DELIRIO CAMPIDOGLIO – BERLUSCONI CI RIPENSA E DICE CHE MARCHINI “È UN ARROGANTE” PERCHÉ NON SI FA METTERE IL CAPPELLO SOPRA – E MENTRE IL PD NON SA DOVE SBATTERE LA CAPOCCIA, “ARFIO” OCCUPA IL CAMPO DA SOLO E FREGA TUTTI

Licia Ronzulli, l'analfabeta di Forza Italia, esce allo scoperto: “Marchini ha dimostrato poca lungimiranza politica con quelle interviste, siamo con la Meloni se si candida”. Ma la stessa Meloni si vede come un ripiego. E in caso di ballottaggi con un grillino, Marchini prenderebbe voti da entrambi i poli…

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1.CAOS IN FORZA ITALIA BERLUSCONI CI RIPENSA “ALFIO È UN ARROGANTE”

Carmelo Lopapa per “la Repubblica

 

GIORGIA MELONI SILVIO BERLUSCONI GIORGIA MELONI SILVIO BERLUSCONI

Il gelo su Alfio Marchini. «Il candidato sindaco lo concorderemo con gli alleati, con le altre forze della coalizione, a Roma come a Milano» fa sapere adesso un conciliante Silvio Berlusconi attraverso i suoi ambasciatori. Troppo alto il polverone che si è sollevato nel centrodestra dopo l’intervista a Repubblica con cui lo stesso leader di Forza Italia ha dichiarato con nettezza che l’imprenditore sarebbe stato il candidato nella Capitale.

 

Le interviste rilasciate dallo stesso Marchini nel fine settimane per ribadire che lui resta comunque distinto e distante dai partiti e alla guida della sua lista civica, hanno contrariato non poco il Cavaliere. Berlusconi ha giudicato quelle parole un gesto di «arroganza e supponenza ». La fedelissima Licia Ronzulli esce allo scoperto: «Marchini ha dimostrato poca lungimiranza politica con quelle interviste, siamo con la Meloni se si candida». Ed è più che un indizio.

 

BERLUSCONI SALVINI BERLUSCONI SALVINI

Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia hanno già dichiarato guerra al costruttore «di sinistra». La ex ministra ha incontrato ieri sera il governatore Giovanni Toti, braccio destro berlusconiano e suo sponsor, per discutere delle alternative «necessarie» a Marchini per Roma. Se potesse, la Meloni eviterebbe di candidarsi, come fa ripetendo, lo farebbe solo se «costretta» dalla situazione. Ma è molto probabile che tra domani e giovedì la leader di Fdi veda anche Berlusconi e Salvini.

matteo salvini giorgia meloni matteo salvini giorgia meloni

 

Sono i tre big della manifestazione di piazza domenica a Bologna e col pretesto della pianificazioni della kermesse faranno una volta per tutte chiarezza, intanto su Roma. La Meloni in serata depone l’ascia di guerra, è più serena: «Con Berlusconi e Salvini è positivo che si torni a parlare di contenuti, piena disponibilità al confronto, no alle decisioni a mezzo stampa».

 

matteo salvini giorgia meloni matteo salvini giorgia meloni

E Ignazio La Russa spiega: «Il nome deve essere di centrodestra e condiviso dai partiti, sono le due condizioni irrinunciabili. Se poi lo vogliono proprio di sinistra - ironizza - allora io preferisco Rutelli, che mi sta più simpatico ». Marchini è l’unico realmente in campo e conferma la linea dell’equidistanza, tagliando corto: «Verrà il tempo delle alleanze, ora è tempo di programmi». Ma se a Roma il centrodestra è sull’orlo di una crisi, a Milano è nella palude. La figura di «alto profilo» alla quale pensava Berlusconi è Paolo Scaroni (ex ad Enel e Eni) il quale però ha già risposto «no grazie ».

 

SILVIO BERLUSCONI E LICIA RONZULLI ALLA FESTA DI COMPLEANNO SILVIO BERLUSCONI E LICIA RONZULLI ALLA FESTA DI COMPLEANNO

Nonostante i veti di alcuni dei suoi per l’imprinting leghista, il leader forzista in piazza vuole andare. «Non voglio farmi sfuggire l’occasione di quella foto sul palco con Salvini e la Meloni, sarebbe la prima occasione per mostrare un centrodestra unito contro Renzi», ha confidato l’ex premier nella giornata trascorsa come di consueto ad Arcore per impegni d’azienda e familiari. Sarebbe la prima volta dopo le immagini d’annata delle piazze con Bossi, Fini e Casini.

 

Altero Matteoli è capofila del nutrito gruppo di forzisti scettici sulla presenza di Berlusconi: «Solo al telefono alle manifestazioni di Fi e ora va sul palco con Salvini? Non mi entusiasma proprio». Tanti i malumori, al punto che non viene escluso un ufficio di presidenza in settimana.

