Francesco Verderami per il “Corriere della Sera”
Un tecnico al Quirinale e un altro a palazzo Chigi sono una combinazione che i partiti non intendono accettare, perché sancirebbe il definitivo commissariamento della politica. È attorno a questo nodo che s' ingarbuglia la corsa al Colle ancor prima di iniziare. Il problema non è Berlusconi, che non è più in campo anche se rimane in mezzo al campo, e con la sua scelta potrebbe indirizzare la sfida.
Il punto è che i partiti vorrebbero riguadagnare lo spazio e il ruolo persi negli ultimi anni, vedono nell'elezione del presidente della Repubblica l'estrema occasione per rilanciarsi, ma temono quella che l'ex ministro Lupi definisce «la teoria del flipper»: «Nel flipper, la pallina prima o poi scende. E Draghi è come un flipper». Indubbiamente l'ex presidente della Bce è oggi il nome più accreditato per il Quirinale, «la soluzione verso la quale - secondo Renzi - finiremmo per scivolare per l'incapacità della politica di fare politica».
mario draghi funerale david sassoli 7
In effetti, se il premier dovesse traslocare sul Colle, nessuna forza potrebbe rivendicare la guida di un governo di larghe intese a un anno dalla scadenza elettorale: di conseguenza anche Palazzo Chigi finirebbe a un tecnico. E sarebbe «game over». Per sfuggire a un simile scenario, sta prendendo corpo l'idea (bipartisan) di tentare una difficile convergenza, da costruire per di più in extremis, quando le urne per il Quirinale stanno per aprirsi.
Il gioco del «candidato di blocco» non regge: centrodestra e centrosinistra l'hanno constatato, bruciando tempo e nomi. Fino all'altro ieri ognuno si è presentato agli appuntamenti con rose già sfiorite: Salvini con Pera, Casellati e Moratti; Conte con Riccardi e Severino. Solo Letta ha evitato la lista, visto che quella del Pd sarebbe stata troppo lunga. Mentre Di Maio - pur di restare alla Farnesina - si è promesso a tutti, affiancando addirittura un proprio sherpa ad ogni candidato.
giorgia meloni silvio berlusconi matteo salvini renzi quirinale by macondo
Essendo operazioni a somma zero, alla fine di ogni incontro si è tornati sempre a Draghi, criticato dai leader di maggioranza perché «non è disposto a fare accordi politici, di cui ci sarebbe invece bisogno». Ma se il premier non si espone per sollecitare intese, è perché non vuole restare incastrato in manovre di parte. Dunque l'alibi dei partiti non regge: tocca a loro dirimere la vertenza. E se riescono, a evitare il paradosso descritto da una vecchia volpe come Mastella: «Il Consiglio di Stato è presieduto da Frattini, che è un politico. La Consulta sta per essere presieduta da Amato, che è un altro politico. Possibile che al governo e alla presidenza della Repubblica debbano starci due tecnici? È il mondo alla rovescia».
mario draghi cammina sulle acque
Perciò il ministro Franceschini, che non può essere annoverato tra gli sponsor di Draghi al Colle, ha spiegato ad alcuni dirigenti di Forza Italia come rimettere il mondo a posto: «Noi e voi dobbiamo capire che non abbiamo i numeri per imporre all'altro un candidato. L'unico spazio che resta è una mediazione su una figura intermedia». Casini è il nome che si adatta all'identikit di Franceschini.
È il candidato che Salvini - pur di evitare Draghi - potrebbe accettare se anche Berlusconi e Meloni fossero d'accordo. È il punto di convergenza che nel caso troverebbe Letta disponibile, come il segretario del Pd ha spiegato all'ex presidente della Camera. Casini sarebbe insomma la possibile risposta della politica al «doppio incarico» dei tecnici. È vero che in questa fase si è parlato anche di Amato. E Amato si è mosso per sondare l'opinione dei partiti.
PIER FERDINANDO CASINI PALOMBARO - MEME BY DEMARCO
Ma solo dopo aver chiesto al presidente del Consiglio se ritenesse la sua eventuale candidatura un atto ostile. Ovviamente Draghi non ha avuto nulla da obiettare. Al contrario della Lega e dei grillini. La pallina del «flipper» continua intanto la sua pazza corsa. Ed è destinata a scendere senza un altro tipo di accordo. Di Maio sostiene che il premier avrebbe l'appoggio di M5S, perché «tra di noi ci sarebbero al massimo quaranta franchi tiratori. Se ci fosse un accordo di governo».
matteo salvini silvio berlusconi giorgia meloni quirinale by macondo
Ma è la politica che deve trovare la soluzione, esercitando la fantasia che ha smarrito. Renzi, a cui le trovate non mancano, un'idea ce l'ha: «Se Draghi salisse al Quirinale, a Palazzo Chigi dovrebbe andare una figura istituzionale». E chi non ha mai avuto incarichi di governo e non sarebbe vissuto dai partiti come un avversario? Casini. È «il piano B» per evitare il commissariamento dei tecnici.