a vario titolo su molti dei parlamentari grillini, sono forti e non è certo passata la narrazione secondo la quale buona parte della legge Bonafede resta in piedi. «Abbiamo detto e ottenuto che non si può transigere sui processi di mafia e terrorismo e anche sulla violenza sessuale l'abbiamo spuntata», continua a sostenere l'ex premier che dalla sua ha anche lo statuto che prevede l'espulsione per coloro che non seguono le indicazioni del MoVimento.
La lista degli espulsi e dei sospesi rischia quindi di allungarsi. A febbraio l'astensione costò infatti l'espulsione all'ex sottosegretario al Mef Alessio Villarosa e all'ex ministra Barbara Lezzi che continua a sostenere che «tutto nasce dall'errore del M5S di aver votato la fiducia al governo Draghi. Mentre Danilo Toninelli continua a sostenere che «occorre consultare la piattaforma», una pressione forte arriva dagli ex ora riuniti in Parlamento nei gruppi di Alternativa C'è.
«Vi scrivo con il cuore in mano. Non votate la riforma Cartabia», si legge nella lettera aperta scritta da Michele Sodano, ex-M5s ora iscritto al Misto, lancia il suo appello agli ex colleghi pentastellati. «Dopo le trivelle, il figlio di Tabacci e i primi passi verso il sabotaggio del reddito di cittadinanza, arriva l'ennesima porcata approvata nel silenzio dei media». Difficile sapere di quali media parli, visto che da giorni giornali e tv sono zeppi di articoli e servizi, ma poichè l'argomento cospirativo funziona anche quest' appello ha sortito il suo effetto. Al punto che Nicola Morra, altro espulso a febbraio, pur non mollando la poltrona da presidente dell'Antimafia, invita i suoi colleghi di partito «alla sfida dell'opposizione» non votando la riforma Cartabia.
Mentre la ministra Cartabia invita tutti «a rispettare i patti», il via libera all'emendamento di Pierantonio Zanettin (FI) in cui si chiedono «criteri più stringenti» per la riapertura delle indagini, potrebbe rendere ancor più indigesto il voto grillino che ha dovuto rinunciare ad un allungamento dei tempi di prescrizione per i reati contro la Per Conte si tratta di un passaggio molto delicato perché si intreccia con il voto sulla piattaforma sulla sua ledership e lo statuto.
Pur con qualche distinguo l'ex premier ha fatto la trattativa con il resto della maggioranza e con la ministra assicurando l'appoggio «di tutto il M5S». Eventuali defezioni rischiano di essere imputate all'avvocato che questa sera chiederà a tutti gli eletti pentastellati di votare la riforma in maniera compatta. I malumori non riguardano però solo il M5S ma anche parte della sinistra di Leu.
pietro grasso al senato con la mascherina
Nei giorni scorsi Pietro Grasso aveva attaccato pesantemente il testo messo a punto dalla ministra Cartabia e ieri Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera, ha sostenuto che «l'accordo raggiunto sulla riforma della giustizia rappresenta un buon punto d'equilibrio, ma si commetterebbe un grave errore se lo si considerasse come un punto d'arrivo». Ed infatti Leu, con il M5S, chiede un allungamento dei tempi per i reati ambientali.