LE CURVE PERICOLOSE DELLA POLITICA RUSSA - IL MANIFESTO DEGLI ULTRÀ DELLO ZENIT SAN PIETROBURGO (DI PROPRIETÀ DI GAZPROM) SEMBRA IL DECALOGO DI UN NAZI-PARTITO: RIVENDICA LE “RADICI”, CIANCIA SULL’ “IDENTITÀ” E SI COMPIACE PER L’ASSENZA DI GIOCATORI NERI E GAY - IN UNA PARTITA DI COPPA UEFA GLI ULTRÀ SI PRESENTARONO CON I CAPPUCCI DA KU KLUX KLAN E HANNO MINACCIATO DI MORTE IL ‘COLOURED’ M’VILA IMPEDENDONE L’ACQUISTO…

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Arianna Ravelli per il "Corriere della Sera"

Spalletti - Copyright PizziSpalletti - Copyright Pizzi

Un manifesto «in nome del calcio tradizionale» e un problema per la Fifa che in Russia organizzerà i Mondiali del 2018 e farà fatica a ignorare il problema razzismo. Il più corposo gruppo dei tifosi dello Zenit San Pietroburgo, il Landscrona, ha scritto sul proprio sito una lettera aperta alla società indicando il decalogo del perfetto giocatore da Zenit, «una squadra che affonda le radici nella classe operaia e che deve mantenere la propria identità».

mimmo criscitomimmo criscito

Fino a quando questo significa predilezione per «giocatori combattenti piuttosto che stelle viziate» e persino «il rifiuto delle simulazioni perché vogliamo solo vittorie oneste», siamo nella normale retorica da curva. Solo che in nome del rispetto delle tradizioni («Noi dello Zenit siamo come un film d'autore e non vogliamo diventare l'ultimo blockbuster di Hollywood»), gli ultrà russi vanno decisamente oltre: «Non siamo razzisti ma vediamo l'assenza di giocatori neri nella nostra squadra come il perpetuarsi di un'importante tradizione».

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Se poi a ciò si aggiunge che lo Zenit (proprietà: Gazprom) è l'unico club importante del calcio russo a non aver mai ingaggiato giocatori africani, che le infiltrazioni di gruppi di estrema destra sono note, che in una partita di Coppa Uefa del 2008 contro il multietnico Marsiglia i tifosi si presentarono indossando cappucci da Ku Klux Klan, che di recente hanno pesantemente contestato il brasiliano (mulatto) Hulk e che alcuni giocatori neri, come il francese Yann M'Vila, hanno rifiutato l'ingaggio dopo aver ricevuto minacce di morte, ecco allora che il problema c'è ed è pure bello grosso.

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Anche perché, dopo aver specificato i criteri geografici per la selezione dei giocatori («Prima alleviamoli in casa, poi in Russia, infine nei Paesi ‘‘fratelli'', come Ucraina, Bielorussia, Repubbliche baltiche e Scandinavia e se proprio non troviamo nulla andiamo in Sud America»), i supporter si occupano anche della vita privata dei giocatori. Con la precisazione di non voler «esponenti di minoranze sessuali in squadra». Niente neri e niente gay.

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Luciano Spalletti from Certaldo (Firenze), allenatore quindi già un pochino troppo esotico per i gusti dei suoi tifosi (come il difensore napoletano Mimmo Criscito), si è subito dissociato: «La tolleranza è la capacità di comprendere e accettare la diversità. Essere tollerante significa anche lottare contro ogni forma di stupidità. Lo Zenit ha accolto giocatori provenienti da diversi Paesi. Sono sicuro che noi e i tifosi educati avremo la meglio sui tifosi violenti, che rappresentano una cerchia ristretta».

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Ma lo stesso succede in Daghestan, con il gruppo di ultrà dell'Anzhi che lanciò banane a Roberto Carlos (e che per ora ha risparmiato Samuel Eto'o), o a Mosca (sponda Lokomotiv) da dove scappò il nigeriano-russo Peter Odemwingie, spiegando che «in Russia il razzismo è onnipresente». Pare che il presidente Vladimir Putin abbia rassicurato Joseph Blatter di stroncare ogni forma di intolleranza prima dei Mondiali.

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