1 - PUTIN-TRUMP RITORNO DI FIAMMA
Estratto dell’articolo di Giuseppe Agliastro per “la Stampa”
[…] Putin […] dal Forum economico orientale è tornato a lanciare i suoi strali contro l'Occidente e in particolare contro gli Usa. E nel farlo ha preso le difese di Donald Trump sostenendo che le inchieste giudiziarie nei suoi confronti siano «una persecuzione per ragioni politiche» e mostrino «il marciume del sistema statunitense», che «non può pretendere di insegnare agli altri la democrazia».
Il leader del Cremlino ha in pratica fatto sua la tesi dello stesso Trump e lo ha fatto alla vigilia delle presidenziali americane del prossimo anno con cui il repubblicano spera di riavere le chiavi della Casa Bianca.
Poi ha rievocato il Russiagate, ha definito «completamente senza senso» il fatto che negli anni passati il tycoon sia stato accusato di «avere un rapporto speciale con la Russia» e ha dichiarato di non aspettarsi comunque cambiamenti radicali nei difficili rapporti tra Mosca e Washington, a prescindere da chi vincerà le elezioni. […]
2 - IL CREMLINO PUNTA DI NUOVO SUL TYCOON PER MINARE LA DEMOCRAZIA AMERICANA
Estratto dell’articolo di Anna Zafesova per “La Stampa”
La profezia fatta dall'editorialista del Financial Times Gideon Rachman, che i processi a Donald Trump avrebbero fatto la gioia dei "despoti del mondo" nella loro propaganda, ha cominciato ad avverarsi. Il primo a reagire è stato Vladimir Putin, dichiarando dalla tribuna della conferenza economica a Vladivostok che l'ex padrone della Casa Bianca è vittima «di una persecuzione per motivi politici», e che di conseguenza «il sistema politico americano non può pretendere di insegnare la democrazia agli altri».
Il "whataboutism", la tecnica del "da voi non è diverso", è sempre stata uno degli strumenti di propaganda preferiti di Putin che, mentre nega ad Alexey Navalny perfino una telefonata con i figli e la moglie, preferisce parlare del sistema giudiziario americano.
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Ma sembra invece che la Russia conti su un suo ritorno alle elezioni del 2024. O perlomeno questo è il sospetto che numerosi analisti, sia americani che russi, esprimono: incapace di vincere la guerra contro l'Ucraina, Putin vuole almeno non perderla fino al novembre dell'anno prossimo, contando che il ritorno di Trump alla Casa Bianca interrompa gli aiuti militari, economici e soprattutto politici a Kyiv.
Una teoria che però lo stesso Putin si affretta a smentire: ieri ha dichiarato di non aspettarsi «cambiamenti fondamentali» nella politica americana nei confronti di Mosca, sostenendo che è il sistema Usa in quanto tale a «vedere la Russia come nemica» […] In America ci sono «numerosi amici e sostenitori» della Russia, ma Donald Trump non sarebbe tra questi, i suoi presunti legami con i russi sono «una totale sciocchezza». […]
Curiosamente è forse l'unico argomento sul quale si trova d'accordo con Volodymyr Zelensky, che qualche giorno fa ha sostenuto in una intervista all'Economist che un'ipotetica amministrazione Trump non abbandonerebbe l'Ucraina, nonostante alcune fazioni di repubblicani invochino un taglio della spesa per Kyiv a favore dei bisogni degli americani.
Regalare l'Ucraina a Putin «sarebbe un gesto da debole», è il ragionamento del presidente ucraino, e Trump - che più volte ha accusato Obama di aver "permesso" l'annessione della Crimea e l'invasione russa del Donbass nel 2014 - difficilmente lascerebbe avanzare una Russia che dichiara gli Usa un suo avversario esistenziale.
Stavolta, dunque, nessuno stapperà lo champagne alla Duma, come era successo per la vittoria di Trump nel 2016, ma i suoi guai giudiziari «sono buoni per la Russia perché mostrano quanto sia marcio il sistema americano», e Putin denuncia «il ringhio ferino del capitalismo americano». […]
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