 

 

2. COSÌ MARCHINI IL CANDIDATO SOLO METTE IN CRISI ENTRAMBI I POLI

Stefano Folli per “la Repubblica

 

ALFIO MARCHINI ALFIO MARCHINI

L’unico candidato al Campidoglio oggi in campo si chiama Alfio Marchini. È una condizione figlia delle circostanze e come tale offre vantaggi e svantaggi. Il primo vantaggio consiste proprio nel non avere concorrenti, almeno per ora, e quindi nel marcare - con la sola presenza mediatica - l’assenza degli altri. Marchini ha fatto del civismo la sua cifra ed è in grado, come in effetti sta già avvenendo, di ottenere consensi trasversali: è per antonomasia il personaggio che incarna l’idea o l’illusione che si possa andare “oltre la destra e la sinistra”, spazzando via le vecchie sigle.

 

E poi essere sulla scena mentre i partiti vivono il loro psicodramma significa segnare parecchi punti a porta vuota. Non solo. Aver annunciato la candidatura nelle stesse ore in cui il prefetto Tronca assumeva i suoi nuovi poteri ha suggerito fra le righe all’opinione pubblica una specie di parallelismo: così come il commissario ha l’opportunità di ricostruire la città dopo la parentesi di Marino, allo stesso modo Marchini può incarnare fra pochi mesi l’avvio di un progetto virtuoso a medio termine.

alfio marchini alfio marchini

 

Questi i vantaggi, ma ci sono anche gli svantaggi. La corsa solitaria di un candidato brillante e dotato di buoni mezzi finanziari è destinata a suscitare antipatie e sospetti di ogni sorta. Ci si espone ogni giorno alle polemiche, rischiando di catalizzare attacchi e ritorsioni varie. Del resto, Marchini è un cavallerizzo e conosce bene i pericoli del logoramento. I quali sarebbero azzerati solo in un caso: se i maggiori schieramenti, dal Pd a Forza Italia, accettassero fino in fondo la logica di un’intesa strategica fra loro: un abbraccio in funzione anti-Grillo, volto a bloccare l’ascesa dei Cinque Stelle che i sondaggi danno intorno al 30 per cento.

 

Ma è un’ipotesi di dubbia efficacia e comunque al momento è fuori della realtà. La possono accettare i centristi e l’ormai spento Berlusconi che infatti ha offerto il suo sostegno a Marchini, sia pure in modo bizzarro e intempestivo. Non vi potrebbe mai aderire la destra di Giorgia Meloni, che a Roma rappresenta una consistente percentuale con o senza Salvini (la Lega in riva al Tevere è poca cosa). Soprattutto è il Pd in tutte le sue articolazioni e Matteo Renzi in particolare a non avere alcun interesse a un simile suicidio politico.

 

alfio marchini con la figlia amalia alfio marchini con la figlia amalia

Il presidente del Consiglio a suo tempo ha respinto la candidatura di Giuliano Amato alla presidenza della Repubblica perché gli sembrava scaturire da un accordo sopra la sua testa fra Berlusconi e D’Alema. Come potrebbe accogliere un “compromesso storico” alla carbonara il cui effetto sarebbe di segnalare la sconfitta irreparabile, anzi la scomparsa del Pd romano?

 

In realtà Renzi è obbligato in prima battuta a difendere, tentando di rinnovarlo, il partito che gli ha procurato il più grave problema dall’inizio della sua “leadership”. E questo anche se Marchini ha il profilo giusto per rappresentare il famoso “partito della nazione” vagheggiato dal premier-segretario. Peraltro anche Tronca, Gabrielli, Cantone, Sala - per citare i nomi ricorrenti in queste settimane in ambiti diversi - sono idealmente compresi nella cornice di una formazione, o magari solo di una squadra, che voglia costituire l’asse del sistema. Non a caso un esponente navigato come Pierferdinando Casini legge la crisi della sinistra nelle città come l’occasione per accelerare la trasformazione del Pd.

Stefano Folli Stefano Folli

 

In altre parole, Marchini a Roma può essere il detonatore di processi politici significativi. Ma solo se non sbaglierà le mosse e soprattutto i tempi. È inevitabile che si sia liberato subito dell’inopportuno abbraccio di Berlusconi, ma non può ignorare che i tentativi di sovrapposizione continueranno. Al tempo stesso in questa fase Marchini non può nemmeno avvicinarsi troppo al Pd.

 

Oggi la sua unica scelta è andare avanti da solo, sforzandosi di creare un gruppo dirigente attorno a sé. In seguito, se arriverà al ballottaggio, potrà porsi al centro di un’alleanza allargata contro i grillini. A quel punto i sostegni arriveranno numerosi e magari Renzi potrà immaginare che il partito post-Pd abbia fatto un passo avanti.

 

 

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